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L’immagine: Angela Merkel visita una scuola circondata da ragazzini che le fanno fotografie coi cellulari o fanno a gara per apparire con lei. Siamo nel 2014, a una bella distanza da ogni ’68 e da ogni ’77, stagioni di fuoco e di un vivere tutto sulla pelle e se anche oltre quel tempo alcuni hanno vissuto così, rimane l’evidenza che i tredicenni e i quattordicenni di allora sfilavano coi fratelli e le sorelle più grandi per chiedere diritti e nei libri cercavano una vita che non strangolasse, leggere alcuni quotidiani e non altri (penso a com’era “Il manifesto”), oppure volantinare, erano segni chiarissimi, non solo di una scelta contro, ma di un dare concretezza alle parole. Torniamo al presente e vediamo che frange, sempre più marginali, contestano in piazza con poca efficacia, chi ne fa parte è spedito subito in una marginalità ancora più fosca e mentre questo accade i ragazzini e le ragazzine che immortalano Angela Merkel sembrano tanto felicemente ignari di tutto che mi sfiora il sospetto non pensino nemmeno alla politica. Non importa siano ragazzini/e tedeschi e non italiani, sembrano tutti figli/e della Tv del “grande fratello” o di cose come queste. Mi torna in mente il compiacimento di certe ragazze al fianco di Berlusconi e mi domando cosa sia il fascino esercitato dal potere su chi non lo ha. Delle foto con un cancelliere o un presidente del consiglio quanto valgono per chi le mostrerà ai propri parenti, amici, conoscenti o le pubblicherà su Facebook o Twitter? E un giorno, questi alunni/e angelicamente non angeli, con la loro dentatura tutta nel sorriso e un sorriso che a guardali bene fanno tenerezza, quasi fossero ignari della durezza delle personalità politiche che abbracciano, si chiederanno mai cosa sono o cosa sono stati in realtà questi capi di stato? A volte mi pare di non capire più niente dei ragazzi e scrivendo queste righe ho in mente troppo di altre vite e di rivolte che ci hanno devastato nella sconfitta, lasciandoci soli, ma con l’inesauribile bisogno di giustizia che nessuna negatività è riuscita a guastare. Penso spesso in questi giorni a “Venezia salva” di Simone Weil, dove c’è la figura del congiurato Jaffier, che tradisce e salva la città e penso a cosa sia opporsi al male, al disastro, al buio e a come Jaffier sia lontano e vicino: lontano per la statura del suo dolore nello scegliere il minore dei mali, quello che colpirà meno gente e soprattutto preserverà gli innocenti; vicino per quella capacità di perdere tutto e abbracciare il silenzio, l’esilio o la morte, quella perdita di sé che lascia lo specchio infranto, ma porta nelle schegge la realtà che qualcuno scriverà un giorno, perché il tempo chiede sempre verifiche e forse per alcuni, troppo ostinati per rinunciare, chiede anche verità. Non sappiamo se qualcosa ci avvicinerà di nuovo agli amici e alle amiche scomparsi, ai compagni/e rifluiti nella depressione, agli amanti o alle amanti con cui si pensava il mondo, ma se sarà così non avverrà solo per opporci alla protervia dei vincitori col loro “noi facciamo la storia”, ma per una storia nostra, che aiuta a decifrare i linguaggi multipli del potere, il saper giocare su più fronti dei potenti, quel fare del fascismo nell’antifascismo, con trame occulte, risvolti oscuri, stragi e uccisioni. Una storia a cui i più si arrendono.
Nadia Agustoni
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Trovo in Cartesensibili un’altra riflessione di Nadia Agustoni sulla nostra contemporaneità: rinnovo qui il mio apprezzamento per questi interventi, dei quali condivido l’amarezza ed ammiro la pacata, tagliente profondità e consapevolezza. Dal punto di vista personale non mi rassegno e non mi arrendo alla storia vile, violenta e disonesta disegnata dai potenti. Vorrei dire a Nadia che forse non siamo pochi coloro che si ostinano a resistere (e riconnetto questo verbo anche al concetto alto e storico della Resistenza che non è finita col 25 aprile 1945).
condivido la riflessione profondamente realistica di Nadia-come le precedenti- mentre dal più positivo commento di Antonio, prendo,aimé, una certa distanza .Mi è difficile abbandonare lo sconforto.
Rispondo un po’ in fretta ringraziando il blog, Fernanda e per gli interventi partecipi.
Sono giorni un po’ impegnati, ma strappo qualche riflessione qui e là per cose che sono amare. Un saluto.