libero adattamento da un’opera di antonella masetti lucarella
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Quanto segue appartiene ad un libro in via di pubblicazione, lo riportiamo per ringraziare quanti, e quanti significa anche energia e luce, hanno inviato il dono di sé in queste poesie e nei brevissimi racconti, mostrando quanto ogni individuale universo sia appunto una folla di altri mondi luoghi e ancora molto, molto altro, che ci portiamo in corpo, spesso senza neppure saperlo.
-Uno dei gesti più efficaci e profondi di cui disponiamo è certamente l’uso delle parole. Paradossale crederci e organizzarle in murate o liquide piogge, che riparano dai venti e curano l’arsura di chi, come noi, non vive solo di cibo ma, da vero onnivoro, si nutre di suoni come ecoscandagli e con quelle eco architetta ponti come traccia delle proprie oceaniche distanze, di quello che chiamiamo abisso e congiunge in fiato l’alto altissimo e il basso, bassissimo, coniugando in un senso, sempre assolutamente soggettivo, opposti significati che la vista afferma ma solo il cuore e la mente inaugurano in ascolto e conseguente sentire. Spesso imbrogliando i fili di una matassa di vari colori e fibre, a volte così inestricabilmente che serve recidere e poi riannodare i capi, configurando un diritto e un rovescio di uno stesso tessuto. E’ questa la sfida, elaborare un luogo, al pari di una foresta e di un più vasto territorio in cui essa si colloca, facendo vivere il profondo delle radici e l’aereo delle chiome, l’uccello che vi nidifica e l’insetto che le feconda, l’acqua che lo sferza e fin sotto terra lo raggiunge, diluendo pozioni di sali e minerali e addirittura centellinando il sole, gli astri, il cosmo tutto intero, senza perderne nemmeno un brandello di carne. E tutto scorre, soccorre e corre in un continuo molteplice cambiamento. Una metamorfosi che è il rito dei riti, il culto diffuso di ogni ambito dell’universo. Un setaccio che mai tacita l’afflusso in ogni sentiero, in ogni corpo d’animale e anima l’intero. Una continua ipnosi per cui restiamo ammaliati, fardello e fratello di quel corpo tutto vuoto che nuota in un lago di buio e con mano ferma a punto filza c’infilza in un ricamo oscuro, l’ignoto del libro mai concluso.-
Ringraziando tutti coloro che hanno preso parte a questa raccolta inviamo a loro e a tutti i lettori di CARTESENSIBILI i nostri più vivi AUGURI DI BUON NATALE e BUONE FESTIVITA’.
Nota: la sequenza dei testi riportati appare secondo l’ordine cronologico con cui ci sono stati inviati, niente altro ha guidato l’impostazione della raccolta e ci sembra che “il caso” abbia proprio lavorato benissimo. Che ne dite?
AUGURI A TUTTI
il gruppo di cartesensibili
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antonella masetti lucarella
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COSA CERCO QUANDO MI CERCO
Cosa cerco quando mi cerco, cosa guardo
quando mi guardo, quale linea, in quale corsia
mi perdo e dove trattengo il passo e dove
invece la luce appare, in quale padre
mi riconosco, in quale moltitudine ravviso
tracce di somiglianza, sintomi di una radice
che giunge fino a farmi germogliare,
a quale impeto, a quale rigurgito e suono
e strumento che fa rabbrividire i flussi
e stringere le cime, ottundere le strade
che risalgono, che giungono, come posso
riconoscermi, ritrovarmi lungo le linee
che s’intrecciano, si fondono, e a tratti
divergono. Eccole le infinite
direttrici che mi portano qui, per
poi scomparire e ricomparire altrove,
sotto forma di un altro ormai,
un me che inseguo
e continuo a cercare ancora.
Paolo Polvani
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antonella masetti lucarella
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EPOCA CHE TRADISCE
Parole
ho scritto
su carta velina
come esistenza rubata
da mani operose
prive del tempo per quell’Io
celato
di chi alla fuga è costretto.
L’ anima si fa profuga
nell’epoca che tradisce
Alessandra Montesanto
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antonella masetti lucarella
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LA MIA ANIMA NON È LA MIA
la mia anima non è la mia
è fatta di così tanta gente e stelle e
persino cose inconoscibili invisibili
è una folla l’anima
anima le parole e i silenzi
divide la notte dal giorno e
scrive dentro i miei vuoti
per non farmi credere che io
sono solo un minuscolo intoppo
di tempo trascrive l’involucro
nello spazio segna il circolo
dove ogni volta percorre le sue storie
e senza carta inscrive
una memoria intagliata tra fiori e fiordi
tra fori e fari in fiere parole fatte di niente
tutti quei sogni
radicati in un luogo oltre il sonno
oltre il senno oltre tutto ciò che la mia penna
nella pena omette
..
IN QUALE ANATOMIA?
In quale anatomia del non mio libero
corpo libro di fogli pregiati abito?
e dove abita l’oscuro?
il cuore
scomposto in me tra sistole e diastole
blasfemia ed eterno sgombero
messi
insieme nello stesso recinto
elettrico il filo rosso del sangue
mentre un escremento es-
pelle dell’infimo
il mio aumentarmi che si nutre di infinito
mosso
cantabile per tutto quanto lo commuove
isola e atollo sezionata anatomia
della vita in ogni sua perduta traccia
via l’inizio sempre l’inizio di un viaggio
e lo spaccato nel petto che rimbalza acuto
da un pendio all’altro
la penna di un dio
o di un mistero che resta
l’animale scannato un pensiero sfuggito
un fiotto di sangue bevuto dall’incisione sul polso
e senza ritorno senza ritorno
l’intero che resta
dentro quell’urto
quando si nasce
quando si spegne
la medesima luce
nella stessa identica ombra
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CHI
Fernanda Ferraresso
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antonella masetti lucarella
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UOMINI
Misteri nel vento,
parole sincere e
bugiarde
bianche e
nere
Senza distinzione mischiate
A noi la tregua i sussulti i deliri
A noi la tempesta i rumori i ricordi
Sapremo uscirne
Se non oggi, ieri
Se non ieri, mai
Vivi e armati d’intenti
Uomini
Johanna Finocchiaro
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antonella masetti lucarella
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IL SORRISO DEL VESUVIO
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È il momento in cui la città resta come sospesa, si son taciuti i botti e spenti i fuochi. Perché nel buio e nel silenzio possa essere più trionfante il saluto al nuovo anno. Restano spalancate le terrazze, i balconi sul golfo.
Il Vesuvio ha sorriso di quei piccoli fiori di fuoco.
Lei sarà rimasta in qualche angolo della casa. Rannicchiata sotto un sofà, cogli occhi sgranati e la gola sgomenta. Così gli altri esseri, zitti, in questa notte senza riparo.
Ma l’angolo è vuoto e la mia chiamata resta senza risposta, mentre cerco il filo che mi conduca a lei, all’anima mia animale.
Nel fondo della cabina armadio con i suoni attutiti dalle vesti, la trovo.
Lì nel buio sento i suoi occhi, allaccio il mio fiato al suo, la pelle al suo pelo. Intorno i piccoli battiti delle altre creature mentre si salta nel giorno nuovo.
Teresa Mariniello
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antonella masetti lucarella
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INEDITI
I
Ci incontreremo in un tempo lontano
estranee allo sguardo, per tutto ciò che eravamo,
sarò in un altrove, in una quercia o carcassa.
Sarà lì che ti parlerò con parole nuove
mutata pelle e sangue,
accarezzata dalla lingua del fango
in ogni gesto pronto a morire
che risorge, inciampa.
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II
L’uno e l’altro sguardo
senza compiuto verso
Arturo o Andromeda, stelle a modo loro,
frantumate in pezzi uguali
simili a scaglie, – di pietra rara.
Ad una ad una le contavo
in quel numero imprecisato,
da rifuggire, eppure assiepato.
C’era troppa notte, troppa veglia,
in quel carcere di stelle
tutto un mondo che ci sfugge.
Lina Salvi
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antonella masetti lucarella
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VOCI DAL PROFONDO
La marea montante e oscura
D’identità spezzate
La moltitudine franta
Che contiene universi
Sono il suono che fa in me
Questo silenzio in continua espansione
Cogliere con la lucidità
Che solo i folli possiedono
La varietà di conchiglie colorate
Gettate sulla riva dal divenire incessante
Conoscere le loro forme complesse
I loro nomi seducenti e oscuri
Ascoltare l’eco dei marosi
E benedire in questa stessa molteplicità
Il frutto incerto del proprio andare
Noi non siamo uguali
Siamo l’eterna differenza
La diaspora la perenne distanza
Dispersione luminosa di comete
In notti siderali il pianto di stelle torride
Il vapore denso di nebbie inestricabili
Noi siamo e vogliamo essere
L’asimmetria del passo
La stortura la balbuzie l’inceppo
L’inganno e la caduta
La renitenza e il sottrarsi
Coltiviamo dubbi e incertezze
Alimentandole come fuochi freddi
Frutto di mille perdite e di continui agguati
La nostra rotta si svia sfilacciandosi in mille modi
Nel ritirarsi continuo del pensiero
Nell’opacizzarsi dello sguardo
Ci annientiamo reciprocamente
Impariamo a guardare in faccia il male
Almeno per un’ultima volta
Senza una consolazione senza una promessa
Accettiamo di non essere
Solo senza salvezza potremo salvarci
Disancorandoci da ogni appiglio illusorio
E cadendo nel buio consapevolmente
C’inabisseremo in oceani sconosciuti
Lucia Guidorizzi
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antonella masetti lucarella
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QUESTI GIORNI
lo struggimento della sera
i colori soffusi
si sciolgono nel silenzio
dov’entra piano la notte
e tu
mi manchi
questi giorni persi nella nebbia
svelano improvvise luci di sole
aprono vuoti dimenticati
squarci di dolore placati
Riportano echi lontani,
doni, profumi di casa, dolcezze,
bambole di pezza, bambini Gesù
Madonne, dolorose o beate
Ti incontro universo bambino
Sono venuta dalle tue stelle
trama di luna piena
coda della cometa
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COSI’ SARA’ NATALE
Lasciateli arrivare
le donne da lontano
con i piccoli nel ventre
o per mano o per mare
Accoglieteli
anche fosse in una grotta
Lasciateli arrivare
questi piccoli Gesù.
E le Madri.
Così sarà Natale.
Vittoria Ravagli
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antonella masetti lucarella
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ANCHE QUANDO CADE IL 25 DI DICEMBRE
M. Heidegger ne L’abbandono (1959) scriveva:- Ciò che è veramente inquietante non è che il mondo si trasformi in un completo dominio della tecnica. Di gran lunga più inquietante è che l’uomo non è affatto preparato a questo radicale mutamento del mondo. Di gran lunga più inquietante è che non siamo ancora capaci di raggiungere, attraverso un pensiero meditante, un confronto adeguato con ciò che sta realmente emergendo nella nostra epoca – ovvero, come direbbe Galimberti – La cosa ancora più inquietante è che non abbiamo un pensiero alternativo al pensiero che sa fare solo di conto, sa solo calcolare.–
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Per cui oggi ragioniamo e comprendiamo, sostanzialmente, solo cosa è e fa utile.
Anche quando cade il 25 dicembre.
…
Che dire? La speranza è solo un algoritmo utile alla crescita, al PIL, all’economia globale, al miraggio
di un godimento senza limiti…
L’attesa è sempre più prime.
L’adorazione uno stato di totale abulia.
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Presto, torniamo pastori e accorriamo alla Sua venuta!
Mario Rosso
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antonella masetti lucarella
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VOGLIO SCAVARE
Voglio scavare a mani nude l’animo umano
Scavare dentro i pertugi segreti che nascondi
Tra il letame e i lombrichi troverò il miele
Poi ancora sangue e puzza di vergogna
Pentimenti tradimenti e sconfitte.
Voglio scavare a mani nude il tuo animo -umano?
Animale bestia uomo -sì questo siamo
Lo riporrò su vassoi d’argento
Che tu possa ammirarlo o gettarlo
C’è sempre un tempo per scegliere chi siamo.
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APRIRÒ UN GUSCIO
Aprirò un guscio di noce
e con un crack troverò un vuoto
che non mi aspettavo.
Lo riempirò di pensieri
contorti come gherigli
e lo sigillerò in silenzio fra le mani.
Riporrò il frutto su di un cesto
e attenderò che il tempo a me concesso
trasformi in saggezza le fragili incertezze.
Antonio Corona
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antonella masetti lucarella
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UN SEGNO
Ci consuma il presente
rimane freddo sulle spalle
cencio beffardo irride
le stelle all’ora di cena
Negli occhi la memoria
lascia un segno di denti
un orlo rosso non più grande
d’un silenzioso racconto
Zaccaria Gallo
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antonella masetti lucarella
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I PRATI ALLA FINESTRA
I prati alla finestra e il latte crudo
lunare rovesciato sui rami:
e poi sarà improvvisa la neve,
intima, intatta tra noi.
Allinderà allora il biancore
un sangue nuovo per tutte le anime
belle racchiuse in una, nell’eterno
brillare, nello sconfinato mutare
un volto altro dietro ogni possibile
volto. E sarà infine l’incontenibile
oltre a dirne il senso felice:
essere l’uno nell’altro e di questo
fraterno sentire insieme gioire.
Donatella Nardin
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antonella masetti lucarella
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DOMANI
Strizzo la mente, comprimo i pensieri, stringo le parole, mi cullo nella solitudine.
Di notte sotto il cielo scuro molti muovono nel silenzio del tempo insonne e, pur solo, ognuno chiuso nella sua scatola volge gli occhi verso l’abisso del tempo che viene, scuro più ancora di questa notte, pauroso più del presente.
Nessuna luna verrà a rischiarare il lento precipitare rotto dal grido muto nel vuoto volo della caduta come un sasso che non arriva mai a terra e aspetta lo schianto che non viene, precipita giù dove il giù è infinito; ancora un secondo, ancora un minuto o un anno, il fiato si rompe ma il grido continua nel silenzio sordo e ognuno nella sua scatola seguita a cadere, sempre.
Giancarlo Trippi
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antonella masetti lucarella
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QUEST’AMORE CHE ALL’AMORE CONDANNA
Quest’amore che all’amore condanna
ancor prima di conoscerne il giusto
passo, la cadenza dolce
Questo nostro desertare
tiene tutto deserto e così
I don’t walk in your shoes
You don’t walk in mine
Quest’amore che all’amore condanna
ha imparato la lingua dell’addio
nei tempi incrociati del cammino
Dentro ronzio di reti, la spola
precisa delle formiche, la danza
delle api sulle corolle, la storia
di altre dentro la mia
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LA LINEA DUBBIOSA DEL TEMPO, LA LINEA DELLA STORIA, LA LINEA —
A volte è più spessa, s’interrompe e
si frastaglia su dune e alture
eretti a nostra insaputa immagine
quella storia che dubbiosa divide, corrode
come bruma nelle mattine d’inverno
Quando un momento indugi prima
d’andare, e nel bianco degli occhi
il rossore velato d’un sole che ingabbia
l’affannoso respiro della stanza dei travagli
Quel farsi naturale del giorno, gocce
d’acqua ai tuoi piedi. Quello
è il tempo. Chi lo racconta cuce
e ricuce spaesamenti, mille
gesti, voglie, destini
Molto si narra e sulle valli distese
ad asciugare pianti, gioiose urla
infantili a caccia d’onde. Quel passo
svelto e lento, quell’ eterno presente
sui loro visi reclama di certo
una storia differente dai libri
mobili nella tua parete e quella
linea dubbiosa del tempo, la linea
della storia, la linea —
si staglia presente sui graffiti delle civiltà.
Anna Lombardo
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antonella masetti lucarella
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STIAMO SOSPESI
stiamo sospesi, in attesa
che torni il tempo di ieri
chiusi tra le gabbie della paura
cercando verità appaganti
guerrieri di latta al servizio
di libertà presunte, vittime
di un complotto di cui siamo schiavi
incapaci a cercare distinzioni
contempliamo un io estraneo
il troppo che abbiamo rubato
a questa terra fragile di ingiustizia
così inutile nello spreco
ci insegna il valore del pane
assistiamo impotenti
senza il senso della colpa
senza pentimento strappiamo
il pane ai bambini di un altro colore
osiamo la pretesa del diritto
e contempliamo un armadio
pieno di scarpe
un’apocalisse silenziosa
una morte contemporanea
come a togliere l’inquinante
a dare aria agli alberi voli al cielo
a dare bellezza al tempo
questo tempo piccolo in cui
si può leggere il senso
perché la vita non fa errori
solo ci sono strade diverse
ma è lo stesso fluire
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MI SCAVA IL GREMBO QUESTO PIANTO
più che il dolore è il rumore che si leva
lo scalpellare pietre innalzando muri
la rigidità dei cuori
come puoi come puoi come puoi
conta fino a quarantasei in ogni uomo
gli stessi semi per gli occhi per il cuore
la stessa fame paura desiderio amore
lo stesso bambino che aspetti
con le mani aperte con la porta chiusa
come puoi… la neve i latrati dei cani
le madri uccise le madri di dio
mi scava il grembo questo pianto
vieni in questo mare amniotico
in queste parole scheggiate
in questo amore difettoso
c’è un buio prima del dolore
in cui abortire in cui salvarti
vogliono farti nascere
per poi ucciderti
Mariangela Ruggiu
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antonella masetti lucarella
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IL BUE ZOPPO
Ogni anno, quando porto giù dalla soffitta la scatola del presepe, mi dico che questo è l’ultimo per il bue e l’asinello. Devo sostituirli, decidermi a comprarne di nuovi. Pazienza per l’asino con la zampa incollata, ma al bue ne manca proprio una e fa pure fatica a reggersi in piedi.
Una notte, Argentina – una gatta giovane e vivace, che avevo in casa quando i miei figli erano piccoli – seminò il fuggi fuggi tra pastori e pecore per potersi distendere comodamente sul muschio. Molte statuine finirono a terra e al bue e all’asino si spezzarono le gambe.
Mia figlia, una bambina di pochi anni all’epoca, aveva passione per i mondi in miniatura: le camerette contenute in una scatola con sedie e tavoli che stavano dentro al palmo di una mano; i modellini di case vittoriane con tanto di quadri e lampadari alle pareti la incantavano. Con lei a Windsor ammirai a lungo la Queen’s Mary Dolls House. Le piaceva quindi creare questo piccolo mondo magico e lontano dove regnava sempre la notte di un cielo di carta stellata, le montagne erano fatte di trucioli rivestiti di muschio e un pastore non si stancava mai di suonare il piffero né una donna di sferruzzare una calza.
In una cartoleria specializzata nella vendita di oggetti e arredi per il presepe, trovammo un mulino ad acqua dotato di pompa elettrica (che si rivelò un perfetto abbeveratoio da gatti), un bivacco da campo con lampadina rossa effetto fuoco, nonché case e palme e nuovi personaggi. Tra questi un sognante pastore disteso a terra con la testa appoggiata su un braccio.
Sarebbe stata quindi una cosa da niente prendere lì un bue e un asino nuovi. Senonché quei due animaletti di gesso venivano da casa mia e ogni anno avevano sempre preso posto fedelmente dietro alla mangiatoia. Sembrava brutto eliminarli perché menomati. Forse per questo, o perché per i bambini gli oggetti sono vivi, possono quindi ammalarsi, spezzarsi una gamba e guarire, non ci fu allora questione di comprarne di nuovi. Avrei sistemato le zampe. Mio padre era veterinario e aveva imparato in tarda età a ingessare le mucche azzoppate. Con un po’ di argilla avrei potuto imitarlo. Rabberciai alla meglio la gamba dell’asino e una, quella sinistra, del bue. Ma con quella destra c’era poco da fare: il gesso si era polverizzato. Tuttavia, sistemato al suo posto, un po’ nascosto dal muschio, con un sostegno sotto, la bestia poteva ancora reggersi e anche quell’anno fece egregiamente il suo lavoro. Per poi tornare, come tutte le altre statuine, a riposare in soffitta per i successivi undici mesi.
Ogni anno viene giù dal solaio e, nonostante i ripensamenti inziali, poi lo rimetto al suo posto, assieme al compagno, l’asino con la zampa incollata, per scaldare con il fiato un bambino che ancora non c’è, ma la notte di Natale di sicuro arriverà.
A pensarci, forse proprio la sua deformità me lo rende più caro delle altre statuine. A parte quella di Gesù bambino che si salvò dal disastro della gatta, e ogni anno, la notte di Natale, torna a tendere i suoi esili braccini al mondo.
Adriana Ferrarini
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antonella masetti lucarella
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L’ULULATO DELLE PERLE
Le parole sono ammuffite in bocca
La finestra non può fornire la respirazione
di quattro pareti
E la mia immaginazione ha un viaggio
sospetto attraverso le cuciture del muro.
Viaggia, tra le labbra secche del lago
Dove la luna è stata inghiottita
E ogni parte del mio corpo sta in una valigia
Oltre i confini
Il mio corpo sarà connesso al corpo di un pesce
E una perla nella mia bocca farà un ululato doloroso.
E la luna nascerà di nuovo dalla mia bocca
Il viaggio continua con una nuova interpretazione
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GALASSIA BLU
L’amore è nella mia rotazione
Intorno a un cuore che è circondato da quattro corvi.
Cuore
una stella di quattro mesi
che è stato umiliato
da mille pianeti ciechi.
L’amore è il mio giro intorno a un cuore
con quattro buchi vuoti
che ogni secondo getta sangue incolore
sulla faccia di questo pianeta
con disgusto.
Uno schiaffo creativo
l’amore è la rotazione delle mie mani
intorno al cielo
che mi inietta in bocca
un volume di blu
una galassia blu
che recensisce l’esplosione della Terra
nei propri testi
senza i suoi buchi neri.
Elham Hamedi
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antonella masetti lucarella
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COME TACI QUANDO DICI
Rivelami come taci quando dici
d’essere felice, e dove raccogli
quei dubbi che tieni solo per te
quando scendi dai crinali del sorriso,
e dei tranelli nei quali non cadi
quando perdi la prima acqua
che ti rivela con la bagnatura
del viso, e non posso limitare
i nevosi occhi disciolti ai capelli
rovistati, per vaneggiare di colpe d’altri
quando mi è pietra l’anima,
coperta di muschio che fa bene
ad evaporare i silenzi.
Lontano è la direzione che
sublima l’incontro, con un lieve
cenno di fonte ormai lasciata
a quello sfogliare di voci
risucchiate in un sogno,
e lo stare nelle cose comuni
ci avvicina alla nebbia liberata
dalle ombre, andando incontro
alla fuliggine del sole d’inverno
Francesco D’angiò
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antonella masetti lucarella
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PASTORALE
s’è zittito il vento vengono
tra bacche d’elicriso le agnelle
alla fonte e quel bel fascio
d’erba tenera le/ci difende
dall’assedio
all’esile diaframma
dei recinti di giunco
ci ritessono
calma primigenia di buoni
steli di cònyza e cedrina
s’avvicineranno occhi
e fronti a tenere foglie
sul bordo del viso del vero
nel ricettacolo d’ecloga
superna quasi a voi volta
e nel meriggio viviamo
tra ulivi dove in pascoli
pecore e capri brucando
tra ippomane e germogli
d’edere non a misere cose
non a doglie ci rivolgono
Marisa Madonini
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antonella masetti lucarella
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COSI’ SIA
Nel nome del tuo dio consueto
e dei tuoi figli non contemplati
dagli spiriti furtivi nel grembo,
con mani arrugginite tenti specchi
frastagliati dei tuoi volti, denti
vuoti sorridono ebeti alle scarpe
rattoppate, ai libri lisi al testardo
orgoglio tarlato dei padri futili e
mi allucini ad ogni Natale per un
figlio già nato e non lo sapevamo.
E così sia.
Cipriano Gentilino
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antonella masetti lucarella
IL CORO
Non potremo avanzare
dietro la luce dei grandi
si è allontanata irreparabilmente
non possiamo fingere che la nostra
epoca, impoverita di amore
e di aneliti autentici
possa ripararsi da sola
tra le braccia di citazioni moltiplicate all’infinito.
Le citazioni non uniscono
neanche le canzoni possono
a meno che non diventino coro
quello che ci manca è un coro
e siamo disposti a brancolare
tra le immondizie per trovarne uno
dove sussurrare le nostre aspettative
e urlare a squarciagola il dolore.
Ma i cori, si sa, non si formano
spontaneamente, piuttosto
possiamo vedere ombre pallide
avvicinarsi ad altre ombre
alla ricerca della comunione
e poi, una volta vicine
e assaporato il potere
azzannare il tenero collo
dei giovani solisti, e inermi.
Potreste provare ad aprire
le persiane al mattino
e gridare al mondo
qui si fanno cori, accorrete domani alle 18!
e vedreste la chiamata andare a vuoto
come tristi e inutili presentazioni di libri
ci vuole un’idea
ce ne vogliono tante
che corrano tra la gente
come fossero marea in arrivo
e sommergessero i piedi nudi
senza possibilità di replica
un’avanzata naturale
ci vorrebbe passione
non caparbietà
ci vorrebbe fiducia
non ricatto
ci vorrebbe ascolto
ci vorrebbe un nuovo mattino
e tu chiedi in loop
il ritorno di quello antico.
Non so darti soluzioni
so solo che bisogna vivere
come se…
disperare le attese
credere all’impossibile
adattarsi alla sconfitta
porgere il proprio spartito
alla mente sconosciuta
accettare il suo
senza sterili contestazioni
quando si canta insieme
le voci all’inizio dissonanti
si attraggono e poi
si adattano da sole
chi non sa adattarsi tace
e ascolta il miracolo
della voce dell’altro
chi non ricorda gli attacchi
si guarda intorno in cerca
di uno sguardo allusivo
di un fremito della gola
che preannunci il suono in arrivo
bisogna essere disponibili
a cambiare solfa
e a restare soli, finché
non si trovi il coro giusto
ma, non parlando di poesia
questo, no
anzi, forse, misconoscendola
o mistificandola
la clandestinità disperata e sincera
premia con l’amore, il tuo.
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NEVE DI MARZO
Dall’altro capo dell’Italia pioveva, pioveva che la mandava giù. A Roma non era freddo, ma la neve in qualche modo avrebbe raggiunto anche quei luoghi, considerati solitamente al riparo dal freddo intenso.
Era facile, per chi aveva immaginazione come Francesco, sognare la neve che cadeva sul lungotevere e sulle piazze barocche, sulle statue, sulle chiome degli alberi che fanno da skyline a questa strana città. Era facile immaginare la neve sulle gradinate del Colosseo e sugli spartitraffico, sui fiori delle bordure e sulle ali dei gabbiani e degli storni. Persino sulle pinne dei pesci d’acqua dolce, era facile immaginarla. Perché di fiumi, a Roma, ce ne sono ben due.
Tutti provavano a immaginarla e speravano cadesse, perché tutti sanno, anche a Roma, che la neve non gela i cuori sommersi, ma li tiene al riparo dalla morte, come germogli che sbocceranno più innocenti di prima, a primavera.
I cristalli della neve riflettono la luce e nascondono le sfumature della realtà, ma i cuori liberi, liberi come quello di Francesco, hanno il potere di immaginare quello che non c’è o non c’è ancora, ma verrà
Lidia Popolano
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antonella masetti lucarella
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SIAMO QUI SIAMO DENTRO
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antonella masetti lucarella
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MADRE
L’ho vista sull’uscio, alzando lo sguardo dalle zucchine. Le stavo tagliando sottili, per friggerle, come m’aveva insegnato. Farina e uovo in due piatti distinti. E l’ombra è nel suono di placche di alluminio, l’ombra è impigliata tra le corde della tenda. E continua a ondeggiare. Argentea nel sole. Lascio il coltello sul tavolo. Vorrei raggiungerla. Dove corre? Esco di casa. Mi giro attorno. Nessuno, oltre la soglia. Solo una vaga presenza. E strida di rondini dondolanti sul lungo filo della luce da un palo all’altro e lontano l’eco della tortorella in qualche anfratto invisibile. D’un tratto un fiato tra le foglie di ulivo.
È lei? No. È il vento che attraversa le fronde e poi suona gli stecchi sulle chianche e solleva la polvere leggera. Lei è dentro la terra, cosa voglio? Eppure la sento. Continua, soffio di vita, portami la donna giovane morta per un arido desiderio del destino.
La vedo. Corre sul molo di una città lontana. Ride i sogni. È a Pola e di là fuggirà come sfollata. Vienimi incontro. Le dico. Stringi le braccia attorno al mio corpo. Prendimi. Mi sfugge, è bimba nei passi. Come può amarmi? Non sono ancora nata. Corre lontano.
Vento amico d’estate modula la danza dei rami del pepe anarchico, fa’ che lei si fermi tra le palline rosa in grappoli da sbriciolare nella ciotola del mare, fa’ che guardi le foglie sottili in aurea crescita per la luce del sole, fa’ che nel turbinio del tuo respiro mi venga incontro, fa’…
Eccola nel vestito di lino azzurro l’ultimo nella bara con i bottoni nuovi, nel fascio di margherite, gli occhi miei lucidi, quelle sue stelle nere serrate A una a una cadono le corolle del dolore nelle gocce di pianto. Stringo le dita a pugno nel ricordo.
Le tendo le braccia, vieni Madre metti i tuoi passi, dà il tuo tocco alle guance del mio cuore, accarezzale come quel giorno in cui andai sposa e prendesti il mio viso tra le tue mani e di rosa e porporina d’oro lo velasti e leggera mi sentii come nuvola di tulle. Vieni Madre, stendi in ogni mia piega con il tuo fard ’amore.
Colorami. E non morire ancora.
Elianda Cazzorla
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.antonella masetti lucarella
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DESIDERI
Lascia che l’amore ti raccolga
ti venga a prendere
nell’angusto
del tuo rannicchiamento
potesse scostarsi la tracotanza
allontanarsi da te fugacemente
tu voleresti
senza un peso dolente
avesse la voce una autenticità
da pronunciare
il fiato la sosterrebbe
come una verità
facessi posto nei terreni dell’io
l’ascolto troverebbe
una corrispondenza
che tu sparga le sementi
per continuare la vita
che la terra possa accoglierle
Francesca Eleonora Capizzi
.
Ringraziamo inoltre l’artista Antonella Masetti Lucarella luce guida con le sue splendide opere.
Il sito ufficiale dell’artista: https://www.masetti-lucarella.it
bellissimo incontro di voci, grazie di questo spazio prezioso che apre un cielo nuovo
Bellissima iniziativa, un incontro in uno spazio nuovo . Grazie e ancora Auguri !
Cara Fernanda,
Un grazie di cuore di questo ‘corale’ che tutte e tutti ci raccoglie con la grazia, la clemenza e il coraggio della poesia.
Grazie e che sia di buon auspicio per il 2022 che ci attende. 🤗🍀🌻 Anna
Il lavoro non credo ci spaventi, la buona volontà non manca e nemmeno l’impegno, sarà un buon cammino se ognuno sarà presente. Un grande grazie e un abbraccio che ci contenga mettendo la distanza come stanza abbastanza ampia per contenerci tutti.
fernanda
Un bellissima bellissima iniziativa, uno spazio nuovo e corale e sensibile . Grazie e ancora auguri !
CHE MERAVIGLIA! BELLISSIMO. DI CUORE GRAZIE E AUGURI DI UN BUON NATALE E UN SERENO ANNO NUOVO
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RINGRAZIO TUTTE E TUTTI COLORO CHE HANNO PARTECIPATO A QUESTA INIZIATIVA. Auguro a tutti voi e ai lettori i più vivi e sentiti AUGURI di BUON NATALE, come nascita, come relazione verso il luogo che ci sopita, compreso chiunque ci accolga in sé, la casa più spaziosa che possa esistere. Tanti Auguri e nuovamente GRAZIE
fernanda
Meraviglioso!!
Grazie ! Tanti tanti cari auguri di Buon Natale !
La tua poesia mi piace moltissimo.
Ti ringrazio 🙏.