La croce del musulmano- Gassid Mohammed

palmira

Palmira

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Nell’attentato contro la rivista “Charlie Hebdo” i due uomini gridavano, in arabo, “Allah Akbar” (Dio è grande), e altre frasi tra cui ho distinto la parola “colonizzatore”, forse era una specie di invocazione contro il colonialismo. I due musulmani gridavano anche “abbiamo vendicato il profeta”. Io penso che la loro vendetta è caduta proprio sul Profeta dell’Islam, che ora dolente guarda da lassù. Guarda probabilmente a questi francesi, ma anche ai due egiziani che sono rimasti uccisi, che di mattina hanno salutato i loro bambini, andando a procurarsi del pane. E invece si trovano ad affrontare il loro destino. Che Dio doni loro la pace, la pazienza e la forza ai loro familiari.
Appena mi sono svegliato, come al solito, ho acceso la mia fidata TV araba che mi fornisce corrette notizie, ho acceso il fornello per mettere il caffè, e successivamente con il caffè ho acceso la mia sigaretta mentre ascoltavo la notizia. Guardo la TV araba, irachena per la precisione, per procurami notizie su quello che succede un po’ nel mondo arabo, soprattutto nel mio paese, da più di sei mesi giace sotto un regime di guerra e attentati terroristici. Non mi aspettavo di certo un evento del genere. Appena ho saputo la notizia dell’ attentato a“Charlie Hebdo” e ho visto i filmati, non ho acceso più niente, è dentro di me che si è acceso un vulcano ed è scoppiato di rabbia e di parole. Appunto, la parola! E’ l’unica arma che ho e che assolutamente preferisco, per difendermi, per fare combattere, per cambiare e per fare ogni cosa. Ho soltanto la parola.
Dunque, ragionavo sui primi anni dell’avvento dell’Islam, quando il Profeta aveva ancora pochi compagni. La loro gente li trattava con violenza. Ogni forma di violenza era lecita: torture, prigione, uccisioni, espulsioni,.. e ancora molto altro. Successivamente, quando il Profeta e i suoi seguaci sono diventati tanti, più forti e sono riusciti persino a controllare la Mecca, la città dove prima venivano torturati, non si sono vendicati, anzi il Profeta aveva perdonato tutti, e aveva fatto regnare la pace. Nella prima guerra tra musulmani e non musulmani, la vittoria è stata dei musulmani. Essi erano riusciti a prendere in ostaggio una settantina di persone. Il Profeta, a quel tempo, ha diviso gli ostaggi tra i suoi compagni, raccomandando loro di trattarli con la massima bontà. E in effetti i musulmani davano loro la precedenza nel cibo, li trattavano con rispetto e con bontà, seguendo gli ordini del loro Profeta, fino alla loro libertà risarcita dai familiari. Non voglio difendere il Profeta e l’Islam, ma voglio soltanto fare una distinzione tra due pensieri diversi. Oggi giorno, invece, gli estremisti musulmani, l’ISIS, al Qaida ecc., non hanno niente a che fare con questi ordini del Profeta. Solo in Iraq, alcuni mesi fa, l’ISIS ha preso in ostaggio 1700 studenti di una accademia militare. Di questi 1700 nessuno è rimasto vivo, sono stati uccisi tutti in modo orribile e a sangue freddo. Chi sono dunque le prime vittime dell’ISIS e dei terroristi? Se si dà uno sguardo al bilancio dei morti nei paesi musulmani in cui si trovano questi movimenti estremisti non si può assolutamente negare che le prime vittime sono proprio i musulmani. Migliaia e migliaia di musulmani uccisi nei modi più crudeli e incredibile è l’arte di uccidere di questi estremisti: esplosioni, autobombe, asinobombe, kamikaze, attentati, rapimenti, …Se ne potrebbero scrivere liste a non finire. Nel mondo ci sono più di un miliardo e mezzo di musulmani e solo poche migliaia di loro sono estremisti che, tra l’altro, uccidono anzitutto la stessa maggioranza musulmana. Cosa hanno in comune il Profeta, i primi musulmani, e oggi questa maggioranza pacifica musulmana, con gli estremisti e i terroristi? Soltanto il nome: Islam.
Chi è colui che risulta avvantaggiato da questo attentato barbarico e terroristico oggi, e dei diversi attacchi terroristici a nome dell’Islam? Non certo i milioni di musulmani che vivono in Occidente, i musulmani che sono fuggiti proprio da questi terroristi abbandonando i loro paesi, in cerca di una vita pacifica e tranquilla. Coloro che ricavano vantaggi sono sicuramente i movimenti occidentali di estrema destra, ancora minoranza, che verseranno la loro “rabbia” nelle campagne elettorali contro l’estremismo islamico rappresentato, secondo loro, da ogni musulmano, soprattutto in Occidente. E così succede che io, in quanto residente in un paese occidentale, mi sveglio in un giorno qualunque e mi sento una minaccia per gli altri, mi sento un probabile terrorista agli occhi di tanti. Dicevo che le prime vittime del terrorismo sono gli stessi musulmani, e infatti solo negli scorsi due mesi ho perso due cugini che combattevano contro il terrorismo, e tanti tra gli amici e i conoscenti, e migliaia di compaesani. Questo per non tornare indietro negli anni e contare altri parenti, amici e conoscenti. In un articolo che scrissi tempo fa dicevo che in Iraq, da più di dieci anni ormai, muoiono ogni giorno almeno una cinquantina di persone, vittime del terrorismo.E non è un numero gonfiato è la realtà quotidiana, misurata famiglia per famiglia. Questo per non contare le vittime degli altri paesi. Dunque io sono tra i primi che subiscono la criminalità malvagia degli estremisti e dei terroristi, eppure qualcuno mi considera un terrorista, e qui i miei cugini e tutte le vittime del terrorismo muoiono violentemente, davanti ai miei occhi, un’altra volta, e io subisco, violentemente un altro oltraggio, e mi trovo ad essere doppiamente vittima.
Cosa dovrò fare io per dimostrare la mia innocenza dall’accusa che mi sento appiccicare alla schiena? Giro per le strade e grido che “i terroristi hanno ucciso i miei familiari, e che io non potrei essere terrorista perché non sono stato io ad uccidere i miei familiari”? o forse mi metto a girare con una maglietta su cui stampare una frase del tipo “io non sono musulmano” o “io sono ateo” o magari mettere addirittura la vignetta del “Charlie Hebdo” sul Profeta! Beh, probabilmente quei terroristi mi cercheranno e mi faranno fuori come hanno fatto con i miei cugini, e come hanno fatto con i giornalisti oggi. O forse qualcuno di estrema destra, vedendo la mia carnagione, che certo non posso cambiare e che svela senz’altro la mia provenienza, dirà “questo è un terrorista che si nasconde sotto questa scritta, e certamente farà un attentato. Prendetelo!”. Così finirò chissà come e non so dove. E poi, mi domando, perché devo negare la mia identità che è l’unica cosa che ho, l’unica cosa che mi definisce, l’unica cosa che riferisce a me delle mie origini? Negarle significherebbe negare me stesso! Negare la mia esistenza, e quindi cancellarmi!
Come fa un musulmano che vive in Occidente, come fa uno come me che ha i tratti maledettamente mediorientali, che qualcuno chiama fascino, altri chiamano terrorismo, a vivere e convivere con tutti questi sospetti, con tutte queste dita invisibilmente puntate contro di lui? Come si fa a vivere e convivere con questo peso, con questa gigante croce che solo Domineddio può portare?

Gassid Mohammed.

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A mia madre

Quando tornerò
sarà notte fonda
Quando tornerò
saranno mute le cose
Nessuno m’aspetterà
in quel letto di terra
Nessuno m’accoglierà
in quel silenzio di terra
Nessuno mi consolerà
per tutte le parti già morte
che porto in me
con rassegnata impotenza
Nessuno mi consolerà
per quegli attimi perduti
per quei suoni scordati
che da tempo
viaggiano al mio fianco e fanno denso
il respiro, melmosa la lingua
Quando verrò
solo una fessura
basterà a contenermi e nessuna mano
spianerà la terra
sotto le guance gelide e nessuna
mano si opporrà alla fretta
della vanga al suo ritmo indifferente
per quella fine estranea, ripugnante
Potessi in quella notte
vuota posare la mia fronte
sul tuo seno grande di sempre
Potessi rivestirmi
del tuo braccio e tenendo
nelle mani il tuo polso affilato
da pensieri acuminati
da terrori taglienti
potessi in quella notte
risentire
il mio corpo lungo il tuo possente
materno
spossato da parti tremendi
schiantato da lunghi congiungimenti
Ma troppo tarda
la mia notte e tu
non puoi aspettare oltre
E nessuno spianerà la terra
sotto il mio fianco
nessuno si opporrà alla fretta
che prende gli uomini
davanti a una bara

Goliarda Sapienza

 da Ancestrale

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Riferimenti in rete: http://metsambiase.wordpress.com/2015/01/07/dio-e-altro-la-croce-del-musulmano-di-gassid-mohammed/

6 Comments

  1. Chiediamo pace, tutti insieme, tutti noi di buona volontà! ogni giorno a mezzogiorno. La preghiera è un’arma potente, se usata con fede. Un abbracio ai fratelli e sorelle musulmani degni di questo nome,in nome dei martiri di tutte le fedi.

    1. la preghiera è anch’essa in sostanza azione, poiché l’atto del pregare è volontà di piegare al proprio desiderio, alla prorpia richiesta. Io penso che agire, con responsabilità e correttezza, consapevoli che nessun martirio valga la vita di nessun essere e sia la vita la cosa importante, l’unica, al di là di ogni fede, anzi dimenticando ogni fede che è solo idea e come tale umana, passibile di irrealtà o addirittura di menzogna, sia l’obiettivo principale. Ognuno sa cosa è bene e cosa è male anche se ormai la per-versione è troppa e nessuno, in nome di un falso “ben-essere”, che è avere cose, non sa più cosa significhi davvero vivere. La preghiera ognuno la rivolga nel proprio silenzio e non invochi nessuno se non la propria volontà ad essere rispetto ognuno suo pari, senza divini o divinità:quaggiù, sulla terra, siamo tutti ugualmente mortali, ugualmente passeggeri. Niente si sollevi dal profilo basso della polvere. ferni

  2. Uccidere in nome di un Dio o di un profeta è criminale, umiliare e offendere il prossimo in nome di un principio assunto a mito, è a mio parere stupido. Nell’uno e nell’altro caso si assolve se stessi in nome di qualcuno o qualcosa che riteniamo superiore e in nome del quale giustifichiamo la nostra azione. In entrambi i casi chi agisce non se ne assume integralmente la responsabilità. Uccidere per lavare un’offesa è da condannare senza alcuna esitazione perché non c’è proporzione tra una vignetta satirica, per quanto la satira possa essere pungente e offensiva, e l’uccisione di dodici persone o anche di una sola; si può usare la parola che può essere un’arma molto potente e ferire, come facevano i giornalisti di Charlie Hebdo, ma che non uccide fisicamente le persone. C’è un principio, a mio parere, che rispettando il quale potrebbero vivere insieme e in pace mussulmani e occidentali, il rispetto della persona e dei sui diritti, della di lei cultura e religione. Questo dovremmo tenere a mente qualunque cosa si dica, si scriva o si faccia. Non esistono zone franche da questo principio fondamentale. In questa contrapposizione violenta e senza quartiere tutti, dico tutti, mussulmani, cristiani, o di qualunque fede , o laici siamo più esposti e più deboli, la paura ci può accerchiare e metterci gli uni contro gli altri.

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