Lamento per Belgrado-Miloš Crnjanski

Miloš Crnjanski, Lamento per Belgrado
(Lament nad Beogradom, 1962)

Cura, prefazione e traduzione di Massimo Rizzante
con uno scritto di Božidar Stanišić
Rovigo, Il Ponte del Sale, “Il Labirinto del Mondo”, 2010

Per presentare il libro prendo solo alcuni passaggi da  Unire mondi lontani, prefazione di Massimo Rizzante che pone in epigrafe

” Per ruinas, homo ad astra”, e poi apre la presentazione  della poesia di Crnjanski titolando:  Quando sono diventato un sumatraista.

A pag.9  viene presentata la prima redazione di Sumatra che Miloš Crnjanski   scrisse in una camera d’albergo nel 1920, a Novi Sad. E’ proprio con questo testo che introduco il libro, poiché ci sono in esso, penso, passi, passaggi e paesaggi che   ancora oggi sono certo praticati da chi è lontano.

E ancora  un brevissimo stralcio estratto dalla presentazione, pag. 12,  e relativo alla poesia Miraggi, del 1929, che ha in sé una riflessione  a cui mi sento particolarmente vicina.

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Da LAMENTO PER BELGRADO , Miloš Crnjanski

Rovigo, Il Ponte del Sale, “Il Labirinto del Mondo”, 2010

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JAN MAJEN i moj Srem,
Paris, moji mrtvi drugovi, trešnje u Kini,
priviđaju mi se još, dok ovde ćutim, bdim, i mrem,
i ležim, hladan, kao na pepelu klada.
Samo, to više i nismo mi, život, a ni zvezde,
nego neka čudovišta, polipi, delfini,
što se tumbaju preko nas, i plove, i jezde,
i urliču: «Prah, pepeo, smrt je to».
A viču i rusko «Ničevo» –
i špansko «Nada».

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JAN MAYEN e il mio Srem,
Parigi, i miei compagni defunti, i ciliegi in Cina,
m’appaiono di nuovo, mentre qui taccio, veglio, e muoio
e resto supino, freddo, come un ceppo nella cenere.
Solo, noi non siamo più noi, la vita, e neppure le stelle,
ma mostri, polipi, delfini,
che aleggiano su di noi, e nuotano, e cavalcano sulle onde,
e urlano: «Polvere, cenere, morte, nient’altro».
E gridano in russo: «Ničevo» –
e in spagnolo: «Nada».

*

Ti, međutim, rasteš, uz zornjaču jasnu,
sa Avalom plavom, u daljini, kao breg.
Ti treperiš, i kad ovde zvezde gasnu,
i topiš, ko Sunce, i led suza, i lanjski sneg.
U Tebi nema besmisla, ni smrti.
Ti sjajiš kao iskopan stari mač.
U Tebi sve vaskrsne, i zaigra, pa se vrti,
i ponavlja, kao dan i detinji plač.
A kad mi se glas, i oči, i dah, upokoje,
Ti ćeš me, znam, uzeti na krilo svoje.

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Tu, intanto, ti ergi, con l’astro chiaro dell’aurora,
con l’azzurra Avala, in lontananza, come una collina.
Tu scintilli, anche quando qui le stelle si spengono,
e sciogli, come il Sole, il ghiaccio delle lacrime e la neve di un tempo.
In Te non esiste il non senso, né la morte.
Tu brilli come una vecchia spada dissepolta.
In Te tutto resuscita, e danza, e volteggia,
e si ripete, come il giorno e il pianto dei fanciulli.
E quando la mia voce, e i miei occhi, e il mio respiro si estingueranno,
Tu mi accoglierai, lo so, nel tuo grembo.

*

ESPANJA i naš Hvar,
Dobrović mrtvi, šejk što se u Sahari beli,
priviđaju mi se još, kao utvare, vatre, var.
Moj Sibe poludeli, zinuo kao peš.
Samo, to više nismo mi, u mladosti i moći,
već neki papagaji, čimpanzi, neveseli,
što mi se smeju i vrište u mojoj samoći.
Jedan se «Leiche! Leiche! Leiche!» dere.
Drugi šapće: «Cadavere!»
Treći: «Leš, leš, leš!».

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ESPAÑA e la nostra isola di Hvar,
il fu Dobrović, lo sceicco che biancheggia nel Sahara,
m’appaiono di nuovo, come fantasmi, fuochi, inganni.
E il mio Sibe impazzito, la bocca spalancata come uno scorfano.
Solo, noi non siamo più noi, la gioventù e la potenza,
ma dei pappagalli, degli scimpanzè, tristi,
che sghignazzano e sbraitano nella mia solitudine.
Uno grida: «Leiche, Leiche, Leiche!».
Un altro mi sussurra: «Cadavere!».
Un terzo: «Leš, leš, leš!».

*

Ti, međutim, širiš, kao labud krila,
zaborav, na Dunav i Savu, dok spavaju.
Ti budiš veselost, što je nekad bila,
kikot, tu, i u mom kriku, vrisku, i vapaju.
U Tebi nema crva, ni sa groba.
Ti blistaš, kao kroz suze ljudski smeh.
U Tebi jedan orač peva, i u zimsko doba,
prelivši krv, kao vino, u novi meh.
A kad mi klone glava i budu stali sati,
Ti ćeš me, znam, poljubiti kao mati.

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Tu, intanto, apri come un cigno le tue ali,
e l’oblio, sul Danubio e sulla Sava, addormentati.
Tu risvegli l’allegria, quella di un tempo,
e le risate, mentre chiedo aiuto, urlo e piango.
In Te non ci sono vermi, neppure nelle tombe.
Tu brilli, come il riso nelle lacrime.
In Te un contadino canta, anche d’inverno,
versando il sangue, come vino, nell’otre nuova.
Ma quando suonerà l’ultima ora e il mio capo si reclinerà,
Tu mi bacerai, lo so, come fossi mia madre.

*

TI, PROŠLOST, i moj svet,
mladost, ljubavi, gondole, i, na nebu, Mljetci,
priviđate mi se još, kao san, talas, lepi cvet,
u društvu maski, koje je po meni došlo.
Samo, to nisam ja, ni Venecija što se plavi,
nego neke ruševine, aveti, i stećci,
što ostaju za nama na zemlji, i, u travi.
Pa kažu: «Tu leži paša! – Prosjak! – Pas!»
A viču i francusko «Tout passe».
I naše «Prošlo».

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TU, MIO PASSATO, mio universo,
gioventù, amori, gondole, e nel cielo Venezia,
mi siete apparsi di nuovo, come un sogno, un’onda, un bel fiore,
in mezzo a un corteo di maschere venute a prendermi.
Solo, io non sono io, né Venezia l’azzurra,
ma rovine, ombre, menhirs
che spuntano alle nostre spalle dalla terra, e nell’erba.
Dicono: «È un pascià quello che giace qui! – Un mendicante! – Un cane!»
E gridano in francese: «Tout passe».
E il nostro: «Prošlo».

*

Ti, međutim, stojiš nad širokom rekom,
nad ravnicom plodnom, tvrd, uzdignut kao štit.
Ti pevaš vedro, sa grmljavom dalekom,
i tkaš u stoleća, sa munjama, i svoju nit.
U Tebi nema moje ljudske tuge.
Ti imaš streljača pogled prav i nem.
Ti plač pretvaraš kao dažd u šarene duge,
a hladiš, ko dalek bor, kad te udahnem.
A kad dođe čas da mi se srce staro stiša,
Tvoj će bagrem pasti na me kao kiša.

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Tu, intanto, ti stagli sul fiume imponente,
e la fertile pianura, forte, ritto come uno scudo.
Tu canti allegro, in compagnia del tuono lontano,
tessendo nei secoli, con i fulmini, le tue fila.
In Te non c’è la mia umana tristezza.
Tu hai del sagittario lo sguardo onesto e muto.
Tu trasformi come la pioggia i pianti in arcobaleni colorati,
e rinfreschi, se ti aspiro, come un pino lontano.
Ma quando verrà il tempo che il mio vecchio cuore si plachi,
la tua acacia cadrà su di me come pioggia.

*

LIZBUA i moj put,
u svet, kule u vazduhu i na morskoj peni,
prividjaju mi se jos, dok mi zizak drsce ko prut
i prenosim i zemlju, u sne, u sne, u sne.
Samo, to vise nisu, ni zene, ni ljudi zivi,
nego neke nemocne, slabe, i setne seni,
sto mi kazu, da nisu zveri, da nisu krivi,
da im zivot bas nista nije dao,
pa sapcu «Não, não, não»
i nase «Ne, ne »
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LISBOA e la mia strada,
nel mondo, le torri nell’aria e sulla schiuma del mare,
m’appaiono di nuovo, quando la mia fiammella vibra come un fuscello
e porto la terra con me perfino nei sogni, nei sogni, nei sogni.
Solo, non ci sono più né donne, né uomini vivi,
ma ombre impotenti, deboli e tristi,
che mi dicono che non sono malvage, che non hanno colpe,
che la vita non ha loro regalato mai nulla,
e sussurrano: «Não, não, não»
e il nostro «Ne, ne »

*   *
NOTE RELATIVE ALL’AUTORE:

Miloš Crnjanski (Csongrád, 1893 – Belgrado, 1977) è con Andrić e Krleža uno dei massimi rappresentanti delle letterature slave del XX secolo. Fu poeta, pubblicista, traduttore, romanziere e autore di drammi teatrali. Dopo la prima guerra mondiale, studiò a Vienna e a Belgrado. Nel 1928 intraprese la carriera diplomatica soggiornando a Berlino, Lisbona e Roma. Allo scoppio della seconda guerra mondiale emigrò a Londra, dove visse fino al 1965, anno del suo ritorno a Belgrado. Migrazioni (Seobe), pubblicato in due volumi nel 1929 e nel 1962 (Adelphi 1992 e 1998 a cura di Lionello Costantini), è universalmente ritenuto il suo capolavoro. L’opera di Crnjanski, tuttavia, è vasta e per lo più sconosciuta nel nostro paese. Il poeta modernista di Itaca (Lirika Itake, 1919), l’autore ribelle dei Racconti al maschile (Priče o muškom, 1920) e del Diario di Čarnojević (Dnevnik o Čarnojeviću, 1921) è ancora inedito in Italia. Così come tutto da scoprire è il cultore originale dell’arte italiana di Amore in Tocana (Ljubav u Toskani, 1930) e del Libro su Michelangelo (Knjiga o Mikelandelu) uscito postumo nel 1981, il viaggiatore di Dalla terra degli Iperborei (Kod Hiperborejaca, 1966) e il narratore di Romanzo di Londra (Roman o Londonu, 1971), uno dei più grandi affreschi della letteratura di ogni tempo sull’esperienza dell’esilio. Lamento per Belgrado, scritto nel 1956 e pubblicato nel 1962, è qui presentato per la prima volta in traduzione italiana.

Del libro parlano in rete:

http://www.nazioneindiana.com/2010/03/26/lamento-per-belgrado-di-milos-crnjanski/

http://rebstein.wordpress.com/2010/03/22/lamento-per-belgrado/

28 Comments

  1. Ringrazio per la presentazione.Trovo che ci sia una grande carica in queste parole, anche se quasi mai arrivano ad essere feroci quanto ciò che indicano. Jacopo.

  2. Ho letto di questo poeta alcuni testi, ringrazio per la stampa di questa raccolta che offre a molti la possibilità di conoscerlo.

    “…Solo, non ci sono più né donne, né uomini vivi,
    ma ombre impotenti, deboli e tristi…”

    Sembra la ecografia di oggi!

    fabio z.

  3. Questo libro è un diamante di poesia contenuto in quel giro di passione poetica e letteraria che sono i due emozionanti scritti di Rizzante e Stanisic. L’ho letto e riletto e lo tengo a portata di mano: un grande aiuto.

  4. Ciao Gigi.Lo penso anch’io. E’ un testo straordinario e mi trovo a casa, nel senso che lo straniamento, di cui porta con grande maestria lezioni nitide, è l’ospite che pratico ormai da tempo. f

  5. un testo che apre la mente, quando tutto intorno vorrebbero soffocarla, quando il corpo è un mondo da aprire oltre quello che ci vorrebbe ingoiare. Bellissima proposta, vi ringrazio,Marzia

  6. Ho intenzione di cercarlo questo libro, dentro c’è qualcosa che noi tutti non dovremmo scordare di coltivare ogni giorno, anche quando le difficoltà vorrebbero governarci!
    Ernesto Bevilacqua

  7. Spero che, a breve, ferni pubblichi una recensione di questo libro, e spero che mi regali altre poesie in esso contenute. Intanto mi metto a cercarlo. Giulia.

  8. “….Solo, noi non siamo più noi, la vita, e neppure le stelle,
    ma mostri, polipi, delfini,
    che aleggiano su di noi, e nuotano, e cavalcano sulle onde,
    e urlano: «Polvere, cenere, morte, nient’altro”

    tomo-grafia senza computer,una lastra incisa che non si può non vedere, non sentire al contatto, ancora oggi, qui, in questi giorni di falsa democrazia, in cui la storia e tutte le guerre di cui parla con chiarezza sembra essere l’unico testo rimasto intonso.
    Gian

  9. Passione, una grande passione: per la vita, per tutto ciò che è vita e va salvata, amata, sottratta a qualunque cosa la voglia rendere squallore, indifferenza.
    Grande libro.Grazie, Gabriella

  10. Mi sarebbe piaciuto leggere ancora, mi sarebbe piaciuto ancora di più avere già tra le mani il libro ma…lo cerco,sicuro che lo trovo. caterina

  11. Bello sentire tutte queste vostre voci. Anche questo libro ne ha in sé molte, raccolte dai luoghi della terra abitata e interiormente ricreata, amata, per questo merita ascolto e attenzione particolari.Grazie a voi.ferni

  12. di grande attualità anche se datati. Grazie per la presentazione di un autore inedito che offre davvero una viosione cristallografica di ciò che è vita, mondo,relazioni.
    seba

  13. Lisboa ha, per me, la capacità di richiamare alla memoria brani di storia personale e pagine di storia collettiva. Sembra che la sua sostanza sia una grande amarezza e pure una leggerezza che permettono a chi vede l’indifferenza e l’abbandono, di trovare in sè le chiavi di lettura e superamento di tale dura realtà. Alexandros

  14. Una presentazione che invita a leggere questo autore, mai incontrato fino ad oggi. Ringrazio Il Ponte del sale e Fernanda per farsi promotori di conoscenza e condivisione. Nicolò.

  15. Il Tu, assidua presenza in questi testi, mi fa sentire la necessità della relazione, dell’altro che viene a mancare e che, di volta in volta, assume antropomorficamente, per mano del poeta, l’aspetto delle terre che lui vede fuori di sè in se stesso. Sento molta vicinanza con questo modo di guardare, di avvicinare il quotidiano, soprattutto oggi che tutto sembra andare così facilmente in rovina. Grazie.Sara

  16. Lamento per la nostra terra, che ha i nomi di tutti i luoghi che conosciamo e abbandoniamo, all’indifferenza, al degrado, perchè tutti noi siamo responsabili. Questo mi pare il messaggio profondo dei testi presentati. Ogni tu, chiamato all’inizio delle poesie di apertura, mi sembra un chiamare l’altro in prima persona nella relazione con la terra, con i paesi della terra. Gabriel

  17. So già da chi procurami il libro. Letto velocemente ma subito amore a prima vista. Chi-ama. Ha una voce netta, precisa, arriva diretta. Un libro da portarsi dietro e con cui dialogare. veevera

  18. Caro Carmine, puoi richiederlo in internet, attraverso ibs libri,oppure unilibro.it, o ancora, direttamente alla casa editrice attraverso email

    ilpontedelsale@libero.it

    Le spedizioni devono essere avvenute da poco, per cui ancora non c’è in distribuzione.Noi associati lo abbiamo già ricevuto direttamente dalla casa.
    Ti faccio presente anche che se tu volessi associarti, i testi ti verrebbero inviati a casa senza spesa aggiuntiva, compresi gli arretrati dell’anno.Non c’è poi obbligo di rinnovo.
    Ti lascio il link in cui è spiegata ogni possibilità
    https://cartesensibili.wordpress.com/2009/12/09/perche-e-come-diventare-socio-de-il-ponte-del-sale/

    Sono spudoratamente di parte: ma i libri pubblicati meritano tutti attenzione. Un caro saluto,ferni

  19. Caspita quante presenze! Ringrazio tutti per la partecipazione. Leggere questo testo è un avvicinamento attraverso la distanza.Un paradosso, certo, ma è un viaggio che amplia, arricchisce. ferni

  20. La posta…ma Marco è preciso e puntuale a spedire i testi. A me, che abito più vicino, è arrivato il 22 o il 23 di marzo. Per arrivare da te ha dovuto attraversare terre, mare e ancora altra terra…Dunque un grande viaggiatore. Ciao Api, leggilo e di sicuro troverai luoghi che ti stanno così vicino già conservati nel cuore di Milos. ferni

  21. E’ bello leggere questo coro di voci festanti, che accolgono e rilanciano il dialogo della poesia altissima di M. Crnjanski. Vi invito tutti, il 29 maggio ad ascoltare Massimo Rizzante e Bozidar S. dire e leggere integralmente il Lamento per Belgrado. Insieme alla musica di Paolo Fresu (tromba) e Bojan Z. (piano). Lendinara (RO), 29 maggio, ore 21,00. Teatro Ballarin.
    Spero possa ripetersi, in grande (il teatro Ballarin tieni 500 posti), quello che accaduto qui, nel teatro di Ferni, che sempre ringrazio di cuore.
    Marco M.

  22. Ciao Marco, grazie per aver dato questa anticipazione. RIDAREMO l’AVVISO nuovamente poco prima dell’evento. Ti abbraccio e festeggio con te e i nostri lettori. ferni

  23. ho letto con molta attenzione, e sono davvero lieta di aver trovato questa pubblicazione, offerta in modo ampio. Cercherò certamente il libro. Corsini G.

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