pizzica nel salento
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Elianda Cazzorla, dopo alcuni anni di ricerca e riflessione, di formazione filosofica ed esperienza letteraria, si misura con la sua seconda pubblicazione in prosa, consegnando alle stampe TELA DI TARANTA, un libro di 184 pagine, per i tipi di Iacobelli editore, frammenti di memoria.
La copertina icononica suggestiva è una elaborazione grafica di Yva, Danse, vintage photogravure, 1933. S’accenna al lettore che una valigia dal sud arriva a nord, a casa di Ada, contenente piccoli frammenti di vita perduta, tracce di una storia. Ada raccoglie la sfida del mistero contenuto in una piccola scatola di legno, all’interno della valigia, e comincia ad essere visitata da voci, dai fantasmi di Annabella e Anna, un’antropologa e una tarantata, al punto da doversi mettere in viaggio.
Il riferimento agli studi e alle ricerche di Ernesto de Martino costituiscono un punto di pregio del lavoro narrativo. Come sappiamo il noto antropologo ebbe a intraprendere e svolgere negli anni ’50-60 i suoi studi sul sud e i suoi riti, le sue magie e credenze, in particolare ad osservare, con la sua equipe al seguito, il fenomeno delle tarantate.” Il metodo usato da De Martino era l’osservazione diretta, la raccolta di documenti visivi, di foto, di voci, in loco, nel Salento. Lo scalpore suscitato allora da questa operazione, dovuto al clima di quegli anni pieni di fermento, si inseriva in quel discorso politico del meridionalismo. Questo è lo sfondo su cui si muove l’azione della protagonista, Ada. E qui si innesta il lavoro di letteratura della narrazione dell’autrice. Ada è una giornalista, una figura inquieta che si avvicina a questo mondo, dopo aver ritrovato in una valigia di famiglia, ricordi, appunti, messaggi, rotolini di carta della madre che sembra consegnarle una traccia in consegna, una mission. Ada va a Roma al Museo delle tradizioni popolari per capire chi è la tarantata che probabilmente ha scritto delle lettere ad una ricercatrice del gruppo di De Martino, Annabella Rossi.
Il testo assai ricco e interessante coniuga ricerca storica antropologica e letteratura narrazione. I generi ormai nel secondo novecento, non solo in letteratura, ma in tutte le arti, di fatto si contaminano sempre più, nelle più varie interazioni. La scelta letteraria operata da Elianda Cazzorla mi sembra sia di una prosa poetica, a cavallo tra l’autofiction, l’introspezione e l’approfondimento storico e sociologico. La bellezza della narrazione sta, a mio avviso, nell’aver saputo coniugare il registro di invenzione con l’indagine, per niente didascalica, su fatti ed esistenze, in particolare intorno e dentro la vita di una donna straordinaria, realmente esistita, i cui importanti meriti professionali non le furono mai riconosciuti, fino a passare sotto silenzio, malgrado i contributi decisivi offerti. Dunque il pregio di questo lavoro è anche la temperie femminista, elegantemente dissimulata nel discorso narrativo, nella invenzione affabulatoria, con il risultato di rendere giustizia a una concreta storia di donna. Una storia che è stata anche la storia di molte altre generazioni di donne, una condizione con la quale, a pensarci con onestà, il nostro presente ancora ammorbato da una cultura patriarcale diffusa in modo subdolo, si deve confrontare.
I fatti di attualità ce lo ricordano. Occorre avere avvertenza degli enormi ritardi con cui il mondo accoglie il contributo fattivo delle donne, in termini di cultura, creatività, libertà esistenziale. Questo ferisce e mina la democrazia, la civiltà dei popoli c.d. evoluti, ricchi, e condanna quelli meno evoluti e meno ricchi a sacche di drammatica soggezione ai poteri forti, cioè anche al pensiero unico che controlla ogni relazione sociale, ogni evoluzione socioculturale, quindi anche l’inclusione e il riconoscimento dei meriti delle donne ai notevoli successi di quanti si avvalgono delle loro competenze.
Il libro è quanto mai attuale perché lancia uno sguardo al recente passato, di cui siamo tutti figli e perché senza memoria e senza amore per la storia non ci può essere presente né futuro, non ci può essere progresso e progetto. E questo costituisce un vulnus all’avanzamento della civiltà umana, non solo femminile. Il libro è pregevole anche perché si lascia scorrere amabilmente, fin nelle pieghe dell’anima della narratrice che tesse, appunto, la sua tela, dispensando generosamente attraverso la voce delle protagoniste, scorci di umanità, senza ipocrisia e retorica.
“Quanto poco sappiamo delle persone che vi vivono accanto e anche di chi ci ha messo al mondo. Sono lì ogni giorno e ogni giorno potremmo sapere. Invece rimaniamo convinti che ci sia tempo. Camminiamo sulla stessa strada, assieme mangiamo un gelato, prepariamo la torta, guardiamo un film, andiamo in visita, ci diamo la buona notte, eppure sappiamo poco di quella persona.”
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Oggi dinanzi alla industria e al mercato editoriale avere il coraggio di licenziare un’opera così, leggera eppure densa di contenuto, significa anche stare fuori da un sistema di pensiero unico, permettersi il lusso di riflettere sul microcosmo di cui ci sentiamo padroni e condividere con i lettori il sogno di ripensare le relazioni non solo interpersonali ma comunitarie, collettive, imparare ad ascoltare, a dialogare, a gestire diversamente il nostro destino a partire dal quotidiano.
Maria Grazia Palazzo
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Elianda Cazzorla, Tela di taranta– Iacobelli editore 2021
L’ha ripubblicato su Elianda Cazzorla.