DEL TEMPO PRESENTE – Vittoria Ravagli: Guardarsi dentro

maria lai- le parole imprigionate

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Quello che la poesia e la meditazione come tutte le Vie fanno è di scollarci dai luoghi comuni, dal calduccio degli stereotipi condivisi.

La meditazione non va utilizzata per pacificare tutto, ma per sentire gli strappi, le lacerazioni, le paure di un’epoca e di un individuo che ne fa parte, e trasformarle in punto di partenza per una nuova fiducia e un senso di responsabilità che è capacità di rispondere alle sfide che ogni tempo propone a noi esseri umani sapendo che siamo fatti per farcela (…)

Chandra Candiani – Il silenzio è cosa viva.

 

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Madre terra è ammalata e lo siamo anche noi. Nei  primi due anni di pandemia molte/i di noi hanno lottato per continuare a vivere anche spiritualmente. Hanno dosato l’insana informazione, la paura.  

Arrivata la primavera ho pensato che la strage avvenuta si andasse ad affievolire, che i tempi sarebbero cambiati, in meglio. Da tanto si sentiva  che un disfacimento materiale e morale aveva invaso il pianeta. L’assenza di valori, la velocità folle  di tutto, la perdita della propria volontà, il non ascolto, avevano azzerato ogni  progresso possibile. 

Avevamo vissuto un intermezzo come sospesi, ci guardavamo da lontano, senza più progettare, in attesa… Anche noi donne abituate a ritrovarci in gruppo da sempre.

Ed ecco, è arrivata “la guerra”. Non scrivo su questa follia, tutto è stato detto e scritto. I problemi vengono da lontano, sono collegati ai potenti del mondo e legati ad altre guerre che ci sono e che vengono ignorate; e quale guerra più crudele di quella in cui  perdono la vita migliaia di persone annegando nel nostro mare? 

Uomini e donne che subiscono le durezze di chi decide per loro, dittatori e non, suddivisi  in democratici e non democratici, quelli che salvaguardano i diritti umani, quelli che li calpestano, quelli con cui si può dialogare, quelli indegni, quelli che possono morire, quelli da salvare. 

Essere pacifiste è come essere femministe, gente dannosa ed inutile, perditempo. In un mondo costruito a misura di uomo nel senso di maschio, non di essere umano, ogni argomento contrario, ogni idea che possa portare ad un cambiamento, non è presa in considerazione, anzi.

Ho vissuto questi anni come tutti/e, col privilegio però di essere in un posto isolato e bellissimo. Eravamo in due. Da poco più di un anno sono sola, anche se di lui  resta la presenza silenziosa.  

La nostra bolla condivisa e spesso serena è diventata la mia bolla vulnerabile, e non me ne vergogno, seguo i cicli della mia sopportazione, sono fragile,  ma punto sempre alla serenità, alla pace interiore.  Lo faccio meditando, lottando con caparbietà per non lasciarmi uccidere dalla burocrazia che mi perseguita giocando con la mia vita e con quella chissà di quante/i altre/i, lo faccio inseguendo l’amore per le persone che considero della mia tribù. A volte mi pare che l’amore sia troppo poco, che non mi basti per vivere.  Allora chiedo di potermi fermare. Ma lei, la morte,  che mi gira intorno da tanti anni, pare non voglia occuparsi di me, per ora.

Avere vissuto tanto, avere dato e avuto, potere guardare indietro alla vita che è stata un insieme di vite legate ad un unico filo, col dolore e la gioia in equilibrio, dà un senso di completezza e la coscienza che fa sentire pronte al passaggio.  Per dove? Verso la luce io penso. Ritornare parte dell’energia universale.

La valle è la mia casa,  piena di  alberi, arbusti e fiori, voli di uccelli, farfalle, il cane dolce, la gatta. Gli animali del bosco che ogni tanto si lasciano vedere…E la notte i richiami di gufi e civette…Quasi un fiordo profondo dove si insinua una brezza leggera che diventa a volte un vento forte. Poi c’è la luna che mi accompagna o il buio completo.

In questi ultimi mesi ho vissuto un black out. Tutto era diventato troppo: ho interrotto rapporti, ho smesso di scrivere e di parlare. Ho fatto dentro di me il vuoto, dopo aver vissuto delusioni, dolori e pesanti rapporti non voluti. Ora sto risalendo. Sto bene col silenzio, ho bisogno di ascoltare i rumori della natura. 

Non è facile scrivere parole in qualche modo  utili, significative, che lascino a chi le legge e a me, che le scrivo, il senso del vero.

E’ un momento in cui ciascuna/o di noi si riposiziona rispetto alla vita e quindi anche nei confronti delle persone con le quali aveva un contatto costante: famigliari, amici, conoscenti. Tante sono state e sono le fluttuazioni, gli spostamenti, le chiusure, le aperture avvenute, imprevedibili. 

Il sentimento più forte che ho provato quando ho deciso lo stacco, è stato un lungo, lungo e doloroso disorientamento. Tutto si è allontanato ed io l’ho chiesto, per potere poi dare a quello di vita che resta, un significato che mi corrisponda.  Le parole sono sempre meno. Privilegio l’essenziale in ogni senso.

Ho sentito, ho visto, ho capito molto di più della realtà in cui sono immersa e ho cominciato a scegliere, molto lentamente. Nei giorni di isolamento mi ha aiutato la lettura.

Ho letto un libro interessante e coinvolgente di Elisabetta Mancini. L’autrice mi aveva scritto proponendomi di inviarmelo. Le avevo risposto che non sapevo se lo avrei letto, che stavo vivendo un periodo particolare. Mi scrisse che me lo avrebbe mandato comunque e mi accennava la trama:”… Le voci del frattempo narra di una donna non più giovane che lascia la propria città per raggiungere un’isola dove realizza un suo singolare progetto: in una grande casa offre una cena e un pernottamento ad una sola persona in cambio di un racconto, di uno spaccato di vita. Così nel tempo di una estate sulla grande terrazza si avvicendano 20 persone di età, sesso, estrazione sociale e caratteristiche molto diverse. Sullo sfondo i colori e i profumi di Ponza, mentre si dipana la storia della particolare locandiera. Chissà, magari le piacerà…” E mi è piaciuto molto e stranamente il finale corrisponde ad una eventualità che avevo messo in conto per me, in quei giorni. Ci incontreremo, Elisabetta ed io, perché  niente succede per caso.

Ho letto uno scritto di Concita De Gregorio su La Repubblica del 6 luglio. Lisetta Carmi fatta di luce”.” Dal poster di Lisetta Carmi affisso sulla sua casa a Cisternino.” “…No, no: non ho paura di lasciare la mia porta aperta. Lascio passare solo le anime chiare. Con quelle scure non c’è niente da fare: bisogna fermarle con la mano. Basta dire no: certo che basta. Va bene, ti racconto… Sì, certo. Diciamo una cosa utile. Fammi pensare, ecco. State nel bianco. Restate leggeri. Siamo fatti di acqua e di vento. Restiamo nel vento”. 

Anche questa lettura mi è stata utile. Ha confermato una sensazione di disagio forte nei confronti di chi cerca continuamente il nemico, di chi vuole distruggere forse inconsapevolmente, portando buio intorno a sé. Bisogna restare nel bianco. Capire, cercare la propria verità, sostenerla nei fatti, dichiararla, per costruire. Restare nel vento. Portare una piccola luce.

Mi sono trovata spesso tra le mani a leggere e rileggere un libretto d’arte di Aldina De Stefano, amica cara che vive tra le montagne dell’udinese, a Lestizza. Si intitola “Elegia dell’invisibile” dicembre 2019 – 1/14 copie.  In questo libretto prezioso dice della parte esterna alla casa, un luogo per lei “sacro” e di tante altre cose che toccano corde sensibili dell’essere. E’ dedicato “alle Fatae che decidono il Fato”.

Aldina si è isolata, ha deciso di farlo perché lo desidera e vive un rapporto forte con la natura, ricco e vitale. Rilegge le donne del passato che restano sempre più un riferimento importante, quelle che più l’hanno ispirata. 

…Questo spazio verde, che per Lunetta e la Micia è stato di libertà, per me è un luogo. Un luogo sacro. Ma invisibile. Perché invisibile è il silenzio che lo avvolge, invisibili sono i piccoli mutamenti di ogni fiorellino, invisibile la mia serenità mentre, sdraiata, tolgo le erbacce. Invisibile anche la felicità dei miei piedi scalzi…

Fa un elenco di ogni pianta presente, le nomina. Fa una piantina del luogo, mette foto del passato e del presente. Elenca ogni animale che frequenta il suo luogo sacro. Dopo un po’ che la leggo, mi pare di entrare nel suo mondo, mi metto di fianco al muro di sassi  e osservo…
Direi che sento i profumi, la brezza, i canti degli uccelli. Mi sento lì, non vista.

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maria lai- la leggenda del sardus pater

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I miei giorni sono pieni anche di poesia: lei è la forza grande, il ritmo del mio cuore, è la regina. Fotografo la natura ed anche questa è poesia, un’altra forma di poesia. Così osservo i miei fiori, le mie piante, che faticano a vivere, a fiorire, ma continuano a farlo, a lottare. Quando ci riescono e fanno fiori a volte minuscoli ma perfetti, è come mi volessero dire “fallo anche tu, vivi, provaci, come riesci. Fai piccolissime cose belle”. E così, rispondendo alle rose, al fiore di mandarino, all’ibisco, al fiore del melograno, ho promesso: ci proverò.
Di seguito lascio alcune poesie che ho stampato, lette e rilette. Poesie che sono diventate un mantra. Medicine. Carezze. Amore.
Per ultimi due miei testi che scrissi per Ermanno. Ed anche a me…”resterà il tempo che serve”.

 

Vittoria Ravagli

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maria lai- inventata da un dio astratto- tenendo per mano il sole

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Dove ti sei perduta
da quale dove non torni,
assediata
bruci senza origine.
Questo fuoco
deve trovare le sue parole
pronunciare condizioni
di smarrimento dire:
“Sei l’unica me che ho
torna a casa”.

Chandra Livia  Candiani, La domanda della sete – Einaudi

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Chi segue l’energia dell’errare fa della sua vita un libro di testo, la studia, la conosce, la scava, la scavalca, parte sempre da sé e a sé ritorna per mettere alla prova quel che ha sperimentato. Allora come una nuvola si scioglie nell’aria, dove la storia non è piú propria ma solo il punto di vista minuscolo sul grande cielo sconfinato di tutti gli esseri.

Fa paura, ci si sente soli ed estranei, le lusinghe del mondo non attraggono piú e annoiano, sembrano vecchi giocattoli rotti, ci si sente inutili e molto sciocchi. Il re è nudo. Non si può tornare a vestirlo. Il guscio è vuoto. Non si può abitarlo di nuovo. Cosa resta? Il richiamo dell’errare, ogni respiro contiene un invito:
vieni e vedi.
«Ho paura».
«Anch’io».
«Andiamo».

Chandra Livia Candiani, Questo immenso non sapere- Einaudi

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La vita nuova
arriva taciturna
dentro la vecchia vita
arriva come una morte
uno schianto
qualcuno che spintona così forte
un crollo.
E’ una scrittura tanto precisa
e netta da non lasciare dubbi
né sfumature di senso eppure
non dà lezioni né mete.
La vita nuova irrompe
come un vecchio che cade
nel ghiaccio, un pensiero
davanti a un muro, la
sirena di un’ambulanza.
Non ci sono feriti
né annunci di sciagura
solo noi da convincere
a lasciar perdere il miraggio
di una vita rettilinea, di un 
orizzonte, lasciarsi curvare,
piegare alla tenerezza
delle anse del destino.
La vita nuova
è come un grande tuono
sbriciolato
poi a poco a poco 
l’erba si china
sotto la pioggia
la prende
la beve.

Chandra Livia Candiani, La bambina pugile – Einaudi

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maria lai-la mappa di colombo

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Giorno d’aspromonte dove salgo
caricata con un peso un peso
che non si appoggia. Giorno
del mio stretto di magellano nel petto
con quel boccone che non s’inghiotte.
Giorno della testa poggiata alla mano.
Usciamo. Chiediamo che passi
tutto lo star male. A chi chiediamo?
Alla vigna che è tutta
uno scoppio di foglie nuove
al ramo dell’acacia con gli spini
all’edera e all’erba
sorelle imperatrici che sono
manto disteso e potentissimo trono.
E che cosa chiediamo?
Una piena falcata d’amore,
una giusta battaglia, aculei nella voce,
narcisi e rose
essere radiosonda
del niente che trasforma
il trascendente in cose

Maria Angela Gualtieri, Senza polvere senza peso- Einaudi
da Ai miei maestri immensi

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Subito si cuce questo niente da dire
ad una voce che batte. Vuole
palpitare ancora, forte, forte, forte
dire sono – sono qui – e sentire che c’è
fra stella e ramo e piuma e pelo e mano
un unico danzare approfondito,
……..e dialogo
di particelle mai assopite, mai morte
…….mai finite.
Siamo questo traslare
……cambiare posto e nome.
Siamo un essere qui, perenne navigare
di sostanze da nome a nome. Siamo.

 

Mariangela Gualtieri, Quando non morivo- Einaudi

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Tu senti che vado lontano
in zone pericolose.
Potrei non fare ritorno –
restare sbalzata su quel fuoco
con veste incendiata rovinare
o perdermi nei deserti del cielo
sbandare sui ghiacci stesi
spericolarmi nei boschi e nelle radure
minacciose. Si è molto soli là
fra le alture e le fosse, nelle fermentazioni
nel pullulare appena di voci.
Slacciata da ciò che mi è noto
un po’ squilibrata nel vuoto.
Ci debbo ogni tanto tornare –
che qui c’è la parte migliore.
Di quella mi vesto ogni tanto
di rado. Ma tu non girarti a guardare.
Lasciami sola. Non farmi di sale.


Mariangela Gualtieri, Le giovani parole- Einaudi

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maria lai- i luoghi invisibili

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Come acacie

 

Ho accettato da tempo 
l’idea
che sarò terra,
che sarò fiori e vento

ma nei tuoi occhi 
vedo la nostra vita 
e fatico a lasciarla.

Come acacie abbracciate 
ci confondiamo,
ci appoggiamo l’un l’altro.

Mi accarezzi le  mani 
e  mi sorridi

prometti
che parleremo insieme
anche dopo
nel vento.

Vittoria 2020

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il tempo che serve

 

E’ come se dessimo segnali di fumo
SMS vuoti senza parole
ricordi che salgono dalla  valle
tra le nebbie del mattino
sbriciolati
imprecisi vaghi

Restano certe le cose intorno 
alberi piante le ultime rose di macchia
il sole velato e a tratti caldo sulle ginocchia

Il tuo sguardo mi interroga
non so risponderti
Resterà il tempo che serve
 

Vittoria  2020

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RIFERIMENTI IN RETE
https://www.repubblica.it/cultura/2022/07/05/news/morta_la_fotografa_lisetta_carmi_lo_sguardo_dellanima-356736495/

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