apollo che offre libagioni suonando la lira
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Siamo arrivati, se i conti non mi ingannano, alla cinquantesima puntata di questa rubrica. Per celebrare la ricorrenza, vorrei tornare alle fonti stesse della musica.
La musica dell’antica Grecia è la più remota che possiamo ricostruire con una qualche accettabile precisione. “Non tutti sanno che…” (per citare la Settimana enigmistica) i Greci avevano già elaborato un sistema di notazione musicale: non sofisticato come quello attuale, ma sufficiente per codificare almeno le altezze delle note, che venivano indicate con le lettera dell’alfabeto, come del resto si fa ancor oggi nei paesi anglosassoni (A per il La, B per il Si, e così via). Ne sono stati trovati diversi esempi in iscrizioni e papiri, purtroppo tutti risalenti a un periodo piuttosto tardo, ellenistico o romano. Il ritmo non veniva trascritto, ma si può desumere facilmente dalla metrica del testo (perché si tratta sempre di testi cantati, non di musica puramente strumentale). Gli aspetti esecutivi si ricavano dalle fonti letterarie e iconografiche.
Ovviamente, tutto è congetturale, ça va sans dire, e probabilmente un viaggio a ritroso nella Grecia antica riserverebbe ai ricercatori un bel po’ di sorprese.
Un punto dolente è il tempo. La maggior parte delle esecuzioni parte dal presupposto che gli antichi greci fossero immobili come bassorilievi, solenni come statue e pazienti come gimnosofisti. E allora giù con tempi dilatati, lentissimi, al limite del sostenibile. Per fortuna non tutte: alcuni esecutori scelgono tempi più umani e ritmi più vivaci. Un esempio è questo gruppo di ricercatori britannici dell’Università di Oxford (il video è inglese, ma si possono attivare i sottotitoli in italiano).
Il brano che oggi vi propongo è il primo Inno Delfico, il più lungo esempio di musica greca pervenutoci, ritrovato nel 1893 dall’archeologo francese Théophile Homolle su una lastra di pietra, presso il tempo di Apollo a Delfi, sul muro esterno del Tesoro degli Ateniesi. Databile al 127 a.C., riporta come autore Athénaios figlio di Athénaios, cantore e direttore del coro; la terza strofa, pervenutaci frammentaria, fa riferimento alle invasioni celtiche del 280 a. C., che si fermarono proprio davanti all’oracolo di Delfi, senza saccheggiarlo.
Di seguito il testo e la musica. Lo strumento che accompagna la voce è l’aulòs (o, più precisamente, il diaulos), che spesso viene descritto erroneamente come un “doppio flauto”, mentre si tratta di uno strumento ad ancia, simile all’oboe, dal suono acuto e penetrante.
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le prime due strofe del primo inno delfico, con notazione musicale
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Inno ad Apollo (Athenaios, II secolo a.C.)
Ascoltate, voi il cui dominio
è l’Elicona dalle foreste profonde,
tuonanti figlie di Zeus dalle braccia chiare:
venite con canzoni per celebrare vostro fratello,
Febo dai capelli d’oro,
che ascendendo le cime gemelle del Parnaso,
accompagnato dalle celebri fanciulle delfiche,
viene alle acque fluenti della sorgente Castalia,
mentre visita Delfi, il suo oracolo della montagna.
Ecco, l’Attica, famosa per la sua grande città,
è qui in preghiera,
lei che occupa le terre inconquistate
della tritonia dea portatrice di armi.
Sugli altari sacri Efesto brucia le cosce dei giovani tori
mentre il fumo d’incensi arabi sale verso l’Olimpo.
L’aulos dalla voce chiara
intreccia una canzone con note brillanti
e la dorata kithara dalla voce soave
innalza il canto di lode.
Tutta la schiera di artisti attici
glorifica te, figlio del grande Zeus,
che ti ha dato le balze innevate
dove oracoli immortali e veritieri
riveli a tutti i mortali.
Noi cantiamo di come tu prendesti
il tripode della profezia
che il grande serpente sorvegliava,
quando uccidesti quella progenie della Terra
dalle spire scintillanti
e la bestia, emettendo molti orridi sibili,
finalmente spirò.
Perciò l’armata barbarica dei Galli,
che empiamente invase questa terra,
perì in rivoli di neve fusa. […]
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Buon ascolto.
Sergio Pasquandrea