
Ernst HeinrichHaeckel, Kunstformen der Natur.
Penso a quelle due minuscole creature intrappolate fino alla morte in un torre di vetro, un merletto prezioso affondato nel buio dell’oceano. Qualcosa come 5000 metri di profondità. Penso all’enorme pressione che quella torre merlettata, alta meno di un braccio, deve sopportare. A tutto quel buio. Aggrappata alle sabbie la torre traforata ondeggia appena. Le sue maglie sono così forti che le sbarre di una prigione sono aria al confronto. Al suo interno la coppia di crostacei, un maschio e una femmina, due gamberetti. Vi sono entrati da giovani per sentirsi protetti e generare: i fori erano larghi, loro piccoli. Così sono rimasti intrappolati in questa gabbia di filigrana semitrasparente, detta Cestello di Venere. Ne escono a ondate le loro larve.
Penso a queste torri, il cui nome scientifico è Euplectella, ben intrecciati, ci dice la parola greca, Aspergillum, specifica il latino, alludendo agli aspersori usati dai sacerdoti per l’acqua benedetta. Sono spugne, forse gli animali più antichi del pianeta: lo popolano da un’epoca tanto lontana che nemmeno esistevano i continenti attuali, solo un unico vasto Oceano. Fatte di silice, pare che nel buio più profondo si illuminino, come alberelli di Natale, per attirare le prede.
Penso a tutte le case di vetro, fantastici grattacieli, architetture vertiginose che crescono d’anno in anno sempre più alte e più numerose, per una legge loro interna o una volontà insondabile e feroce, penso al brillare di luci delle grandi metropoli. A tutto il buio intorno dell’universo. Al senso e alla bellezza di tutto questo. E al lavoro minuzioso di quanti, in quelle torri di cristallo e acciaio, o anche in piccole case nel verde, davanti a uno schermo azzurrino generano pixel, parole, sequenze di numeri, stringhe, perché quello è il loro lavoro, metterne al mondo di nuovi – pixel, parole, sequenze, stringhe – che escano dalle maglie di vetro di quelle torri di cristallo in cui si attardano, uomini e donne, fino a notte inoltrata, per pazienza e ambizione, per l’orgasmo di fare uscire nuove larve da quelle torri di cristallo in cui sono intrappolati, inconsapevoli, fino a notte tarda.
Che vertigine.
Adriana Ferrarini
Molto interessante!
Dovremmo riflettere sulle nostre origini e diventare più empatici anziché farci la guerra per quattro piccole cose materiali…
Siamo tutti parte dello stesso Universo!
Belle riflessioni!