parco archeologico dei campi flegrei- cuma, stratificazioni murarie
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Entrare nel parco archeologico di Cuma è entrare in un passato antico.
Le mura hanno varie stratificazioni che narrano delle costruzioni greche, di quelle campane e di quelle romane, si intrecciano quasi alle grandi e imponenti masse tufacee del luogo.
Si percorrono le strade lastricate non prestando eccessiva attenzione ai resti del Tempio di Giove o all’Anfiteatro o alle altre costruzioni che facevano di questo luogo la colonia greca più lontana dalla madrepatria e anche la più antica; l’anno della sua fondazione è stimato dagli storici nel 740 a.C.
La vastità dello spazio dà la sensazione di trovarsi in un luogo particolare, intriso di misticismo e di leggenda. Famosa, in questo caso, è quella legata alla Sibilla Cumana.
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percorsi lastricati all’interno del parco archeologico
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Il dio Apollo si era innamorato di una giovane che si chiamava Sibilla e le offrì qualsiasi cosa pur di averla come propria sacerdotessa, lei chiese in cambio l’immortalità dimenticando la giovinezza. Fu così che invecchiando il suo corpo si ridusse così tanto da dover essere messo in una piccola gabbia nel tempio di Apollo; ma col passare del tempo anche quello scomparve e di lei rimase solo la voce.
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cuma- accesso all’antro della sibilla
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Potente e importante si stagliava netta sulle pareti della camera terminale dove la Sibilla riceveva chi desiderava ascoltare i suoi oracoli. Accompagnandoli poi lungo la lunga galleria con l’incertezza dell’interpretazione. Sibillini.
Ne parla Virgilio, nell’Eneide, della caverna presso il Lago d’Averno dove la Sibilla trascriveva i suoi vaticini su foglie sparse poi nel vento proveniente dalle cento aperture della lunga galleria.
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antro della sibilla- galleria interna
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Questa galleria rettilinea e a sezione trapezoidale fu scoperta nel 1932 dal celebre archeologo Maiuri che volle riconoscere in essa il luogo dove la sacerdotessa di Apollo riceveva i fedeli. Il ritrovamento era sfuggito alle precedenti ricerche perché l’ingresso era stato murato con un forno e tutto l’invaso spaziale, sino all’ambiente in fondo, era pieno di terra e pietrame proveniente nel tempo dai pozzi di luce del soffitto e dai bracci laterali.
Interpretazioni successive hanno stabilito invece che la galleria, per il tipo di struttura e di taglio della roccia, si inquadra in un periodo che va dalla fine del IV secolo a. C. al III secolo a. C., la stessa epoca in cui venne rinforzata la cinta dell’acropoli. Era dunque forse parte della fortificazione della stessa.
Allo stesso periodo risalgono anche le tre cisterne disposte a croce che venivano alimentate da un condotto intagliato nella roccia, mentre alla tarda età imperiale viene attribuita la realizzazione della ultima camera, quella attribuita da Maiuri al luogo dove la sacerdotessa profetizzava.
Eppure qualcosa confonde, oppure il vento ancora arriva sulle foglie sparse…
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ultima camera dell’antro
scala verso l’acropoli
immagine dall’alto
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La parete esterna dell’antro mostra due gruppi di tacche verticali, scoperte nel 1972 dalla Unione Astrofili Napoletani, effettuate con uno strumento a punta.
Il primo gruppo, Calendario A, consiste di venti tacche verticali e parallele e disposte orizzontalmente, seguite da altre nove sottostanti.
Vicino è il secondo gruppo, Calendario B, con tredici tacche di cui otto disposte ad arco e seguite dalle altre secondo una linea discendente.
Alla sua destra compare uno schematico disegno fusiforme, della vagina o della vulva, riconducibile ai riti della fertilità, che insieme agli altri due compone il Calendario C.
Questi segni archeoastronomici sono presenti in altri siti della preistoria e dell’evo antico, sparsi in tutto il Mediterraneo e correlabili a calendari lunari.
Cronologicamente sono databili tra il IV secolo a. C. e la fine dell’età romana.
Legati al culto della dea Artemide identificata con la Luna Crescente, visibile dal luogo solo da Occidente.
Ma perché mettere all’ingresso di una galleria con funzione di fortificazione un calendario con tanti segni legati al femminile, perché nella stessa, che misura ben centotrenta metri, compaiono sedute scavate nella roccia, sia immediatamente all’ingresso sia all’incirca a metà del percorso sotto le bocche di luce?
Lo sguardo scorre lungo l’ampia macchia mediterranea davanti al sito e che raggiunge il mare. Cerca una risposta che si sente e che non si sa spiegare.
In silenzio si sale in alto, lungo le strade lastricate, in mezzo a una vegetazione ricca, si arriva al Tempio di Apollo.
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campo lungo verso la costa e i campi flegrei
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Da lì si riesce a vedere in lontananza parte della costa dei campi flegrei e le isole.
Vicino è il lago d’Averno, considerato dagli antichi, la bocca dell’inferno sia per la sua forma, si trova all’interno di un cratere vulcanico, sia perché gli uccelli non possono sorvolarlo a causa dell’esalazioni sulfuree.
Averno deriva da a-ornis, cioè senza uccelli.
Nell’Eneide, Virgilio colloca proprio qui l’ingresso attraverso cui Enea scende nel regno dei morti dopo aver ricevuto il responso dalla Sibilla. O forse è stato prima?
Le foglie della sacerdotessa si muovono ancora nel vento.
Teresa Mariniello