TEMPI NUOVI- Vittoria Ravagli: A proposito di Marija Gimbutas

 monica macchiarini- i segni  e il libro della dea

.

Il 23 gennaio 1921, è nata a Vilnius in Lituania Marija Gimbutas. Sono passati cento anni. Si trasferì in Germania nel ’47 dove si laureò in archeologia, poi nel ’47 negli Stati Uniti. Dal ’63 insegnò alla University of California di Los Angeles. Creò una nuova disciplina, l’archeomitologia: la lettura dei segni lasciati dal tempo richiede infatti una cultura complessa, interdisciplinare.
Scrisse numerose pubblicazioni e tenne conferenze in tutto il mondo. Pubblicò numerosi testi legati ad importanti scavi da lei stessa compiuti in Europa e nell’Asia Minore. Morì nel ’94.

Il suo libro più conosciuto è “Il linguaggio della Dea”. È stato tradotto nel 2013 un altro suo libro importantissimo in due volumi: “La civiltà della Dea”.
Gimbutas si dedicò all’esposizione e all’interpretazione dei simboli e delle forme ritrovate: portò la testimonianza di una civiltà matrilineare antichissima dei popoli antico- europei, scrisse del culto della Grande Dea. Il culto, spesso solo trasformato e fatto proprio dalla religione dominante, è rimasto vivo e permane anche oggi in particolare nei paesi Baschi ed in quelli Baltici che hanno forti le tradizioni e la religiosità degli antico-europei. Nell’Italia stessa molti sono i luoghi, in particolare nella Sardegna, in cui i segni di allora mantengono il loro messaggio.

Si rifà a reperti che risalgono al paleolitico superiore (30000-10000 a.C.), al mesolitico (10000-7000) riconducibili all’Africa, all’Europa, all’America del Sud, all’Asia, ma il suo lavoro, completa_ mente documentato, si riferisce in particolare al neolitico (7000-3000), all’età del bronzo (2500-1500), all’età del ferro (1500 fino a circa il 500 a.C) e la zona è quella dell’Europa e dell’Asia Minore (Spagna, Francia, Inghilterra, Italia, Austria,Germania, Jugoslavia, Grecia, Scandinavia, Bulgaria, Romania, Grecia, ex Unione Sovietica, Anatolia).

L’ipotesi di M. Gimbutas ci parla di una popolazione indoeuropea – che chiamò Kurgans (nome delle loro tombe fatte a tumulo) – che invase via via l’Europa tra il 4500 e il 2500 a.C., assoggettò i popoli stanziali che avevano una civiltà molto avanzata (come mostrano i reperti), popoli pacifici, con una cultura matrilineare ed il culto della Dea.
I Kurgans erano pastori, nomadi, allevatori di cavalli, guerrieri, ed avevano una cultura patrilineare. Venivano dai paesi dell’est europeo, dal sud della Russia. L’antica cultura si mescolò alla nuova.

Il culto della Dea Madre venne soppiantato nei secoli da altre religioni: il ruolo della Dea fu trasformato in figure di dee sottomesse agli dei, al dio: figure mitiche che rappresentavano i ruoli domestici e seduttivi che si volevano affidare alla donna. Ci fu per secoli l’assenza della donna dalla vita rappresentativa religiosa e politica, culturale, artistica e sociale. Proibiti i culti pagani, la storia fu un susseguirsi nei secoli di persecuzioni, violenze, uccisioni, guerre, ostracismo sotto ogni forma.

La Dea Madre è il simbolo della natura in tutti i suoi aspetti, con i suoi cicli ricorrenti di nascita, morte, rinnovamento. Riguarda la vita umana, l’intera terra, il cosmo.
Fertilità, maternità, quindi, ma anche creatività in tutte le sue forme.

Il linguaggio della Dea è nei simboli che ricorrono sugli oggetti ritrovati, spesso gli stessi che ancora oggi vediamo sui tappeti tessuti da donne di varie parti del mondo: una vera scrittura, un antichissimo modo per comunicare.

La cultura matrilineare della Dea portava ad una società pacifica, basata sulla divisione paritaria dei compiti tra uomo e donna. La trasmissione dei beni avveniva lungo la linea femminile della famiglia (al contrario di quanto avviene nella società patrilineare). La società era organizzata intorno ad una comunità templare guidata da una sacerdotessa e da un concilio di donne.
Il potere creativo della donna, il suo corpo, venivano sacralizzati come simbolo di un grandioso evento della natura: Dea, donna, terra, in sintonia completa.

La società da secoli, ed anche ora, spesso inconsapevolmente, impone regole che non tengono conto delle esigenze di uomini e donne, imposta l’organizzazione delle città, del lavoro, secondo il modello patriarcale. Per questo, al di là delle nostre singole emancipazioni, sentiamo il bisogno di tornare alla “gilania” (le radici greche gy (donna) e an (uomo)),ossia alla parità uomo-donna nelle decisioni pubbliche, in quelle che coinvolgono l’organizzazione della vita, la visione del mondo e dei rapporti tra i popoli.

Le donne, naturali portatrici di vita, possono essere la svolta concreta per riportare a una pace possibile, per avere un mondo davvero rispettoso della terra e dei suoi abitanti.

Vogliamo ricordare Marija Gimbutas perché per tante di noi è una figura importante, un grande riferimento che in qualche modo ha orientato le nostre vite. In questi anni ho incontrato molte donne che l’hanno studiata, compresa, divulgata. Lei ci ha parlato di un passato senza violenza, una esperienza di società ripetibile.

Il periodo che viviamo è segnato da fatti dolorosi e a volte terribili: quante inutili parole, quanto chiacchiericcio osceno… Viene solo da gridare “fate silenzio!”. Gli astri, mi avrebbe raccontato Sandra Schiassi, sono in posizioni che testimoniano l’andamento delle cose…

Marija Gimbutas oggi più che mai andrebbe letta nelle scuole di ogni ordine e grado, per dare testimonianza, per dare speranza, per indicare un modello di vita creativo e giusto dove il rapporto terra/donna/uomo possa essere armonico, gilanico.
A chi mai verrebbe in mente oggi di proporre in posizione autorevole una donna? E ce ne sono, sono quelle che hanno reso possibile un tentativo di salvare gli stati europei, e ce ne sono nella sanità, forti, chiare, decise, autorevoli appunto. Una di loro, affiancata da un onesto e bravo economista, potrebbe trovare il parere positivo di grandissima parte del popolo/dei popoli. Nel nome della gilania, del buon senso. Ma questo non viene in mente a nessuno. Piccoli uomini
prepotenti, guerrafondai della politica, ignorando tutto, fanno “i duri”. Giocano. Come assistere senza indignarsi?

Vogliamo tempi nuovi.

.

octavia monaco- maternità

.

Ricordo oggi con moltissimo affetto e stima Sandra Schiassi di Armonie che è sempre stata ideatrice e/o partecipe attiva delle tante iniziative sul tema della Dea Madre. Ripenso all’intitolazione della nostra piazzetta a Sasso Marconi, l’8 marzo 2008, al giardino Marija Gimbutas, che amiamo, dove ci incontriamo nei momenti più importanti per noi, il gruppo delle donne Marija Gimbutas,  anche grazie alla decisione di due donne: Sandra Federici allora assessora P.O. e Marilena Fabbri sindaca.Tante sono le donne a cui essere grate per il lavoro che hanno fatto e fanno. Dalle studiose alle artiste, alle pittrici, scultrici, ceramiste, alle poete…
Debbo citare alcuni nomi di donne alle quali resto legata, che mi hanno insegnato o che ho studiato e che sono alla base del mio cammino sulle orme di Gimbutas: Sandra Schiassi con Armonie, Joyce Lussu, Aldina De Stefano, Lella di Marco, Antonella Barina, Annamaria Farabbi, Octavia Monaco, Ambar Past, Luciana Percovich e tante tante altre alle quali debbo, dobbiamo infinita gratitudine.

Di seguito una piccola parte di un documento che mi è stato inviato anni fa da due amiche separatamente e che è girato tra tante di noi. Ho riportato la parte finale che riguarda Marija ed il suo sentire verso la fine dei sui anni. (alla fine dell’articolo il link di riferimento)

.

.

Da un’intervista fatta a Marija Gimbutas da un gruppo di giovani

Rebecca– Quali pensi siano le differenze significative tra una cultura, come quella della Dea, che ha un concetto di tempo ciclico, in confronto a una cultura come la nostra che vede il tempo lineare, progressivo verso un futuro?

Marija– molto più facile vivere quando tieni conto della ciclicità della vita. È folle pensare ad uno sviluppo lineare come nelle credenze europee sulla vita dopo la morte.

Rebecca-Questo aspetto della cultura della dea, l’idea che le cose si muovano in cicli. Pensi che questo li abbia reso molto più filosofici circa la vita?

Marija-Molto più filosofici. Ed è un’ottima filosofia. L’intera evoluzione si basa molto sull’idea di rigenerazione della vita e di stimolazione delle forze vitali. La cosa che ci interessa maggiormente è proprio la preservazione della forza vitale, svegliandola in ogni primavera, e vedere che continua e che la vita prospera.

David– Quanto pensi sia importante rispetto ai problemi attuali, la comprensione del nostro passato più remoto?

Marija-Penso che sia arrivato il momento di essere più pacifici, di calmarsi (ride), e questa filosofia di vita in qualche modo ci riappacifica, portandoci ad una qualche armonia con la natura in cui possiamo apprendere il reale valore delle cose. È importante sapere che sono esistite, durante molto tempo, culture senza guerra, soprattutto perché la maggior parte della gente del XX secolo crede che le guerre siano sempre esistite. Ci sono molti libri che ancora affermano cose folli come questa o come l’idea che l’agricoltura e la guerra siano nate contemporaneamente. Dicono che quando i villaggi iniziarono a crescere si doveva difendere la proprietà, ma questo non ha alcun senso! Non c’era un concetto di proprietà per come lo intendiamo oggi; c’era la proprietà ma era una proprietà comune. In effetti, c’era una specie di comunismo, nel miglior senso del termine. Cosa che non potrebbe esistere oggi nel ventesimo secolo. Inoltre, credevano che tutti fossero uguali in relazione alla morte. Mi piace molto questa idea. Non sei nessuno, né regina né re, quando le tue ossa sono raccolte insieme ad altre ossa. (ride)

David-Siccome la rinascita costituisce uno dei grandi temi del tuo lavoro, cosa senti, personalmente, che succeda alla coscienza umana dopo la morte?

Marija– Forse la stessa cosa che pensavano gli antichi europei. L’energia vitale continua ad un altro livello, che non scompare. Le forme individuali scompaiono.

David– Credi che parte della tua individualità persista?

Marija– Ma è quello che lascio intorno a me, la mia influenza, ciò che ho detto nei miei libri – tutto questo continuerà per un po’. In qualche modo non morirà del tutto.

Rebecca-Ti senti ottimista all’idea che possa sorgere nuovamente una società di tipo mutuale?

Marija-Non so se sono ottimista. Da una parte forse sì, altrimenti sarebbe difficile vivere. Ma in ogni caso lo sviluppo sarà lento, è chiaro. Dipende molto da chi è al governo. La nostra vita è così piena di immagini di guerra. Ai bambini viene insegnato dall’inizio a sparare e ad uccidere.
L’educazione deve cambiare, i programmi televisivi devono cambiare. Sembra che ci sia una tendenza verso un cambiamento di questo genere. Forse uno dovrebbe essere ottimista.

David-Se potessi riassumere tutto il lavoro di una vita in un messaggio elementare, quale sarebbe questo messaggio?

Marija-Insomma, non so se potrei dirlo in una frase, ma il mio maggiore contributo è forse la ricostruzione del significato e della funzione della dea. È successo a me e non a qualcun altro. Fu solo il fato – Laima – che mi ha condotto. (ride)

.
tutte le foto in ordine di sequenza
inaugurazione giardino m. gimbutas sindaca marilena fabbri, assessora p.o. sandra federici e sandra schiassi di armonie
convegno sulla dea- aldina de stefano, sandra federici e vittoria ravagli
gruppo  l’altrarte con monica macchiarini e patrizia argentieri
letture  partecipanti dei gruppi “segreti e sortilegi” – ambar past e le donne maya

.

Ed ora riporto una parte – che trovo attualissima – di un articolo molto profondo e bello di Aldina De Stefano che risale al 2006, l’anno in cui a Sasso Marconi organizzammo il convegno sulla Dea Madre, con studiose, scrittrici, poete, ceramiste, botteghe d’arte, pittrici, poete…

Da: https://cartesensibili.wordpress.com/2012/03/09/tempiquieti-v-ravagli-un-pensiero-per-la-dea-di-aldina-de-stefano/

…Perché tanto ci attrae e seduce la Dea Madre? Forse perché la sua voce ci risuona in una zona già nostra, e risentendola ci fa vibrare. È la nostra origine, e il nostro futuro. È la consapevolezza della nostra matrice culturale, che ci colloca nel tempo, cioè nella storia, e nella filosofia della storia che non è separata dalla vita. Nella Dea possiamo finalmente dire d’aver ritrovato l’orientamento? Ci siamo riappropriate del nostro patrimonio culturale, oppure è ancora in atto l’espropriazione culturale sofferta per secoli? In caso di guerre, di emigrazione in massa, di vuoto sociale lasciato temporaneamente dagli uomini, le donne sono chiamate a sostituirli, come “ soccorritrici” (salvo poi a ricacciarle nel privato, a straordinarietà conclusa). Ora la situazione è più pesante. Sembra siamo giunti alla conclusione di un ciclo, alla parabola discendente del patriarcato, che trascina orrore, distruzione, morte, violenza, disordine, smarrimento, corruzione. È il caos. E le donne vengono nuovamente chiamate fuori per rimettere le cose in ordine, per ripristinare, forse, uno stato edenico primordiale. Viene riconosciuto, perfino dalla Chiesa ginecofobica, il valore della donna, ontologicamente portatrice di vita, a lei si “restituisce” dignità e rispetto, ma al tempo stesso assistiamo ad una recrudescenza di violenze, offese, stupri, emarginazione, perpetuate sulla donna. Si inaspriscono i rapporti di forza tra sessi, tra una società dominante androcentrica e ginecofobica (mortifera, dualistica, gerarchica, statica, mistificatrice, distruttrice) e una società nascente gilanica (olistica, dinamica, trasformatrice, creativa, pacifica). Forse, osserva von Franz, per lo sviluppo della “civiltà” occidentale era necessario ignorare per un certo periodo la madre-dea, e mettere tutta l’enfasi sullo sviluppo del maschile. Ma gli organi del maschile si comportano come quelli del corpo. Un apparato che non funziona può disorganizzare il tutto! Il quadro delle malefatte degli uomini di potere non potrebbe essere più apocalittico. Breton riteneva che fosse giunto il momento, improrogabile, di pronunciarsi “senza equivoci, contro l’uomo e per la donna, di far decadere l’uomo da un potere che ha usato male, per ridare questo potere in mano alla donna”. Goethe, Carducci, Jung (bizzarre queste connessioni!), e altri ancora hanno evidenziato il valore “salvifico” della donna. Ci siamo allontanati dalla numinosa figura della donna e il decadimento dei valori dell’amore ne è l’evidente riflesso. Dobbiamo ripercorrere tracce che ci riportino alla nostra origine culturale. Ridisegnare figure a noi simili. Si può desiderare ciò che non abbiamo conosciuto o sperimentato? Se desideriamo un tempo in cui la Dea Madre era il principio ispiratore, vuol dire che è stato, e può tornare. Forse è lì che dobbiamo andare a riprenderci. Nel futuro arcaico, o, come diceva Arendt, nel futuro alle spalle. Dopo tanto peregrinare potremo dire d’essere finalmente a casa. Nella casa dell’infanzia del mondo. Dove ogni singolo elemento è parte di un tutto, e ogni parte concorre all’armonia con il tutto. Dove uomini e donne uniti (per somiglianza e differenza) scrivono un nuovo manifesto per la vita, sotto il segno della Dea Madre. – Aldina De Stefano

.

octavia monaco- trasmissione matrilineare

.

Di seguito le poesie di donne per Marija Gimbutas. Quasi tutte lette nel convegno a Sasso sulla Dea Madre del 2006 e pubblicate in un bellissimo numero de Le Voci della Luna (n.34 del marzo 2006 con Fabrizio Bianchi Direttore responsabile).

forse
è dimora di una dea
ogni luogo sospeso
dove tutto si rinnova
e tutto è come un tempo

Aldina De Stefano

.

C’è una terra sola

C’è una terra sola
in questo sogno obliquo e incerto
di un giorno qualunque del 2003
che sta andando a finire
Ho passato tre giorni
con i signori della guerra
Altri tre ne ho passati
con quelli della pace

Ascolta

C’è una terra sola
questa
su cui poggiamo i piedi
quanti che siano gli anni nostri
e gli amori trascorsi e presenti

Una terra sola
con sorgenti rade
e mari sofferenti
e aria impolverata

Una terra sola
tra i mille mondi
con intorno le innumerevoli lune
e al centro d’ogni danza
il mare dei soli

Non avere paura

Antonella Barina – Venezia – da “Nessun alibi” – editoriauniversitaria – Venezia

.

AH KEKERÈ

Ah, Kekerè!
Io cerco la dea che contenga la mia anima
una dea così grande da abbracciare
i frammenti di me sparsi per il mondo
Io cerco la dea che uccide senza uccidere
la dea mai nata da alcuno che fa nascere
La dea che lascia le sue tracce
ma non è mai passata di là
Io l’ho cercata in forma di serpente
Io l’ho cercata come uccello e pesce
Io l’ho cercata con le sue mille teste
E tutte le volte che l’ho vista mi è sfuggita
Tutte le volte che l’ho udita non l’ho vista
Voglio la dea della forza delle donne
Una dea giusta per i figli e per le figlie
La dea del cielo e della terra
La dea dei quattro elementi
L’orisha’ del sorriso e della memoria

Antonella Barina – Venezia -Da “Nessun alibi” – Antonella Barina e Anna Lombardo – editoria universitaria – Venezia

.

Sorellanza: paesaggio orale

Adesso fai una cosa, sei stanca.
Scendi la testa.
Facciamo terra qui, ora.
Ascolta la mia mano mentre ti cammina il cuore
preme scioglie i nodi
della tua friabile vecchissima spina
dorsale. Ascolta
questo nostro ritornare lentamente sale acqua farina
attraversando ad occhi aperti la propria madre
nome e cognome
fino alla bocca sdentata
l’allegria la piccola felicità
della nonna grassa e scalza.

Anna Maria Farabbi – Dalla raccolta inedita “Per voce ombelicale”

.

vorrei che tornasse la Grande Dea

libera e sapiente

vorrei che tornasse il tempo
delle donne tessitrici
il tempo delle relazioni e
della pace

sfornare pane e figli

lottare contro la violenza

usare non più le parole oscure
dei perdenti
ma quelle chiare,
le parole del sole.

Serenella Gatti – Bologna

.

octavia monaco-madre rigeneratrice

.

Ed è vero che un tempo?

Ed è vero che un tempo
acque limpide e pure
nutrivano la terra tutt’intorno?

Ed è vero che un tempo
anche voi – limpidi e puri –
attraversavate la terra tutt’insieme?

Ed è vero che un tempo
il tempo era giusto
e i colori arcobaleni?

È vero che un tempo?
È vero che un tempo?

Tracce dentro i nostri cuori
lasciano solchi invisibili
dobbiamo far tornare la memoria
coltivare la terra tutt’intorno.

Anna Lombardo – Da “Nessun alibi” – Antonella Barina e Anna Lombardo – editoria universitaria– Venezia

.

Di segno in segno

Dei segni e per i segni che riempiono lo spazio e il tempo
dei segni e per i segni che ci legano alla Dea
per questi segni e di questi segni
comunicanti e in relazione permanente!

Da questi segni e solo in questi segni
domande e risposte nello spazio e nel tempo
in questa esistenza o in un’altra
dove il movimento è reale e l’energia non è un’astrazione!

In questi segni e con questi segni
nati dalla generosa Terra che si fa libro per noi
per decifrare il passato e costruire un futuro
perché nulla sia vano e il vuoto sia pieno!

Così che da cosa nasca cosa e nulla venga lasciato al caso
dalla Terra al Cielo – oltre l’albero – per volare più in alto
seguendo i segni come si segue l’arcobaleno
tenendo fra le dita il filo di un aquilone!

Monica Macchiarini

.

Coro delle madri

vegliano le madri nel silenzio dei corpi/
e un occhio trasparente le vede venire lente
verso l’inizio del giorno/ e tessono bisbigli
che riconosci parole/ le parole terrestri
che fanno luce dentro il mattino/ e sono
sfere di chiarore dentro la pelle/ sono
il lume che pulsa anche se spento/
per la distanza minima accorri!
madre che guardi nel fondo degli occhi/
cristallina per l’acqua
di musica e pane

Loredana Magazzeni – Bologna – da Canto alle madri – Dars

.

A Maria Gimbutas

È l’ora di sera che il vento s’alza leggero.
sole basso al tramonto, luci cangianti.

Nella verde frescura delle acacie
il caldo ha ceduto a una piacevole brezza

Assopita, entro nel sogno, ai bordi della valle.

Sale una lunga fila bisbigliante e solenne
bambine, ragazze, donne mature, anziane.

Abiti lunghi, di seta leggera, colori vivi…
La brezza muove piano capelli e stoffe.

Salgono lente…

Bambini, ragazzi, uomini adulti, vecchi
le osservano in silenzio, sguardi increduli.

Salgono
il vento mescola parole e sogni
scompiglia le loro voci squillanti, gioca

Bisbigliano “grazie Marija Gimbutas”
passando in processione davanti a lei.

Lenta e potente cresce la pianta della “Gilania”

Le donne dicono che come un tempo
ritorneranno donne e uomini pacificati
a decidere insieme

dicono che la terra, piante animali genti
saranno di nuovo rispettati, e sarà pace

Sedute in cerchio cantano con una voce sola
nel maestoso tempio di Madre Terra
alberi secolari, campi di spighe e d’oro

In un tremulo argento di azzurro e viola
sale chiara la luna. Silenzio religioso. Calma totale.

Mi rassicura il sogno,
mi avvince, mi rincuora, mi dà speranza.

Vittoria Ravagli (testo apparso nel blog di claudiazironi.)

.

Il grembo della terra
gelato desertico fiorito
è il grembo di una dea
ingombro di ogni cosa
attraversato da aliti di vita o
brividi di morte
di sangue e di energia
di fossili e germogli
di tesori nascosti
in viscere profonde
La sua impronta nel
grembo di ogni donna

Il suo utero accoglie
il mistero del mondo
dal suo inguine sacro nasce vita
e trasmuta la pelle ogni stagione
Questo il suo giuoco

Le donne l’han scordato

sopraffatte svilite torturate
hanno perso la forza primordiale
Ma basta una scintilla
per riaccendere il fuoco

Anna Zoli – Bologna

.

octavia monaco-matrice Selena

.

Riferimenti in rete
https://www.autricidicivilta.it/intervista-marija-gimbutas/

https://claudiazironi.wordpress.com/2020/02/25/vittoria-ravagli-a-marija-gimbutas/

http://www.octaviamonaco.com/

https://www.armoniedonnebologna.it

Riferimenti in Cartesensibili
https://cartesensibili.wordpress.com/archivio/tempiquieti/intorno-alla-dea-madre/http://www.universitadelledonne.it/marija_gimbutas.htm