ISTANTANEE- Maria Grazia Palazzo: A proposito di “Zebù bambino” di Davide Cortese

roberto montemurro

 

Il testo poetico è collocato dalla casa editrice all’interno della Collana “Deserti luoghi” che evoca già la temperie della raccolta, un po’ sufi, un po’ orfica, come se si dipanasse da un ‘luogo non luogo’ che è esperimento di esistenza e di vissuto interiore insieme.

Sin dalla prima lettura il testo cattura, conduce in un’altrove’ o in un già e non ancora, in cui il lettore, anche il meno attrezzato, è posto nella condizione di immedesimarsi nell’azione poietica, invitato ad immergersi dentro la sua era innocente, nel mito genesiaco della caduta, nella finzione di una redenzione mai compiuta del tutto. Il componimento poematico si srotola con eleganza e levità, già dalla prima frame. Per compattezza e densità lo si può immaginare corredato di immagini e musica, organizzato come un piccolo congegno, a immagini semoventi, un piccolo caleidoscopio colorato, una giostrina intagliata e decorata a mano, una miniatura di una ricchezza antica e moderna, da cui sembrano fuoriuscire le note di un carillon. Già dalle prime righe o dalle prime note si apre al lettore un tempo senza tempo.

Scoccano insieme

la mezzanotte e il mezzogiorno.

È l’ora di un eterno crepuscolo.

Tutto Zebù bambino si apre d’incanto in un gioco di dualità che sembrano guardarsi negli occhi, accarezzarsi, affiancarsi, farsi lo sgambetto. Come se due mimi o due danzatori facessero piano segnali simmetrici a incastro o pronunciassero metà delle parole che toccherà all’altro completare, anche solo con lo sguardo o in un linguaggio ventriloquo. Ho immaginato per Zebù bambino un balletto di Pina Bausch, l’eco della sua poetica, di una teatralità fatta di corpi, di materia, di colore, di pathos.

Due miei volti si specchiano

nelle ginocchia sbucciate

del demone bambino.

Davide Cortese, classe 1974, dedica questa raccolta all’amico, nonché suo primo lettore ed estimatore, prematuramente scomparso, il poeta Gabriele Galloni che per Zebù bambino aveva avuto parole di grandissimo apprezzamento, definendolo un capolavoro.

Cortese non è certamente nuovo alla scrittura, ma in queste 21 filastrocche tocca un vertice lirico notevole, con una scrittura fluida, intensa, leggera e provocatoria. Nato nell’isola di Lipari nel 1974, laureato a Messina in Lettere, vive a Roma, dove lavora nella scuola come educatore per l’autonomia, dei ragazzi diversamente abili. 

Zebù bambino evoca evidentemente Gesù bambino ma anche l’inestricabile relazione con l’indicibile, con il male, il dissacrante, sciorinando in una sorta di divertissement, la commistione di sacro e profano, in un gioco metamorfico di luci e ombre, di forme dissonanti, di una potente e umanissima attesa di felicità. Tutto sembra trasfigurare.

 

Ali nere d’angelo randagio

ha sul dorso Zebù bambino

A dadi inganna il tempo malvagio

il signor Mefistofele piccino.

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roberto montemurro

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Si avverte come una saturazione di sentimenti e di pensieri, l’abbandono ad una sorta di vitalismo giocoso e camaleontico, quasi a ricordare al lettore di non peccare mai di ingenuo e ridicolo manicheismo, di abbandonarsi al suo destino mortale e alla bellezza della imperfezione. Vi è infatti nelle immagini che la poesia di Cortese riesce a disegnare una sorta di vitalismo dolce, una malinconia intellettuale, arresa alle turbolenze del mondo, o comunque immersa in un pacato disincanto. Polarità opposte perfettamente contenute in una poesia che sa esprimere il mistero della soglia ed evocare cammini tra le rovine di Occidente. Forse il segno più mirabolante e sobrio di questa invenzione è lo spostamento di sguardo ad Oriente, una spiritualità incarnata nel punto in cui la vita è chiamata a farsi vita, così com’è, senza censura, in una sorta di incessante attesa di felicità quotidiana, in un viaggio senza giudizio, senza pregiudizio, senza bandiera o sconfinando ogni frontiera ideologica. In questo senso la lettura di quest’opera sembra richiamare nel lettore la crudele imperfezione e la fattibilità dell’umano per averne tenerezza, compassione, piena consapevolezza e accoglienza. Un recupero di sguardo sull’umano di cui la collettività ha disperato bisogno.

 

Accende mille fiammiferi nella notte 

Si brucia il ciuffo e le scarpe rotte. 

Brucia un nome scritto su una nave. 

Brucia la porta per far cadere la chiave

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roberto montemurro

 

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Perché evidentemente è nel potere umano il viaggio nella notte, accendere fuochi anche fatui, perdersi, disperdersi, distruggere, distruggersi. Certamente, sembra dire il poeta, al di là di ogni apparenza e di ogni esibita ricchezza o possesso, il mistero resta mistero e mai potrà spegnersi la sete del viaggio, del misurarsi con la propria condizione di solitudine, di fragile effimera esistenza al mondo. Come nasce l’ispirazione di Zebù bambino? Difficile per un poeta spiegare. Di certo vi è un gioco di reminiscenze, di rimandi e di contaminazioni dell’immaginale sacro e profano, in un linguaggio sapiente, giocoso, misurato che sa tenere insieme, su un filo da vero equilibrista, vari livelli di lettura. Anche le parole scelte evocano scenari del mito e i topoi della letteratura millenaria di culture mesopotamiche e grecolatine. Si allude alla figurazione di due angeli e a ciò che si sottrae alla dialettica, perché Zebù è angelo bambino che ha ali da angelo randagio. Emerge la dimensione desiderante, della conoscenza, dell’attraversamento di mondi. 

Auguriamo felice e lunga navigazione alla scrittura di Davide Cortese che in questa opera di poesia quasi esoterica sembra voler invitare il lettore a dimorare in quel gioco della esistenza, col suo mistero, a contemplare la dimensione della illusione, disillusione, della corporeità e della spiritualità, da sempre tramandati come in conflitto, per riscoprire una linea continua, anche a nostra insaputa. Quella vita che appare e scompare, per emersioni e immersioni, cuciture e strappi e che la poesia sa suggerire, può forse aiutarci a sottrarre peso alla esistenza e lasciare che sia la vita stessa a farsi, trasformarsi, trasformarci, oltre ogni ingombro o previsione di esito, oltre ogni fatica o attesa.

Il testo è corredato da una post fazione molto preziosa e interessante, intitolata Factum loquendi. Strumentario «per vedere il buio pesto» di Mattia Tarantino.

 

Maria Grazia Palazzo


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NOTE SULL’AUTORE

Davide Cortese è nato nell’ isola di Lipari nel 1974 e vive a Roma. Si è laureato in Lettere moderne all’Università degli Studi di Messina con una tesi sulle “Figure meravigliose nelle credenze popolari eoliane”. Nel 1998 ha pubblicato la sua prima silloge poetica, titolata “ES” (Edas, Messina), alla quale sono seguite le sillogi: “Babylon Guest House” (Libroitaliano, Ragusa, 2004), “Storie del bimbo ciliegia” (un’autoproduzione del 2008), “ANUDA” (Aletti Editore, Roma, 2011) e “OSSARIO” (Arduino Sacco Editore, Roma, 2012).
I suoi versi sono inclusi nelle antologie “200 giovani poeti europei in nove lingue” (Edizioni CIAS, CLUB UNESCO), “Poliantea” (Edizioni Mazzotta), “A cuore aperto” (Accadueo) e in varie riviste cartacee e on line, e nel 2004 sono stati protagonisti del “Poetry Arcade” di Post Alley, a Seattle. Davide Cortese è anche autore di una raccolta di racconti: “Ikebana degli attimi” ( L’Autore Libri, Firenze, 2005) e di un cortometraggio: “Mahara”( 2004), che è stato premiato dal Maestro Ettore Scola alla prima edizione di EOLIE IN VIDEO.

 

 Davide Cortese, Zebù bambino – Terra d’Ulivi 2021

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