PASSAGGI CON FIGURE – Elianda Cazzorla: La lente scura

 ellerslie77

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Quel che più mi impressiona, lasciandomi sospesa, a volte nel timore e altre nella gioia, sono le coincidenze. Perché sfuggono al controllo razionale e sono mistero. A volte mi chiedo se posso chiamarle sincronicità, situazioni in cui due eventi che sono distanti nello spazio accadono nello stesso momento e hanno qualcosa in comune. Uno stato emotivo dentro l’individuo e un fuori, nella realtà, legati da un simbolo che è archetipo. Potrebbe essere semplice sincronia? Forse. Non so se sono nel giusto se pronuncio la parola sincronicità di stampo junghiano, mentre sto per raccontare ciò che mi è successo.

Ero nell’officina di un ciclista in via Palestro, lui stava riparando la ruota anteriore della mia bici. Lo osservavo agire con disinvoltura, invidiando la sua sicurezza. Quando si fermò per prendere uno straccio e pulirsi le mani nere di grasso, mi disse che la ruota posteriore aveva qualcosa che non lo convinceva.

– Vuole che controlliamo?

– Ho fretta.

– Impiego due minuti. È necessario.

Guardo l’orologio ore 8.55. Anche stavolta sarò in ritardo, penso. Lui, intanto, con tre colpi di leva, scosta il copertone dal cerchione dall’alluminio e tira fuori la camera d’aria. Controlla con le sue dita esperte ripercorrendo il tubolare come se tastasse una cosa viva. Si ferma.

– Vede ha una bolla. È meglio sostituirla. Altrimenti si ritrova a terra. E il giro dei Colli è lungo, più di sessanta km.

– Non lo faccio tutto. Ho poco tempo.

– Meglio sostituirla.

Acconsento.

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museo del ciclismo gino bartali: http://www.ciclomuseo-bartali.it

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Nell’attesa guardo un manifesto fissato al muro con quattro puntine. Tour de France, Fausto Coppi e Gino Bartali si passano la borraccia. I visi stravolti dalla sofferenza dello sforzo. Il corpo dice quel che passa per l’anima. Ettore e Achille alla conquista di una vetta. “Colle del Galibier 1952”, dice la didascalia. Non ero ancora nata eppure è come se l’avessi sempre vista quella foto dello scambio amicale tra due nemici. Sto per perdermi nelle suggestioni. Il ciclista ha quasi rimesso il copertone nel suo alloggiamento e squilla il mio telefono. Non riesco a pronunciare nessuna parola, solo un ciao a metà: ci… e cado per terra. Lei è svenuta mi dirà alcuni minuti dopo la madre del ciclista. Riprendo conoscenza e mi ritrovo seduta sui copertoni. Non capisco dove sono. Chiudo gli occhi. Il cuore batte all’impazzata. Mi porgono un bicchiere d’acqua, stia calma, qualcuno ripete, stia calma, un semplice abbassamento di pressione. Possiamo chiamare qualcuno che la venga a prendere? Signora cosa è successo? Non può andare via in bici da sola. Provo a parlare, non riesco, balbetto. Mi alzo, mi risiedo. Raccolgo il cellulare. Mi alzo, mi risiedo. Mi dica, per favore, il nome di suo marito che lo chiamo per avvisarlo. Mi dica. Non posso, rispondo. E perché? Ha bisogno di aiuto. Deve tornare a casa. Non posso. Non serve. Mi alzo, mi risiedo. Devo tornare. Me lo hanno appena comunicato. Devo tornare da sola. Mio marito è morto.

Dopo diciassette anni riesco a scriverlo, un rigonfiamento dell’aorta, vicino al cuore, ha fatto bum per l’aumentata pressione del sangue. È scoppiata alle 8,45, pochi minuti prima che il ciclista dicesse:

– Vede ha una bolla. È meglio sostituirla.

Certo non è importante sapere se è stata una coincidenza, una sincronicità o una sincronia. Non voglio trincerami dietro un puro nominalismo che so nascondere la sospensione del cuore assetato di verità di fronte a certi eventi. Però l’interrogativo resta. Com’è che certe cose avvengono in te e fuori di te nello stesso momento e hanno qualcosa in comune?

 

Elianda Cazzorla

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