Trasmissioni dal faro N.5 – Rubrica A.M.Farabbi: PAOLA FEBBRARO e le TURBOLENZE IN ARIA CHIARA – Empiria edizioni 2008

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PAOLA FEBBRARO nasce a Marsciano (PG)  il  9 GENNAIO 1956 – muore a Roma il 22 Maggio 2008

Uard l’acqua mi disse in dialetto una vecchia pescatora a Marina di Puolo. Quell’estate, abitavo in una casa sulla spiaggia. Il suono del mare, in permanenza, dilatava le mie orecchie, tremava il  mio corpo, impedendo il sonno. Mi caricava di energia liquida, salmastra, inquietante. Mi sfibrava. Sentivo le onde in corpo. La pescatora, mia vicina di casa,  si era alzata come me molto presto. Io seduta, abbracciavo le gambe, fissando la sabbia tra le dita dei piedi. Pensavo cose di sabbia. In quei giorni quella sabbia mi usciva dagli occhi in gocce. Lei, vecchissima, vestita di nero, con grembiule e fazzoletto alla testa, era intenta a cucire le reti.

La ricordo ora come fosse una madre ancestrale, con le sue mani sofferte per artrosi deformante, tra i fili della vita e fantasmi di pesci morti. E quel mare, oggi, qui, mi ribatte il petto con le sue ondate di liquido amniotico. Sana il dolore. Rovescia il senso della perdita in presenza certa nella sua continua trasformazione in opera.

Guarda l’acqua, ripeto a me stessa, mentre da qui fino all’orizzonte si dilata ancora l’alba.  Nell’acqua e nell’alba esiste oggi nove gennaio, giorno del suo compleanno, come esisterà nel mio sempre, Paola Febbraro: la sua poesia.

Sulla mia scrivania le sue molte lettere, seppellite in me come dono sacro, le sue poesie inedite, le sue impronte di lavoro, le sue poche, preziose pubblicazioni. Non ho mai conosciuto un corpo attraversato totalmente dalla poesia così come quello di Paola. Con orecchio assoluto, insonne. Tutto e nient’altro che poesia, tra la vita e la morte, sempre. Con l’interiorità costantemente accesa, drammatica, a tratti tragica, con limpidità di lettrice e di poeta, con studio alla radice non solo della lingua ma dell’esistenza da cui deriva la lingua. Con fare il verso in segno essenziale, minimo, acuto, penetrante. Con l’ossessione di coniare la parola lavandola da ogni abuso, da ogni neutralità asettica o ambigua, da ogni retorica e abitudine, per nascerla spiga sulla carta. Con lo sforzo di scriverla esponendola nuda e severa, accanto alle sue sacre relazioni affettive e intellettuali. Volutamente cita nome e cognome di amici e amiche poete, a cui dedica le sue poesie, quasi per dettare le coordinate della sua vita e delle sue condivisioni.  La sua lente d’ingrandimento apre luce su Wittgenstein, Luce Irigary, Amelia Rosselli, Saba, Pagliarani. Con naturale estraneità, canta assente a qualunque  giostra letteraria.

Sorseggiavamo un tè, sotto casa di Amelia Rosselli, e io le dissi: è necessario resistere, con tempie, muscoli, ossa, vene, all’ustione della poesia.  Lavorare per ricevere fuoco ma anche per contenere ciò che si riceve. Il rischio del verso è il rogo, la lama, il precipizio. Occorre mangiare e dormire con metodo per cantare le frontiere. Guardammo insieme, in alto, la casa di Amelia. Negli occhi, l’una dentro l’altra, come se camminassimo insieme questo comandamento reciproco.

Oggi festeggio il suo compleanno, la sua poesia, la sua vita, sua madre Giovanna che ha sempre stimato la sua scrittura, con fierezza e consapevolezza. E’ giorno di festa quindi. Non concedo strappi al cuore né  coaguli di lacrime. E’ presenza. E’ il qui, ora. E’ semmai saldo impegno di portare la sua opera, diffonderla, cantarla.

Sfoglio, e vi invito con me, l’ultima pubblicazione edita postuma nel 2008 da Empiria,  www.empiria.com, con una nota di Vivian Lamarque, dal titolo TURBOLENZE IN ARIA CHIARA, lo stesso della raccolta che vinse nel 1994 il premio Laura Nobile. Il libro raccoglie pagine da diverse sillogi, alcune poesie delle quali erano già apparse in riviste o addirittura in altri libri. Forse inediti. Contrariamente a tanta cieca editoria ricca, come al solito, alcuni cercatori d’oro sono soliti raccogliere e ridistribuire agli altri con forza eroica. Per la sua poesia,  tra questi cito Marco Ribani che le pubblicò nelle sue edizioni de La Volpe e l’Uva, nel 2000, l’opera dal titolo A fratello Stefano. Ricordo pure i componenti della giuria del premio San Giorgi che le conferirono nel 2003 la pubblicazione di merito per Manni Editore, con il titolo La Rivoluzione è solo della Terra, credo esaurito. Il premio era, e continua ad essere, organizzato da Le Voci della Luna, allora circolo culturale e rivista e attualmente anche casa editrice con un catalogo di tutto rispetto (di cui proprio in queste pagine ho già scritto). A questa officina di lavoro si deve molto, se non quasi tutto, per la diffusione e l’approfondimento della poesia di Paola (rimando al n. 41 del Luglio 2008 dedicato alla sua opera).

Il libro edito da Empiria va elogiato, se non altro come ulteriore contributo alla sua poesia, tuttavia manca di una minima introduzione in cui avremmo voluto leggere i criteri di impostazione dell’opera e di selezione dei testi, se questi sono stati esclusivamente decisi dall’autrice o da altri. Inoltre, sarebbe stato utile anche una nota esplicativa con riferimenti precisi di quelle precedenti pubblicazioni da cui le poesie sono state estratte, evidenziando le eventuali varianti. Non ultimo, l’indicazione degli inediti.

Voglio citare lo studio a lei dedicato da Stefano Guglielmin, in SENZA RIPARO, Poesia e finitezza, La Vita Felice, 2009, pag.179. Come al solito puntuale, colto, attento lettore della poesia contemporanea, oltre che finissimo poeta (su questo libro tornerò).

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da La Rivoluzione è solo della Terra, Manni, 2002

ad Anna Maria Farabbi

fonda

come collo di tartaruga dall’acqua fonda come tartaruga prima marina poi di terra

è l’animale che in questo momento mi sembra

il più innocente grande animale della fatica

la fatica sarebbe essere contemporaneamente in due o più punti di vista diversi

mettiamo la solita stella

fonda deriva da affonda le fondamenta

le fondamenta affondano in terra trapanano il suolo ci mettono sopra qualcosa di nuovo

io in questo periodo la cosa che sento più forte è la fatica che faccio…

scusatemi se mi interrompo

fonda è un colore una tinta fonda

mio nome bifronte materia severa di una parte di me fonda è quel suono gong della sera

fonda solo adesso che la scrivo mi tiene compagnia

forse la scrivo solo perché l’ho sentita mia amica fonda:

un’amica

21 ottobre 1996, 17,30

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anna maria farabbi – 9 gennaio 2010

33 Comments

  1. ho quel libro, la Febbraro e la sua cristallina poesia, nel cuore. Una lettura unica, i versi come rami di una albero che ha leggerezza degli alberi, una trasparenza come dono. O prodigio. E talvolta nevica, altre volte un sole deciso rischiara a primavera tutto. Bellissimo, anche quando dirlo pare generico, ma bellissimo il suo scrivere, come un brivido inatteso, quello del vivere a chiare lettere conoscendo anche l’importanza di una penombra dello sguardo, il dolore dell’altro.

    grazie,
    giampaolo

  2. p.s. l’albero sarebbe uno, ma se l'”una” che è venuto fuori scrivendo “in corsa” è riferito forse all’autrice, allora forse lo terrei lì dove sta, quel numero uno al femminile!

  3. partecipo anch’io, con affetto verso Paola, a questa intensa ma non retorica celebrazione. Anche nel mio blog ho postato un pensiero.

    un abbraccio a tutti

  4. Grazie Ferni per questa proposta. Te ne sono grato visto che non conosco la poesia di Paola Febbraro, cerchero’ subito di rimediare. I versi qui proposti sono di una bellezza cristallina e seguono, struggenti, il battere delle onde.
    Un abbraccio
    Abele

  5. “non animo più i segni e lascio liberi gli uccelli e la loro

    /scienza del volo

    e loro

    lasciano libera me

    davvero non mi importa di sapere ciò che esiste e ciò

    /che non esiste”

    da “Diario Derubato”, Paola Febbraro, 1988

  6. Il mio incontro con questa autrice e poeta è avvenuto attraverso Anna Maria Farabbi. Grazie a lei l’ho rincorsa attraverso le pubblicazioni esistenti e ho letto, con difficoltà ho cercato di raggiungere quella sostanza che ha un nucleo forte, al suo interno,ma non facile né da digerire, né da accettare. Non lo si può spaccare e farne analisi, forse lo si deve addentare, sì, con una forza estrema ( anche se persino la delicatezza e la fragilità, a volte, sono anch’esse forza) correndo anche il rischio di spaccarsi la bocca, i denti, di ritrovarsi con la lingua tagliata, perché c’è una forza, nel legno interno del frutto, duro, che ha del prodigio, ma non ostenta la polpa che lo accoglie.
    Una scrittrice dai toni e colori a volte rari, a volte non visibili, altre ancora estremamente precisi da farsi segni, incisioni nel denso, nel buio del niello.
    La festeggio con Anna, perché non si smette mai di nascere, lo si fa anche nel corpo degli altri, e sempre senza fine. Anche da parte mia un grande grazie alla nostra collaboratrice, a tutti coloro che vorranno intervenire e naturalmente a coloro che già sono intervenuti, fernanda.

    Nota: lascio, per quanti volessero raggiungere una raccolta dei suoi testi, proposta per questa occasione, il link sottostante, di blanc de ta nuque, curato da S. Guglielmin, che ringrazio. f

    http://golfedombre.blogspot.com/2010/01/paola-febbraro-9-gennaio-1956.html

  7. sempre vivissima l’immagine di Paola, la sua poesia, letta e riletta. Le sue parole, le passioni, le cose da lei imparate e trasmesse ad altre sulle nostre origini, sulla veggenza e la sapienza femminile, sulla Madre Terra. Scriveva: “…..in un certo senso nostra madre rappresenta la prima Dea Madre con cui abbiamo a che fare…”
    E ricordando sua Madre, sempre dal libro “La rivoluzione è solo della terra”:

    atzeca creatura di madre
    camicia da notte leggera
    meccanica veste

    15 febbraio ‘96 (P.F.)

    grazie Anna

  8. Nella poesia di Paola Febbraro mi colpisce quell’impressione di vedere, anzi no, quel vedere come impressione di un senso delle cose (e tra le cose lei stessa, anche se “così diversa dalle cose”, perchè “carnale”, “dentro… complessa”), ma che non è nè ordinato e coerente, nè promettente, nè bello o brutto, ma solo c’è, sta lì: “l’orario dei tram l’ufficio postale /la panca”. E che, eppure, non è un senso statico; infatti, “l’unica cosa che conta per cambiare lo stato di cose sono le cose concrete”, ma, appunto, le cose attraversate dal vedere/impressionare (come una pellicola) della poesia, dal “tuono della poesia”. Ecco come può emergere un senso in movimento, metamorfico, fenomenico, senza un divenire logicizzato consolante: “dio mio come sono cambiata sono la stessa di quando sono nata!”; dove tutto è “insieme”, in relazione, anche nei momenti di rifiuto o solitudine più cupi, perchè “bisogna imparare di nuovo/dove poggiare le cose dentro e fuori di noi/…/”e bisogna imparare ancora /ad avvicinare e ad allontanare”. L’importante è che “a volte io credo così forte alla rotazione della terra attorno all’asse”/ e credo che questo a volte questa intermittenza/ pensa”.

  9. Emozionante questa “commemorazione” di Anna Maria Farabbi per Paola Febbraro di cui ho letto poco (rimedierò presto) ma che mi era bastato per apprezzarne la qualità poetica, l’eloquio intenso e drammatico. Mi unisco all’affetto di chi l’ha conosciuta, e ringrazio molto Ferni del dono che oggi ci ha fatto in suo nome.
    lucetta

  10. Il mio incontro con questa autrice e poeta avviene oggi, nel giorno del suo compleanno
    grazie per questo inizio
    comincerò a cercare tracce della sua scrittura che sento di profonda umanità

    elina

  11. Un articolo che è una prova di amicizia che dura, che non risente di nessun impedimento, di nessun cedimento. Un grande dono per noi. Grazie signora Farabbi, la seguo sempre in questa rubrica, mi è di grande conforto sentire che nel tempo, in questo tempo, ci sono persone che hanno con chiarezza scritti in sé i segni importanti. Giulia Zagredo.

  12. grazie anna maria per questo bel ricordo di paola che festeggio con te con gioia
    buon compleanno paola
    sento ancora l’abbraccio della tua poesia
    paola tosi

  13. Una Voce da trattenere e diffondere con la stessa naturalezza con la quale Paola Febbraro arriva alla radice della parola, dell’esistenza. Molte le sorelle che qui a Sasso ne hanno intonato il canto , una gioia ancora ascoltarle. Semplicemente bello questo festeggiamento , questo invito affettivo e intellettuale che Anna Farabbi ha intonato e a cui altre Voci si sono accordate. Oggi il nostro augurio a Paola e un altro grazie , un grazie ancora .

  14. ho letto alcune poesie della febbraro,ma non l’ho mai conosciuta personalmente. La sua poesia ha un carattere particolare, particolarmente intenso, sempre agganciato alla realtà delle cose. Auguro che la sua poesia viva, anzi che li viva nella poesia.seba

  15. Ho trovato e letto dei testi in internet di questa poetessa e l’ho sentita fortemente vicina. Forse è ciò che ha attraversato che me la fa sentire così familiare e non oscura. Ringrazio per questa presentazione la signora Farabbi e anche coloro che hanno aperto delle riflessioni sulla sua poetica. Giovanna.

  16. Porto un frammento breve, come se la sentissi mentre lo dice. Auguri anche da parte mia, Auguri alla sua poesia. Gianmario.

    “Fammi restare con te lavorìo del mondo

    o! tenera forma già fatta crosta del pane lattuga o! mare di tutte le lacrime che pure sono acqua del corpo che pure escono e spingono e si allargano dentro come fiume di fuoco e li senti che stai diventando guscio dell’uovo del mondo che sei trasparente come tutti quando si torce la forza consiste nel non alzare lo sguardo per vedere il già fatto la forza è restare incollati al lavoro fammi restare con te lavorìo del mondo rendimi zucca pelata non farmi vedere riempimi d’acqua chiama a raccolta le menti del mondo le menti isolate e tranquille le schiene nelle risaie quei fili dell’erba a uno a uno o! muraglie o! gelsomini o! dirupi! o! capre del sale e il nero di china fammi restare con te lavorìo del mondo rendimi invincibile come filo di rame arrossami e non farmi morire porta via da me questo non fare questo credere di non stare facendo non darmi queste ultime parole: rovinami tu!”- 30 settembre 1996

  17. e l’intensità di cui sono piena scende piano ed io
    lascio che salga dalla pianta dei piedi questa liberazione
    è come se il tempo entrasse così dentro il mio corpo
    e così cammino respirando ogni lento passo dei miei piedi
    e questa stanchezza mi fa occhi limpidi come acqua dalle montagne e
    c’è dentro di me una sorgente forte che non sta bruciando
    ed è così ricca di minerali

    io
    ho sapore

    Paola Febbraro ( La rivoluzione è solo della Terra, Ed.Manni 2002)

    Quando l’ho letta mi è sembrato di sentire il centro del corpo, non il mio personale corpo,ma quello che tutti abitiamo,viviamo come fossimo una sola persona.
    alex

  18. Intensa, nitida, mai in posa, non rinchiusa o richiusa in se stessa. Ancora oggi faccio mie queste sue parole:
    -davvero gli affetti ci legano ai nostri parenti ai nostri pensieri/ ma siamo sempre noi che scegliamo di rimanere legati- Con riconoscenza, Alexandros.

  19. Ringrazio di gran cuore tutti coloro che hanno partecipato a questo incontro, spero vivamente che la festa per Paola continui, soprattutto leggendola,leggendo le sue poesie, perchè sono certa che in esse lei abbia fatto casa.ferni

  20. Condivido quanto è stato scritto da chi mi ha preceduto: c’è tempo per leggere o rileggere, per inseguire le parole dell’autrice. E’ un modo per rendere omaggio a lei e alla poesia, viva, presente, in grado di emozionare, gridare e cantare

  21. esprimo la mia condivisione con quanto è stato detto precedentemente e sono grata per avermi dato la possibilità di incontrare questa voce, da conoscere meglio e da “sentire” compiutamente.

  22. Grazie, immense, per questo ricordo di paola ( che anche il blog di Guglielmin ricorda): la sua poesia , che si è ritratta dal tempo, il tempo non lo teme, anzi la sopravanza; lei lo sapeva che la fama, risulta essere ..come la circonferenza è anche sposa del terrore,ad ogni ardito cavaliere ardisca di guardarla,: dunque leggiamola di nuovo, fulgida essenziale e colma di quel motus affettivo, che solo porta il fiato della poesia. Maria Pia Quintavalla

  23. Il mio rapporto con Paola è troppo personale perché possa condividerlo ma ti ringrazio Ferni per averla ricordata. Resta la sua mancanza, e una certa amarezza per come i veri poeti siano purtroppo solo ricordati da chi li conosciuti e amati. Resta per noi e per chi vorrà conoscerla la sua poesia autentica, essenziale. rita

  24. Saluto e ringrazio Maria Pia e Rita, oltre a Daniela, Ivano e Maria Pina, nonché tutti coloro che sono intervenuti in questo incontro, non con l’assente ma con chi (si) sente. Personalmente penso che cantare l’amore, la vita,l’altro, non sia cantarne la presenza, perché della presenza si è sazi, è la distanza tra noi e la percezione di tale distanza, che ci intristice o ci spinge a cercare la sua impronta. Tutto ciò che ci attraversa si versa in noi e non ci abbandona mai. In fondo, nessuno di noi condivide l’altro, c’è vicinanza nello stare in silenzio,ma non è stare nell’altro o con l’altro se non attraverso se stessi. Ma alla fine, questo che ci sembra un limite è anche una salvezza,ci permette di non crollare, di andare ancora e trovare la via, anche verso ciò che credevamo perduto. Un sentito grazie a tutti e ancora GRAZIE A PAOLA.
    f

  25. leggo con molto ritardo e mi commuove sempre questo incollare i pezzi, raccogliere le voci, gli splendori, gli schizzi, le gocce di luce e d’acqua che la poesia riesce sempre a fare quando è poesia come quella che Paola Febraro ci ha regalato.
    un umile grazie a lei e a tutte e tutti .
    anna lombardo

  26. A Paola Febbraro (il giorno del suo compleanno)

    non vorrei
    nè parole
    nè lacrime
    per ricordarmi di te
    oggi.

    hai scavato
    nel tempo
    inarcando
    muscoli e carne,

    hai posato granelli
    di sabbia dorata
    nel mare del
    frutto materno,

    hai arrischiato
    la tua discesa
    sprofondando negli
    abissi,

    hai colto bagliori
    nella notte illuminata
    da fiaccole
    lasciate da strascichi
    di comete.

    tu, piena e
    ricolma di
    profonda leggerezza,
    hai dischiuso
    porte
    che ancora
    restavano chiuse

    squassando il linguaggio
    attraverso il
    ribaltamento
    della soglia poetica,

    non per
    contaminazioni,
    ma per
    sintesi estreme.

    anna bellini

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