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La poesia è indispensabile… ma vorrei sapere perché
Cocteau
L’arte è indispensabile, lo sostengono in molti eppure ciò che osservi di questo mondo è la precarietà legata ai mercati, perché nemmeno l’arte se ne sottrae e tutto ha un prezzo, legato alle mode, al mezzo di diffusione, alla storia di un momento, alla politica e ancora tanto altro, non certo al mecenatismo , per alcuni per la maestria con cui si espongono e per pochissimi, che poi durano anche dopo la morte, per una reale sostanza dell’opera di una vita.
Mondrian sosteneva che l’arte sarebbe sparita, amalgama di artificio e realtà ricostruita che ricerca un equilibrio che manca alla realtà, anche quando ciò che mostra è un dissesto.
In una società decadente, l’arte, se veritiera, deve anch’essa riflettere il declino. E, a meno che non voglia tradire la propria funzione sociale, deve mostrare un mondo in grado di cambiare, aiutando a cambiarlo. (citata in Zeitgeist: Moving Foward – web film 2011, Peter Joseph)
Cosa grida da ieri per dirci l’errore e la discordanza, la dimenticanza, in cui il gioco di cui siamo parte tutti si è trasformato in un giogo che si fa sempre più stretto intorno alle nostre vite?
Pare ormai che le rivoluzioni siano manovrate e non volute dalle persone, pare che siano create per instillare sempre più forte il desiderio contrario, cercare cioè la pace domestica, il lavoro sicuro mentre intorno tutto si mostra sempre più incerto e, più di tutti, ma meno sentito come problema fondamentale per la sopravvivenza, nessuno o pochissimi sono allarmati per la situazione in cui versa il pianeta che ci ospita.
Quali sono le leggi insormontabili a cui tutti, tutti nessuno escluso, devono sottoporsi e non hanno a che fare con il gioco economico perché il meccanismo della natura ha regole che non si possono controllare con leggi, se non soddisfacendo prioritarie configurazioni di sistema di cui ci siamo dimenticati, dividendo e spartendo, falsamente accumulando ricchezze inutili se tutto esplode in cataclismi che sono i mostri titanici difronte a cui siamo meno di pulci.
Cosa ci mostra l’arte? Cosa ci dicono le lettere? E la scienza, arte essa stessa, cosa è riuscita a fare all’interno di questo sistema e cosa può ancora?
Non propongo nulla, in questa finestra, mi aspetto piuttosto di smuovere altre domande, che entrino nel circolo di questo sistema, mostrando cosa sia davvero possibile per continuare a guardare, a comprendere o solamente a restare in equilibrio, come tutte le altre parti dello stesso complesso chiamato terra.
Fernanda Ferraresso
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casa abbandonata- piantagione a selma- virginia
Nelle “21 lezioni per il XXI secolo” Yuval Noah Harari preconizza un mondo non futuristico, ma nel quale siamo in parte già dentro, dominato da algoritmi, capaci di soluzioni originali e creative che sembrano proprie dell’essere umano. Sempre meno attività sono, e saranno, precluse all’intelligenza artificiale: tra queste attività che oggi non sono ritenute di grande importanza ma che forse lo saranno in futuro, come accudire un bambino, “uno dei lavori più importanti e impegnativi al mondo”, dice.
Forse l’arte vera di cui il mondo avrà sempre più bisogno non si esprimerà più con le parole scritte e le opere da vedere, facilmente traducibili entrambe in un algoritmo, ma attraverso il corpo e il contatto fisico. Con questo non intendo il corpo esposto alla Abramovic, arte che diventa a sua volta facilmente mercificabile, quanto l’arte nascosta e invisibile del vivere in un corpo, in mezzo ad altri corpi, prendendone piacere senza l’ossessione dell’esposizione.