LAURADEILIBRI-Laura Bertolotti: Le nuvole che lasciano il segno

berndnaut smilde- nimbus

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Leggere poesia e scriverne non è come recensire romanzi e saggi.

La penna è come trattenuta da un pudore, da un timore di andare oltre e travisare.

La poesia è più vera della fiction letteraria, è un pensiero, o un grido, o un cenno. Ma l’interpretazione sempre travalica le intenzioni dell’autore o autrice, perché ognuno si cuce le parole addosso e le fa sue, come e più di quel che succede nella narrativa.

E leggere le poesie di un amico, o amica, provoca un effetto ancora più sorprendente. Le parole diventano la voce stessa di chi le ha scritte e si confondono con la memoria di comuni esperienze.

É successo con Le nuvole che lasciano il segno di Edoardo «Mimmo» Parvopassu, il volume pubblicato da Donzelli Editore nel 2016. Vi sono raccolte le poesie datate dal 1963 al 1972, con un vuoto temporale fino al 1979 e altri testi che arrivano al 2011, infine alcuni non datati.

Sapevo che Mimmo scrivesse racconti, ma ignoravo le sue poesie  che ho scoperto stampate, nero su bianco, soltanto dopo la sua morte, quando regalai questo libro a una persona che l’aveva conosciuto.

Non nascondo che avere questo libro tra le mani e leggere i suoi versi mi ha procurato un’emozione profonda accompagnata da un’ondata di ricordi.

Riconosco il suo approccio alla vita, come nei versi che titolano la raccolta:

 

Le nuvole che cadono fanno un rumore che altrove non si sente.

Parlo delle nuvole piene dei sogni evaporati per disuso

e di incanti lunghi accantonati provvisoriamente

più che di disincanti senza voce,

nuvole pesanti ancora di memorie e progetti.

[…]

É per questo che non soltanto indietro non si torna

ma che scopi e modi distinti

avranno fatto differenze salutari

che possono far nascere scenari nuovi.

[…](1980)

Le sue radici casalesi, che sono anche le mie, affiorano qua e là (o almeno così mi pare). Mimmo era nato nel 1945 a Casale Monferrato, una cittadina piemontese che ha avuto, fino alla fine degli anni Sessanta,  una intensa vivacità produttiva e sociale, poi  iniziò la sua crisi e una generazione intera di ragazzi e ragazze andò a Torino e Milano, prima per studiare, poi per lavorare e stabilirvisi, ma la città (ci) è rimasta dentro, almeno come pietra di paragone:

CASA DI KIRMIȖ

FREDDA CASALE. anonima. La sua neve come l’acqua di Venezia nel film.

[…](1971)

Tra le righe emerge la sua ironia, di stampo buono, che ricorda le battute fulminanti di Marcello Marchesi:

Mi telefonò per dirmi che era risentito per non avermi visto al

suo funerale.

Gli risposi di essere dispiaciuto che non l’avevo saputo e che

comunque non ci sarei potuto andare perché ero morto anch’io.(senza data)

In altre poesie rintraccio il suo modo di discutere e argomentare, il suo gusto per la politica:

Avere uno scambio di vedute non è esattamente fare una

permuta tra un dipinto di Canaletto e uno di Bellotto. (senza data)

La sua idea di poesia è intrigante come il suo declinarla nei modi più vari:

Non è ancora ora

che scriva poesie e ballate

finché non avrò acquisito

il senso materiale

della mia storia,

va capito questo decorrere

presente

isolando catturando i dati dominanti

riprovandoci noi a dominarli.

[…] (1971)

INVENTARIARE

rifacimenti di poesie,

spunti che possono cadere come spruzzi di fontanella

(e non come sputi ben enucleati),

molle di orologi caricate,

quotidiane caricature di sé ogni volta diverse

[…](1979)

gli anni 60.

l’inutilità della letteratura.

l’importante lucidità.

paralisi, lotta, paralisi.

           niente cioccolate calde. (1972)

Le poesie di Mimmo (io non posso che chiamarlo così) percorrono l’arco temporale della sua giovinezza, ne accompagnano l’evoluzione critica del pensiero adulto e si interrompono con la morte, avvenuta nel 2013. Parlano di (a) una generazione che ha vissuto la stagione sessantottina, con premesse, progetti e disincanti per quello che ne è seguito. Ma sarebbe riduttivo vederne solo un diario generazionale, perché vi si può scorgere un profondo impegno  di analisi di sentimenti, fatti, cambiamenti e una riflessione sulla stessa scrittura.

Mimmo padroneggiava  riferimenti che facevano impallidire le argomentazioni degli interlocutori. Disponeva di una vasta cultura che gli permetteva di spaziare tra diversi ambiti, dalla politica, all’attualità, alla letteratura, al mondo editoriale che conosceva molto bene per avervi lavorato. E la cortesia faceva il resto. Sorge spontanea la domanda su come avrebbe raccontato questo tempo sospeso di pandemia, in cui molti si improvvisano opinionisti e contestano persino il lavoro e le indicazioni degli scienziati.

Ma lui, di questa mia imprudente lettura e inutile domanda, magari avrebbe detto:«Calma e gesso!».

 

Laura Bertolotti

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