p .p. rubens- j.brueghel il vecchio, il senso dell’olfatto (particolare)*

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“Quando la savana la foresta la palude erano una rete d’odori e correvamo a testa bassa senza perdere il contatto col terreno aiutandoci con le mani e col naso a trovare la strada, e tutto quello che dovevamo capire lo capivamo col naso prima che con gli occhi, il mammuth il porcospino la cipolla la siccità la pioggia sono per prima cosa odori che si staccano da altri odori, il cibo il non cibo il nostro nemico la caverna il pericolo, tutto lo si sente prima col naso, tutto è nel naso, il mondo è naso”. (“Il nome, il naso” da I. Calvino “Sotto il sole giaguaro”)
Come quei nostri progenitori, magistralmente descritti da Calvino, Luigi Cristiano e Gianni De Martino nel loro “Viaggi e profumi” inseguono piste di odori e in tal modo guidano il lettore verso un tempo sacro e arcaico, lontano dalla fretta e dai miasmi in cui le nostre vite, sempre di corsa, scaricano le ansie, un tempo a cui sentiamo profondamente di appartenere e che attraverso l’olfatto si rivela. Luigi Cristiano, un erborista o “un piccolo naso”, come lui stesso si definisce, e Gianni De Martino, un antropologo dei sensi che a lungo è vissuto in Marocco, uniscono le loro passioni e competenze tracciando una mappa geografica del mondo in base a essenze odorose. Del loro viaggio darò un breve assaggio, ripercorrendo a sommi capi le tappe che più mi hanno ispirato.
LA ROSA DEL DADES
A 300 km da Marrakech, a 1500 m di altezza, fra le nevi dell’Atlante incombente e il torrido sole del Sahara, si coltiva la rosa del Dades. Nella fabbrica a El Kelaa des Mgouna, che sembra un’antica fortezza, per un mese all’anno giovani operai smuovono a bracciate mucchi di petali, quasi ebbri di profumo, intonando canti in nome di Allah. Qui, in effetti, fin dagli anni Trenta, industriali e profumieri francesi iniziarono a valorizzare la rosa berbera che, si racconta, allontani il malocchio, il mal di testa e altri malanni. Si favoleggia così del “francese” che a fine maggio se ne va portando in una valigetta tutta l’essenza di tonnellate e tonnellate di fiori.
LA LILA di ESSAOUIRA
A Essaouira sulla costa atlantica, si svolge di notte la Lila (in arabo layla significa notte). La Lila è un rito di possessione collettiva praticato dalle antiche famiglie degli Gnawa marocchini, discendenti degli schiavi neri originari delle regioni subsahariane. Fondamentale nella cerimonia è l’incenso di cui vengono utilizzate sette varietà diverse, in una successione rituale legata ogni volta a un colore particolare, in favore dei Dijin, gli spiriti evocati che, senza profumo, non si manifestano: solo gli incensi possono fare uscire i “geni dall’altare e farli entrare nel corpo”.
Fu la Lila ad attirare alla fine degli anni Sessanta Jimi Hendrix che viaggiava alla ricerca delle sue radici africane. Dopo di lui i Rolling Stones e nel 1969 arrivò qui anche il Living Theatre. E poi Nash & Young, Leonard Cohen, Cat Stevens e Frank Zappa.
LA ROSA DAMASCENA DI ISPARTA
Questa varietà di rosa, che porta nel nome la città di provenienza, sembra sia stata importata in Europa dai Crociati. Ci sono solo due luoghi sulla terra dove può essere coltivata: la valle di Isparta in Turchia e la valle di Kazanlik (che significa “paese dell’alambicco”) in Bulgaria. In Turchia a Isparta, a 1049 metri di altezza, tra le montagne innevate di Taurus si trova la Ticaret, la fabbrica dove per un mese arrivano di continuo camion colmi di petali raccolti soprattutto da donne, tra le cinque e le nove del mattino. L’erborista, dopo aver annusato l’assoluta di rose da una piccola bottiglia in vetro opacizzato dal tappo smerigliato, chiusa con cura all’interno di un armadietto chiuso a chiave, scrive che “aspirare quel profumo è come una folgorazione, come sentire concretamente – per un attimo che sembra dilatarsi infinitamente – il respiro e il fiato della più antica nobiltà terrestre”. 1.400 fiori sono necessari per ottenere 1 grammo di prezioso olio essenziale che rappresenta il distillato naturale di rosa. Per ottenere 1 chilo di olio essenziale servono 3 tonnellate di rose.
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p .p. rubens- j.brueghel il vecchio, il senso dell’olfatto (particolare)*

IL GIARDINO PROFUMATO DEGLI ARABI
Il processo della distillazione, forse già conosciuto nella valle dell’Indo, viene introdotto in Europa dagli Arabi nel IX s. d.C. Il profumo antico differisce da quello moderno, per la sua base costituita da grasso animale e olio vegetale, da cui il nome latino unguentum.
Grazie alla civilizzazione ispano-musulmana si diffusero anche nuovi aromi importati dall’Oriente. Così al gelsomino, alla rosa, al mirto, al timo, al garofano, alla violetta, al rosmarino, la palette delle fragranze dell’universo medievale, si aggiunsero l’ambra, il muschio, l’incenso, la cannella, il benzoino e i legni odorosi come l’aloe e il sandalo che profumavano le moschee.
Cheikh An Nefzaoui nel suo trattato di erotologia “Il Giardino profumato” composto per il sultano di Tunisi fra il 1410 e il 1434 scrive che “l’atto di profumare è un’arma essenziale di seduzione, e nello stesso tempo un atto di offerta, di purificazione del corpo, dei vestiti e degli spazi domestici, oltre che un modo per sacralizzare gli spazi”.
BALSAMARI E PROFUMI DELLA BIBBIA
Mirra, incenso, balsamo di Giudea, cassia, nardo, galbano, bdellio, cinnamomo, aloe sono solo alcune delle sostanze aromatiche che ricorrono nei Sacri Libri. Sacchetti di erbe aromatiche vengono portati addosso o messi tra le vesti di personaggi biblici, vengono usati olii profumati per l’unzione sacra, profumi da bruciare e soprattutto incenso: la nube aromatica manifesta per i Giudei la presenza e la gloria dell’eterno.
In ebraico b’saamin designa le spezie e bosem significa appunto “profumo”. Besamim sono le scatoline, spesso a forma di torre, contenenti incenso e cardamomo, cannella, chiodi di garofano che vengono passati di mano in mano e annusati nel rito ebraico della Havdalah al termine dello Shabbat. Annusare queste spezie profumate è un piccolo compenso per lo spirito dello Shabbat che se ne va. Finito il giorno di festa, ne resta il profumo.
LA VANIGLIA, PICCOLA VAGINA.
In spagnolo vainilla è il diminutivo di “vaina”, ovvero “vagina”: gli Spagnoli – forse colpiti dalla forma di tromba del fiore di colore bianco all’interno, all’esterno di colore giallo e verde – nascosero un significato erotico nel nome della pianta che solo in Messico poteva crescere, grazie all’intervento di insetti che esistono solo in America Centrale. All’inizio del XVI secolo, non c’era corte o convento in Europa che non conoscesse la combinazione cacao-vaniglia esportata dalla Nuova Spagna, assortita con l’aggiunta di anice o cannella.
Solo in seguito alla scoperta dell’impollinazione artificiale, nel 1836, il Messico perse l’esclusività della produzione di vaniglia. Oggi Madagascar e Indonesia sono diventati i maggiori produttori mondiali. Ma il Messico occupa nondimeno un posto fondamentale nella carta della geografia degli odori: è infatti il luogo d’origine di tutte le specie di vaniglia fragrante che furono diffuse nelle colonie tropicali possedute dagli Stati europei. Secondo la leggenda, la vaniglia, che appartiene alla famiglia delle orchidacee, nasce dal sangue di una sacerdotessa: rapita da un principe fu poi decapitata, assieme al suo amante, dai sacerdoti del tempio.
Con il profumo di vaniglia che nasce da un sangue reale chiudo questo assaggio di un libro che inseguendo i profumi porta a scoprire luoghi e storie piene di fascino e ci racconta i valori di un mondo, le sue reti di relazioni e sopraffazioni solo attraverso l’olfatto, senso così negletto, forse proprio perché, diversamente dalla vista, non si lascia ingannare. “L’odore subito ti dice senza sbagli quel che ti serve di sapere, non ci sono parole né notizie più precise di quelle che riceve il naso”. Sempre I. Calvino. Lo stesso racconto.
Adriana Ferrarini
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*NOTA ALLE IMMAGINE
Il Museo del Prado di Madrid ha ospitato nei mesi appena trascorsi una piccola mostra: “L’essenza di un quadro. Un’esposizione olfattiva””. Al centro il dipinto “Senso dell’olfatto”, di Jan Brueghel il Vecchio e Peter Paul Rubens (1617-1618) di cui ha ricreato gli odori rappresentati. Oltre alle fragranze di sette fiori, tra cui narcisi, fiori d’arancio, gelsomini e nardo, i visitatori hanno potuto annusare anche l’odore dello zibetto, l’essenza che si ricava dalle ghiandole del piccolo mammifero e compariva in tutte le composizioni dei profumi del Cinquecento e Seicento, come fissante per permettere alle altre fragranze di restare più a lungo sulla pelle. In questo caso l’odore «piuttosto cattivo e penetrante» non è stato ricavato dall’animale ma riprodotto in modo sintetico.
Nota sugli autori
Luigi Cristiano, nato a Torre Annunziata, vive e lavora a Milano come erborista, fitopreparatore e creatore di profumi. È redattore della rivista “Erboristeria Domani” e autore di La nota gradevole. Storia naturale del profumo (Studio Edizioni, 2001). Per Urra ha pubblicato: Viaggi e profumi (con Gianni De Martino, 2007), Prontuario per il corretto uso delle Piante Officinali (con Pedro Benjamin, 2008) e Piante cosmetiche (2011)
Gianni De Martino, giornalista e scrittore, vive e lavora a Milano. È autore, fra l’altro, di Marocco. Nordafrica. Una guida diversa per viaggiare differente (Arcana, 1975), Hotel Oasis (Mondadori, 1988), I Capelloni (Castelvecchi, 1997) e, per Urra, di Odori. Entrare in contatto con il quinto senso (1997, 2006). Sempre per Urra, ha curato L’interprete delle passioni, di Ibn Arabi (con Roberto Rossi Testa; 2008), Prontuario per il corretto uso della piante officinali, di Pedro Benjamin e Luigi Cristiani (2008) e Dallo sciamano al raver di Georges Lapassade (2008).

Luigi Cristiano, Gianni De Martino, Viaggi e profumi – ANIMAMUNDI Edizioni 2022