giovanni anzalone- due ma non due
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Orientarsi nel multiverso dell’arte digitale permette d’indagare nelle pieghe più recondite dell’immagine, lì dove questa si fa logos. Le opere prodotte con questa tecnica sono dominate da chiaroscuri, illuminate da lampi di luce, immerse in oscurità luminose e permettono spedizioni verso i territori del profondo, in una sorta di catabasi conoscitiva.
E’ questo l’esercizio di ragionata follia cui si dedica da anni Giovanni Anzalone, viaggiatore stanziale che lavora assiduamente intorno all’immagine.
Del resto, ogni viaggio non è altro che viaggio ctonio e come tale riporta alla luce elementi appartenenti alla dimensione del rimosso.
Queste immagini insepolte si agitano, in un continuo processo metamorfico, come larve numinose che anelano a divenire altro.
Punti di riferimento imprescindibili per il suo lavoro, sono le opere del critico e storico dell’arte tedesco Aby Warburg e dell’islamista e storico della filosofia Henry Corbin: il pensiero di questi due autori impregna la sua visione.
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giovanni anzalone- ercole fenicio incatena cerbero
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L’arte e la ricerca di Giovanni Anzalone, provengono da un processo conoscitivo e esperienziale che gli deriva dalla sua formazione polimorfa: attore, artista, filosofo, inesausto ricercatore di pluriversi. Nella sua produzione digitale, compare evidente la consapevolezza mnestica di chi ha attraversato vari stadi e condizioni: l’arte è uno strumento potentissimo per esorcizzare l’angoscia tramite il simbolo. L’Artista è consapevole che gli strati arcaici della psiche non si possono mai sconfiggere definitivamente, ma ritornano sotto mentite spoglie. E’ così che la creazione si nutre delle energie più oscure dell’esistenza, in cui l’uomo rimane invischiato anche lì dove apparentemente si realizza un equilibrio precario. Le onde mnestiche del passato ritornano sempre e lo sguardo è pronto ad accoglierle.
Come afferma Galimberti, il sacro, (come l’arte) è prodotto della contaminazione di tutti i codici, è il canale in cui si convoglia la nostra follia. Il sacro (come l’arte) è il luogo di contaminazione dei contrari, dove abita il mistero nella sua verità occulta. Lo sanno bene autori che hanno scandagliato e distorto l’immagine, come Pablo Picasso, Francis Bacon, Jean Michel Basquiat, Willem de Kooning, Emilio Vedova i quali nel dissacrare i parametri artistici riconosciuti, ne hanno creati di nuovi.
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giovanni anzalone- mlaika principe delle milizie celesti
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Giovanni Anzalone mostra di trovarsi perfettamente a suo agio dentro il sacro, luogo di non paradigmi né spaziali, né temporali e neanche causali.
Nelle opere digitali di Giovanni Anzalone è presente anche la lezione dei Tenebrosi veneziani e quella di Goya, Caravaggio, El Greco, ma anche della Pittura Fiamminga, di quanti hanno saputo scardinare le categorie estetiche e stilistiche per approdare a nuove forme espressive.
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giovanni anzalone- il ratto di Kore
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La sua produzione è influenzata anche da quel patrimonio di miti e saperi arcaici che gli deriva dal territorio siciliano in cui è nato e dove opera. Accoglitore del pensiero di Gorgia e di Manlio Sgalambro, entrambi suoi conterranei, ma anche del notaro Giacomo da Lentini, e perciò filosofo e rapsodo, attraverso le sue elaborazioni digitali proietta scenari affollati di presenze, densi d’immagini che si sfaldano rivelando le loro potenzialità nascoste. Moltitudini inquiete e turbinanti, danze tribali africane che si moltiplicano, composizioni ieratiche che si cristallizzano in altre combinazioni rivelano come la sua ricerca artistica sia una sorta di Trasformazione Alchemica incessante, al pari del processo conoscitivo.
Lucia Guidorizzi
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Giovanni Anzalone è nato a Carlentini in provincia di Siracusa nel 1948, ha studiato regia teatrale al Dams di Bologna. A partire dagli anni ’90 fa parte del Teatro Stabile di Catania. Ha lavorato con i più prestigiosi attori del Teatro Italiano. Da anni si dedica all’Arte Digitale.
commento pertinente e curioso stimolo alle parole usate
grazie sono opere che mettono in moto i mondi immaginali