LAURADEILIBRI-Laura Bertolotti: Ricordo di Rosetta Loy

Rosetta Provera Loy se n’è andata. Nella sua vita da scrittrice ricevette numerosi  premi ma una velenosa stroncatura l’amareggiò molto.

Nata a Roma nel 1931, da padre piemontese e madre romana, crebbe in un’agiata famiglia borghese. Sappiamo della sua fanciullezza protetta, tra governanti tedesche e scuole private di religiose, e della sua giovinezza ribelle, perché ne ha lasciato traccia nei suoi libri non facendo mistero di preferire la memoria, la realtà e la storia alla fantasia.

In un’ intervista rilasciata nel 2016 ad Antonio Gnoli di LaRepubblica, affermò che la scrittura era sempre stata la sua attività prediletta:

Ti danna e ti salva.

Esordisce con il romanzo La bicicletta nel 1974 e vince subito il Premio Viareggio Opera Prima. Un romanzo corale che comprende una famiglia e tutti i soggetti che le ruotano attorno, ambientato in una casa di campagna, parla di adolescenza, o meglio, di persone che in qualche misura non escono mai da quella fase della vita. Si trova già in questo libro una caratteristica che accompagnerà tutta la sua scrittura, quello che Cesare Garboli definì un “tempo presentificato” ossia la narrazione al presente di fatti e sensazioni.

Ma il romanzo che le dà una piena notorietà è Le strade di polvere, del 1987, una sorta di saga familiare ambientata nel Monferrato tra la ultime battaglie napoleoniche e i primi vagiti dello stato italiano. Personaggi che restano impressi a partire dai loro nomi: il Pidrèn, la Limasa, lo Zuavo, Gavriel, la Luison, il Sacarlott.

La casa la fece costruire il Gran Masten alla fine del Settecento quando divenne un “particulare”, qualcuno che aveva terra di suo, buoi, mucche, galline e conigli, e tante moggia da avere bisogno di altre braccia. […] Nessuno ha mai saputo il vero nome del Gran Masten perché i registri parrocchiali andarono bruciati durante la prima guerra napoleonica, Certo era uno che si era arricchito tra l’andare e venire dei soldati, con il foraggio per i cavalli e il grano nascosto e rivenduto tre volte tanto.

Fortune e sfortune di una famiglia di agricoltori, di due sorelle innamorate dello stesso uomo che il caso della vita le fa sposare o non sposare, e poi morti, feriti, povertà e benessere, infanzia incompresa e vessata, il ricamo come arte, la religione che tutto vorrebbe governare.Un romanzo che stordisce per la girandola di storie e nomi che si succedono e tiene avvinti alla pagina.  Fece subito incetta di premi: Premio Campiello, Supercampiello, Viareggio, Città di Catanzaro, Premio Rapallo e Premio Montecucco.

Eppure Enzo Golino ne sottolineò la  «sciatteria tautologica» e i «residui dialettali francamente brutti» in un «romanzo senza ritmo […] immobile» e ad «effetto melassa».

Un giudizio che cadde come una mannaia sul romanzo, non rendendo giustizia né alla lingua né all’impianto dell’opera e procurò un grande dispiacere all’autrice.

Nella sua autobiografia, Forse, del 2016, Rosetta Loy, che pubblicò tutti suoi libri sempre e solo con il cognome maritale, racconta di essere fuggita da quel  mondo ovattato al quale la spingevano i suoi natali borghesi: le feste, le vacanze, i viaggi, la nobiltà romana, e  di aver scelto un uomo povero ma bello, intelligente e lontano dalle aspettative della sua famiglia. Infatti il padre, un facoltoso costruttore, si frappose tenacemente tra loro, chiese e impose tempo per maturare la loro scelta, ma i due giovani riuscirono infine a sposarsi, dopo sei lunghi anni di frequentazione.

L’uomo era Beppe Loy, fratello del famoso regista, di una nobile famiglia spagnola decaduta, anche lui trovò lavoro nel cinema nonostante la laurea in legge. Invece Rosetta, che l’autista di famiglia chiamava Donna Rosa, non si laureò mai pur frequentando un corso di studi cinematografici.

Fecero il viaggio di nozze al Sud, su una Seicento acquistata con i primi proventi di Beppe e si stabilirono poi a Roma in un appartamento ricavato in un’ala del palazzo di lei, prima di trasferirsi in campagna, nella loro vera casa. Ebbero quattro figli e Rosetta ebbe a dire che aveva amato solo due uomini nella sua vita, lui e Cesare Garboli, che un poco si sovrappose a Beppe, deceduto nel 1981.

Rosetta restò legata a Cesare fino alla morte avvenuta nel 2004, e gli dedicò la sua ultima opera, Cesare, pubblicata nel 2018, tra narrativa e saggio, una formula  già usata in altri suoi libri come La parola ebreo, del 1997, che le valse i premi Fregene e Donna scrittrice Rapallo-Carige nel 1998.

La parola ebreo fu definito una memoria personale o una confessione, racconta di una Roma tra fascismo trionfante e resistenza spicciola, inconsapevole e insufficiente. Emerge tra le righe, insieme alla sostanziale indifferenza della borghesia, anche la responsabilità di una Chiesa che non prese posizione di fronte a una grande tragedia. In chiusura del libro, Loy scrive:

Brucia dirlo, ma un orlo nero segna i nostri giorni incolpevoli, senza memoria e senza storia.

Questo libro segue il romanzo Cioccolata da Hanselmann, del 1995, anch’esso sul tema Olocausto ma focalizzato sui risvolti personali dei personaggi mentre la vicenda storica resta sullo sfondo. Ambientato tra  Svizzera e Roma, mostra persone che cercano di sopravvivere tra finzione, amore e tragedia. Realistico, disegna la geografia dei sentimenti senza fronzoli e consegna ritratti umani indimenticabili.

Nel 2017 a Loy è stato conferito il Premio Fondazione Campiello alla carriera, ultimo tra i numerosi riconoscimenti ricevuti,  ma non si può tacere che tutti i  libri di questa autrice, anche se ormai lontani dalle top ten di vendita, sarebbero da riscoprire come tesori.

Rosetta Loy si è spenta nella sua casa alle porte di Roma il 1 ottobre e per sua volontà è stata sepolta nella tomba di famiglia, a Mirabello, in quelle terre monferrine dove c’è ancora la vecchia casa parentale a cui ritornò sempre, nei luoghi in cui aveva ambientato il suo Le strade di polvere.

Laura Bertolotti

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loi thai

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NOTA AL TESTO

Tra i suoi libri sono stati scelti:

La bicicletta, Einaudi, 1974.

Le strade di polvere, Einaudi, 1987.

Forse, Einaudi, 2016.

Cesare, Einaudi, 2018.

La parola ebreo, Einaudi, 1997.

Cioccolata da Hanselmann, Rizzoli, 1995.

 

 

 

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