ISTANTANEE- Il Canto del Pane. Daniel Varujan

armenia

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Il Canto del pane, del  poeta armeno Daniel Varujan, è il canto di un uomo ancora legato alla sua terra, terra madre naturalmente, in cui il riconoscimento di se stessi rimanda al ciclo celeste in una armoniosa reciprocità oggi impensabile. Nel Canto del pane la componente terrestre e quella celeste si richiamano vicendevolmente nel corpo dell’uomo, nelle relazioni che egli intreccia con gli altri e addirittura con Dio perché il poeta non sente distacco tra sé e  l’eternità ma percepisce con nitore questa come misura e dimensione di ogni componente dell’universo, come linfa essenziale e comune della vita.
Daniel Varujan, come molti altri armeni, subì il duro destino del suo popolo. Deportato, sulla strada del deserto si spense la sua voce, è noto per le liriche in cui storia di un popolo e il legame fortissimo con la terra che gli dà i natali, oltre che il sostentamento, sono gli elementi principali. Il suo Canto del pane, un poemetto epico-lirico in cui l’amore e il legame con la propria terra sono centrali, pare sia stato salvato strappandolo alla polizia turca che lo aveva requisito. Incompiuta come opera mostra al suo interno le note di una voce profonda  e perfetta, che non si spegne ancora in chi si dispone all’ascolto trovando nelle sue parole ciò che è legame e vincolo duraturo tra la terra e la sua gente, curando le ferite attraverso parole che sono acqua di sorgente, vento, cieli che si fanno semi, pane, appunto, per sfamare il desiderio di vita. Canta la vita, Varujan, non la morte, e la sua  è sempre una terra madre, che consola, genera e nutre, è essa stessa per prima pane e farina. In 30 poesie, il poeta armeno racconta la produzione e la lavorazione del pane, l’aratura dei campi , la semina, tutte le fasi che conducono alla trebbiatura attraverso le piogge di primavera, o le giornate di sole, fino al granaio e al mulino in cui la benedizione (Antasdan) rende sacro il pane. E la narrazione non è solo realistica ma ricca di metafore il cui principale significato è appunto il legame del popolo con la sua terra, luogo di riconoscimento identitario. La terra che il poeta vede è un essere femminino, un ventre generante ma anche una bocca e una voce che parla con voce lieve, leggera, voce che chiama i contadini come da radici profonde e dice chi essi sono come il seme nel solco. Lungo il corso del ciclo del pane, si dipana tutto il tempo della vita e  l’uomo cammina insieme alla natura poichè le stagioni scandiscono tutte le sue attività, le relazioni, gli affetti e gli amori. Nozze, religione, credi, regole, tutto trova la sua ragion d’essere in un ciclo dettato dalla natura e dalle stelle.
E così, avendo dormito un giorno sotto lo sfavillìo del cielo,/ i miei genitori contadini mi concepirono con tenerezza,/ mi concepirono fissando lassù i loro occhi buoni/ sulla più grande Stella, sulla Fiamma più splendente.
Ritualità del lavoro e dell’incontro in cui tutto ha il medesimo respiro sia che si tratti di legame amoroso e famigliare sia che si tratti di ciclo del lavoro facendo di entrambi una trasmissione di passaggio e di testimonianza del passaggio, di generazione in generazione
Il più grande genocidio compiuto nel Novecento, non solo in Armenia ma anche nel nostro paese,  è stato quello della classe contadina, ricordo Pasolini, Camon, ciò che venne reciso fu un legame saldissimo tra la gente e la terra di cui oggi, più di allora, paghiamo le durissime conseguenze.

fernanda ferraresso

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ararat

Ararat

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I fienili

Fienile di trifoglio, colmo di odori
di incenso, di hashish;
quando apro la tua porta
i tori dall’ampia fronte
muggiscono, infuriati,
spezzando il collare di cuoio.

Fienile di piselli, colmo di mille fiori
dall’odore di montagna;
quando porto i tuoi covoni nelle mangiatoie
cesta dopo cesta
il mio petto e il mio grembiule s’impregnano delle tue spezie
per giorni e giorni.

Fienile di paglia, colmo di sole
che guarda sul focolare;
dove distesa sul tuo tenero ammasso
partorisce la gatta,
tu che rendi d’argento il muso dei miei agnelli,
sii benedetto.

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Ritorno

Questa sera veniamo da voi, cantando un canto,
per il sentiero della luna,
o villaggi, villaggi;
nei vostri cortili
lasciate che ogni mastino si svegli,
e che le fonti di nuovo
nei secchi irrompano a ridere –
Per le vostre feste dai campi, vagliando
vi abbiamo portato con canti la rosa.

Questa sera veniamo da voi, cantando l’amore,
per il sentiero della montagna,
o capanne, capanne;
di fronte alle corna del bue
lasciate che infine si aprano le vostre porte,
che il forno fumi, che si incoronino
di un fumo azzurro i tetti –
Ecco a voi le spose con i nuovi germogli
hanno portato il latte con le brocche.

Questa sera veniamo da voi, cantando la speranza,
per il sentiero del campo,
o fienili, fienili;
tra le vostre buie pareti
lasciate che risplenda il nuovo sole,
sui tetti verdeggianti
lasciate che la luna setacci la farina –
Ecco vi abbiamo portato il fieno raccolto in covoni
la paglia con il dolce timo.

Questa sera veniamo da voi, cantando il pane,
per il sentiero dell’aia,
o granai, granai;
nell’oscurità del vostro seno immenso
lasciate che sorga il raggio della gioia;
la ragnatela sopra di voi
lasciate che sia come un velo d’argento;
poiché carri, file di carri vi hanno portato
il grano in mille sacchi.

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Daniel Varujan copertina

Daniel Varujan, Il Canto del Pane- Guerini e Associati 2004 (quinta edizione)

a cura di Antonia Arslan

4 Comments

  1. emozionata nel leggere un mondo che mia nonna, le sue sorelle, hanno amato raccontarmi col pane del loro lavoro insegnandomi il cielo in ogni seme e farina

  2. ho letto le poesie, che lasciano evidente il senso di appartenenza reciproca, di totale integrazione fra terra e umano. ho conosciuto quest’armonia, vivere a contatto con la terra, viverne la fatica e la sofferenza, e sentire di appartenere ad un mondo ricco di motivazioni, di significati.
    è la cultura originaria di ogni popolo, prima che il “progresso” cancelli la cultura contadina sostituendola con i valori finti e posticci di una industrializzazione evanescente, che lascia poi un deserto di valori.
    grazie di avermi fatto conoscere, in questo modo così coinvolgente, questo autore

  3. ci sono luoghi del nostro pianeta, e sono la maggior parte della terra, in cui l’agricoltura non ha avuto o sviluppo terrificante che ha avuto nella piccola percentuale tecnologicizzata.I ritmi sono i medesimi perché uguali sono rimasti i cicli che la terra compie nel cosmo, in realzione al quale tutto prende vita. Noi erroneamente crediamo che un pugnetto di formiche avide abbiano colonizzato il mondo, in realtà quel pugnetto di formiche obbliga il mondo a morire per i veleni cheintroduce in cielo acque e terra. f.f.

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