LAURADEILIBRI-Laura Bertolotti: Divorzio di velluto

bratislava e praga

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Divorzio di velluto riporta a un passaggio rimosso della storia recente: la divisione della Cecoslovacchia in due stati, Cechia e Slovacchia, per meglio dire,  Repubblica Ceca e Repubblica Slovacca. Avvenuta il 1 gennaio 1993, fu un’operazione politica che la popolazione non aveva voluto né capito e che dovette suo malgrado subire. Il titolo del romanzo allude proprio al nome con cui fu indicata quella scissione dai cechi.

La Cecoslovacchia era durata meno di settantacinque anni, non era mai esistita una nazione “cecoslovacca”, anche se per aumentare la credibilità del nuovo Stato si era cercato di cavalcare questa idea. La lingua e la cultura slovacca si erano sviluppate più tardi rispetto a quelle ceche, e le due non si erano mai veramente amalgamate. Anche per questo, e per la maggioranza numerica dei cechi che erano quasi il doppio, in Cecoslovacchia gli slovacchi erano economicamente e culturalmente più deboli. Durante il comunismo le divergenze fra le due nazioni si erano affievolite, il regime rappresentava il nemico comune da combattere per tutti. Ma poi l’avevano sconfitto.

La bellezza e la grazia del romanzo di Jana Karšaiová trascina chi legge nel privato delle persone, nella loro vita di tutti giorni, nelle scelte individuali seguite allo strappo sociale e culturale di quella frattura e nella separazione che ognuno, a suo modo, dovette compiere. Una ferita da suturare per Katarina, la protagonista, e per i suoi genitori, che lei torna a visitare, a Natale, dopo un’altra separazione, di tipo sentimentale, da suo marito.

Forse ciò che aveva imparato in quei due anni e mezzo di matrimonio con Eugen era stare da sola. Il buio che si portava dentro era solo buio, sotto scorreva la vita, per tutti, anche per lei.

É stato definito un “romanzo di separazioni” e certo ne sono inanellate molte, in famiglia, tra le amicizie, per il lutto di un amico, nei luoghi geografici che si lasciano per vivere altrove.

Eppure appare anche come un romanzo che abbraccia e include situazioni in cui le persone sono alla ricerca di un senso da dare alla loro vita e non hanno, come obiettivo prioritario, soltanto l’allontanamento. Ci sono ricordi, malinconia, affetto, desiderio di rivedersi.

Il padre di Katarina le ripeteva sempre che gli slovacchi hanno avuto confini che delimitavano la loro terra solo con la nascita della Cecoslovacchia. Prima l’idea dell’identità nazionale era un progetto dei colti, dei letterati studiosi, mentre i contadini massacrati dal lavoro sui campi di giorno e dal demone dell’alcol di notte, uomini e donne insieme, non sapevano di averne una. Parlavano tedesco, ungherese, ceco e slovacco nell’impero austro-ungarico, cosa definiva chi erano?

Nella narrazione emerge  il problema linguistico, che già di per sé è un “altrove”, perché lingua e identità sono intimamente connesse e il sistema linguistico governa il pensiero e orienta la comunicazione. Scegliere di adottare una diversa lingua o venirne privati per legge comporta una scelta di campo, come quella che compie Viera, amica di Katarina, e ne deriva distanza, separazione.

Ho perso la lingua di mio padre quando se n’è andato, posso lasciarmi dietro anche quella di mia madre – ha sussurrato Viera come a rispondere ai pensieri di Katarina […] e io ho scelto la mia.

Ma la lingua è pur sempre suscettibile di contaminazioni feconde, mai completamente autonoma dalle esperienze vissute. Si pensa in un modo, si può scrivere in un altro, infine si potrebbe parlare in una terza lingua.

Anche la lingua dell’autrice, per sua ammissione,  ha mediato tra passato, in Cechia, e presente, in Italia. Ha mediato su sintassi e distanza emotiva e su una transizione culturale che si è cucita addosso dall’adolescenza, passando dall’influenza sovietica a quella occidentale.

La strada del ritorno era senza impronte, immacolata. La neve caduta durante la sera aveva ricoperto l’intero quartiere con un velo bianco. Dúbravka sembrava un paesaggio lunare con monoliti grigi, lampioni e macchine parcheggiate lungo i crateri. Questo non era cambiato. Il paese nella sua frenetica corsa verso la modernità partoriva sé stesso continuamente, ma poi di notte ritornava ad avere le sagome di sempre.

  

Laura Bertolotti

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, Divorzio di velluto- Feltrinelli 2022

 

Note sull’autrice

Jana Karšaiová, nata a Bratislava, è in Italia dal 2002. Nel nostro Paese ha imparato l’italiano da autodidatta lavorando come attrice. Ha già scritto racconti, come Sindrome Italia, pubblicato da Nuovi Argomenti e Divorzio di velluto, il suo primo romanzo, uscito nel febbraio scorso, è stato presentato da Gad Lerner alla selezione per il Premio Strega.

 

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