lawrence alma-tadema- le donne di amfissa
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Ho riflettuto a lungo su che cosa scrivere per questo numero di febbraio.
Celebrare San Valentino in ritardo, con un post d’argomento amoroso? No, non si celebra ex post. Allora, dato che il pezzo uscirà a ridosso dell’8 marzo, mi è venuta in mente una canzone di Chico Buarque, che mi gioco spesso come atout, essendo egli sia poeta sia cantautore.
Si chiama Mulheres de Atenas, “donne di Atene”, e quando uscì provocò polemiche perché Chico venne accusato di misoginia e maschilismo. Accusa paradossale per chi conosca la sua storia, ma si sa che l’ironia è un’arma a doppio taglio: se arriva, colpisce il bersaglio, ma se non arriva torna indietro e ferisce l’autore.
In questo caso, l’interpretazione avrebbe dovuto essere facilitata dal fatto che il co-autore è Augusto Boal, il grande regista brasiliano creatore del Teatro dell’oppresso. Per di più, la canzone fu composta per una pièce teatrale intitolata Liza, a mulher libertadora (titolo che, mi auguro, non ha bisogno di commento né di traduzione…). Venne scritta nel 1976, quando il Brasile era all’apice della feroce dittatura militare che tenne il potere dal 1964 al 1985.
La versione che vi propongo è cantata da Ney Matogrosso (nome d’arte di Ney de Souza Pereira), grande artista e meraviglioso folle, che fin da tempi non sospetti giocava con il gender-fluid e gli stereotipi di genere.
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Donne di Atene
Guardatevi nell’esempio
di quelle donne di Atene:
vivono per i loro mariti,
orgoglio e razza di Atene.
Quando sono amate, si profumano,
si bagnano nel latte, si acconciano
le chiome.
Quando vengono fustigate, non piangono:
si inginocchiano, chiedono, implorano
più dure pene,
catene.
Guardatevi nell’esempio
di quelle donne di Atene:
soffrono per i loro mariti,
potere e forza di Atene.
Quando essi si si imbarcano soldati
tessono lunghi ricami,
mille quarantene.
E quando tornano assetati
vogliono estorcere con la violenza
carezze piene,
oscene.
Guardatevi nell’esempio
di quelle donne di Atene:
si spogliano per i loro mariti,
bravi guerrieri di Atene.
Quando essi si riempiono di vino
sono soliti cercare l’affetto
di altre falene,
ma alla fine della notte, a pezzi,
quasi sempre tornano nelle braccia
delle loro piccole
Elene.
Guardatevi nell’esempio
di quelle donne di Atene:
generano per i loro mariti
i nuovi figli di Atene.
Non hanno gusto né volontà
né difetto né qualità,
hanno solo paura.
Non hanno sogni, hanno solo presagi:
i loro uomini, mari, naufragi,
belle sirene
brune.
Guardatevi nell’esempio
di quelle donne di Atene:
temono per i loro mariti,
eroi e amanti di Atene.
Le giovani vedove marchiate
e le gestanti abbandonate
non fanno scene:
vestono di nero, si fanno piccole,
si conformano e si raccolgono
nelle loro novene
serene.
Guardatevi nell’esempio
di quelle donne di Atene:
si prosciugano per i loro mariti,
orgoglio e razza di Atene.
Buon ascolto.
Sergio Pasquandrea