in the women’s room- shamsia hassani, afghan artist
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Non diventiamo pietre, non smettiamo di chiederci perché
Pensiamo a loro, alle bambine, alle ragazze e alle donne afghane. Siamo quelle del giardinetto della piccola città vicino a Bologna, che si trovano in quel luogo così speciale che vuol dire per molte “qui ti ricordo, ti saluto, richiamo il tuo pensiero, ti sento viva, vicino…”
A Sasso Marconi ci viviamo, o arriviamo per esserci, in questi incontri così particolari, nel luogo dedicato a Marija Gimbutas, dove il vento della sera ci ricorda ancora una volta le sue parole. Ed il 30 settembre – prima il sole, poi fresco ed una caduta di marroni dai grandi alberi, a bloccare frasi troppo forti forse…- ci siamo trovate/i di nuovo.
Questo è un tempo misterioso…ascoltiamo, parliamoci, cerchiamo di capire. Proviamoci.
Sedute sulle panchine rosse, a distanza ma sempre con la grande voglia di abbracciarci, abbiamo fatto questa seconda prova di amore per loro ed anche per noi. Nel leggere, ascoltare, parlare e confrontarci troviamo tanti spunti che ci portano a dire delle nostre vite certo privilegiate – e quanto! – che abbiamo davanti una strada ancora lunga per raggiungere il riconoscimento necessario a questa metà del cielo che pure organizza, fa, si assume compiti eccezionali di cura, di lavoro, di volontariato, ma non è là dove si decide come, quando, per chi…
Se sarà ancora più difficile gestire il Paese sarà evidente a tutti/e come manchi la concretezza, l’esperienza, la bravura delle donne, che già e da sempre la dimostrano in mille modi, nelle tante facce della società.
Questo pensiero ci riporta subito e di nuovo alle ragazze afghane, allo stato in cui vivono, nell’oppressione; alle bambine che non potranno frequentare le scuole superiori e l’università, né insegnare… Se si aggiunge poi il divieto di cantare, di fare musica, di mostrare il proprio viso, gli abiti colorati di sempre, di ballare, di fare sport, di uscire se non accompagnate da un uomo…
Chi decide delle loro vite porta una sconvolgente violenza psicologica, vuole annullare le donne come menti e come corpi: è terribile. Poi c’è la violenza fisica, quella di sempre. Si può morire ancora di poesia…di sport…essere “spose di guerra”, violentate insomma ogni giorno.
Questo popolo ora sta soffrendo anche la fame. Ed è sotto attacco da parte di altre terribili fazioni pseudo religiose.
C’è una associazione tra le tante attive, anche in Italia, che si occupa di aiutare praticamente le donne afghane. E’ la CISDA di Milano – Coordinamento Italiano Sostegno Donne Afghane, presente in molte città italiane con un riferimento ora anche a Bologna, presso il Centro Documentazione Donne – Orlando. Ci siamo messe in contatto perché vorremmo, con loro e tante altre associazioni e gruppi, poter avere relazioni, incontri, condividere progetti.
Anche il 30 settembre ci sono state oltre agli scambi, alle parole tra di noi, alla segnalazione di siti e pagine FB interessanti, di giornali, di blog, le letture di alcune bellissime poesie.
Il 20 ottobre Sandra Federici ed io del Gruppo Marija Gimbutas, siamo andate nelle classi terze delle scuole medie di Sasso ed anche là, a ragazze/i, abbiamo portato le nostre voci, le poesie, le immagini delle bambine/i e donne afghane, perché si pensi al mondo, alla sofferenza, all’importanza di non vivere in una dittatura, alla necessità di studiare, di capire, di essere attente/i ai doveri ma anche ai diritti…Abbiamo mostrato immagini, raccontato e letto dei landai, dei precetti dei talebani… Abbiamo trovato come sempre ragazze/i splendidi, brave e sensibili insegnanti. Perché la scuola, come leggerete dalla bellissima poesia che abbiamo ascoltato il 30 settembre nella piazzetta e il 20 ottobre nelle classi, la scuola è davvero un laboratorio di pace, un luogo di resistenza e lo dovrebbe sempre essere. Nella scuola riponiamo grandi aspettative.
Con ragazze/i prepareremo il prossimo 25 novembre, che si terrà in una sala del Comune di Sasso come avveniva da tanti anni, prima del covid. E ne scriveremo su Cartesensibili.
Ecco allora la bellissima poesia che avevo letta su FB nella pagina della poeta Lou Vezzali il 9 sett 2021 e la sua premessa:
– Pubblichiamo sul LetterateMagazine questa poesia di ADRIENNE RICH che vogliamo dedicare alle maestre e alle studentesse afghane: parla della scuola come “laboratorio di pace” e di resistenza, con le maestre che vanno a scuola sotto i bombardamenti, alzano la mattina le pesanti tende verdi, sanno che il primo problema del giorno è la fame, o il mal di pancia, o bambini che sono ammutoliti e lasciano latte alla gattina perché è sorella dei bambini. La traduzione è di Loredana Magazzeni e compare nel libro di Adrienne Rich, “Cartografie del silenzio. Poesie scelte 1951-1995”, a cura di Maria Luisa Vezzali, pubblicato nel 2020 da Crocetti. –
Vittoria Ravagli
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Testi tratti da “Cartografie del silenzio. Poesie scelte 1951-1995”, di Adrienne Rich, pubblicato da Crocetti edizioni 2020.
A cura di Maria Luisa Vezzali, traduzione di Loredana Magazzeni
La scuola fra le macerie
Beirut. Bagdad. Sarajevo. Betlemme. Kabul. Certo non qui.
1.
A insegnare dalla prima all’ultima lezione
– grande luce dell’estate che declini durerai
oltre l’orario di scuola?
Quando i bambini sciamano
in fila alle entrate
MASCHI FEMMINE e i maestri indaffarati
aprono o chiudono le alte finestre
con aste a uncino tracciando ombre ramate
armadietti spalancati, serrati
domande non fatte, fatte, quando
l’amore di un sì tracciato di fresco
con la matita perfettamente temperata
ordine senza crudeltà
una strada sulla terra né in paradiso né all’inferno
gremita di commerci e devozione
giovani maestri in marcia verso scuola
pane fresco e bancarelle aperte all’alba
2.
Quando l’attacco squassa la volta stellata quando i bagliori
notturni
confondono la notte e la giornata quando da stanze
dei quartieri alti abitate
franano nei crateri delle strade di sotto
cornicioni di antichi decori membra smembrate
quando il terrore vuota le strade
Quando l’intera città si rapprende
sotto le suole in sangue cristallizzato
Chiunque attraversi acquattata in ginocchio le zone
occupate
sa perché compie quest’azione suicida
La scuola è aperta notte e giorno
i bambini dormono
nelle aule i maestri accovacciati accanto
3.
In che modo il bravo maestro ha amato
la sua scuola gli alunni
il refettorio coi panini preparati di fresco
limonata e latte
l’aula i terrari di vetro
col muschio e le tartarughe
insegnando responsabilità
Un mattino irrompe senza pane o latte fresco
genitori o programmi
la diarrea è la prima domanda del giorno
i bambini tremano è settembre
Seconda domanda: dov’è la mia mamma?
4.
Uno: non so la tua mamma
dov’è Due: non so
perché stanno cercando di colpirci
Tre: né la latitudine e la longitudine
del loro odio Quattro: non so se noi
li odiamo altrettanto Credo ci sia ancora carta igienica
nell’armadietto delle scorte Vado a forzarlo
Oggi questa è la vostra lezione:
scrivete più chiaro che potete
nome indirizzo e numero civico
in fondo a questa pagina
No non potete ancora tornare a casa
ma non vi siete perduti
questa è la nostra scuola
Non so cosa mangeremo
andremo in cerca di erbe e radici commestibili
in cerca d’acqua benché le condutture siano rotte
5.
C’è una gattina che ha infilato la testa
tra le sbarre della finestra
ha fame come noi
ma può cibarsi di topini
il suo pelo fulvo che spunta
di una esistenza già selvatica racconta
i suoi occhi dorati
non accettano resa Ci insegnerà
Chiamiamola Sorella
quando avremo il latte gliene daremo un po’
6.
Ve l’ho detto, cerchiamo di dormire in questo buffo accampamento
Tutta la notte cattive cose radiocomandate sfrecciano fischiando
sopra di noi da qualche parte
Non diventate di pietra
Non smettete di chiedermi perché
Occupiamoci della nostra gatta ha bisogno di noi
Forse domani i fornai ripareranno i forni
7.
“Abbiamo cantato ninnenanne raccontato storie fatto
ombre d’animali con le mani
strofinato via resti umani da stivaletti e cappotti
imparato a memoria i nomi
che alcuni erano troppo piccoli per scrivere
altri avevano dimenticato”
Importante il video dell’artista Shamsia Hassani e la sua street art che ha interessato moltissimo le classi.