interno di casa andriollo- la casa di alice
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E’ di recente uscita una interessante antologia poetica, curata da Lucia Guidorizzi: “Nelle stanze di Alice”- Ed. Supernova 21- Nel leggerla, si viene trasportante/i in un mondo, un “piccolo mondo antico”, da cui tante/i di noi si sentono – come primo impulso – distaccate/i, come si trattasse di una storia relegata tra le montagne, là dove il “progresso” arriva tardi. Eppure, avendo il desiderio di capire, pensando e leggendo, ascoltando le proprie segrete reazioni e confrontandole con quelle di altre donne emancipate e proiettate in una vita del tutto diversa, ecco forse si riesce a sentire un dolce e leggero struggimento che ci porta a vedere in lei – in Alice – un simbolo, un riferimento, un grande o piccolo pezzo di noi, spesso legato all’educazione avuta dalle madri, dalle donne di casa. La parte rimasta a metà tra donna e bambina, tra bambina e donna…
Ecco la storia, a partire dalla dedica di Lucia: “ad Alice e alle conoscenze segrete delle donne”.
L’Amministrazione comunale di Borgo aveva accolto il progetto di Rosanna Cavallini per la creazione di un Museo dedicato ai “saperi femminili”. In un suo breve scritto che apre l’antologia, Rosanna Cavallini racconta che Alice, alla quale non fu permesso il matrimonio, si occupò della vita dei tre fratelli e del padre, finendo poi la sua vita nella casa, sola. “…la storia che ci accoglie in queste stanze è quella di un’Alice sorpresa nell’ordinaria avventura della vita comune…Una traccia leggera, un’impronta che traspare dagli oggetti rimasti al posto loro nella consueta disarmonia del quotidiano.” Il Museo di Alice si trova ad Olle di Borgo Valsugana (Trentino Alto Adige).
Lucia Guidorizzi scrive tra l’altro: “…ho sentito di dover fare qualcosa, per risarcire quel femminile nascosto, occultato dietro le pareti domestiche, soffocato dalle varie incombenze di una vita monotona…”; “…ho coinvolto delle amiche e delle autrici con le quali condivido la passione per la poesia ed ho proposto loro di iniziare una nuova avventura: attraversare le stanze di Alice per raccontare la sua vita e risarcirla dei tanti anni trascorsi nella solitudine e nel silenzio. Il progetto è stato accolto con entusiasmo…”. “Così la poesia ha riannodato i fili di un sapere interrotto, interrogandosi sul senso della vita e della dimensione più profonda del femminile.”
Il Museo era certo nato per mantenere nella zona la testimonianza di un periodo storico attraverso una casa tipica, con mobili, oggetti, utensili, creazioni di un tempo; un luogo da poter rivisitare fermando così il trascorrere degli anni, un tuffo nel passato. Ma è uscita potente, da quelle mura, la figura di Alice, alla quale ci siamo ispirate, per riferirci alle tante donne “sacrificate” del passato e del presente, ma anche a noi stesse forse, a nostre amiche, alle madri, alle nonne, in un risvegliarsi di emozioni , di sentimenti contrastanti che in comune hanno la condivisione e l’affetto per quell’Alice segreta che ciascuna di noi ha incontrato.
Ritroviamo in Alice la nostra attitudine alla cura, la forza di essere custodi del nido, penelopi che reggono integra la casa, lottatrici che in silenzio creano, aprono orizzonti insperati con infinita costanza, che aspettano il momento per ricavarsi intorno e fuori e dentro quello stato magico di vita desiderato da sempre.
Ora, dovendo scegliere tra le tante diverse, significative poesie, riporto quella di Guidorizzi: a lei, alla Alice di cui scrive, Lucia vuole restituire “visibilità e riconoscimento”. Aggiungo la poesia un po’ dissacrante forse, ma piacevole ed ironica di Silvia Favaretto, complice di un’Alice difficile da immaginare; poi quella che forse io preferisco, di Emanuela Parodi, per quel suo finale inaspettato e perfetto che anch’io vorrei per Alice e non solo…
Vittoria Ravagli
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museo casa andriollo
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Testi tratti dall’Antologia LA CASA DI ALICE
DIETRO LO SPECCHIO
Ricordi Alice?
In quella stanza c’è ancora
Il letto alto su cui stava il corpo
Del fratello morto
Che vegliavi ad occhi asciutti
Il tuo fratello più giovane
Precipitato giù dalla montagna
Per cogliere una stella alpina
– un piccolo fiore sul baratro –
Nella casa buia e silenziosa
Ascolti il vento che soffia
Lugubre sotto la porta
Nelle notti di tempesta
Senti stridere il pipistrello
Zampettare il ghiro in soffitta
La bambola vestita di trine
Sta tra due cuscini di raso
Con occhi di vetro ti guarda
Mentre infili l’ago nella cruna
Quando le donne cuciono
I loro pensieri corrono
Veloci come treni
Le dita si muovono rapide
Intessendo i fili dei destini
E così si formano disegni
Che raccontano quanto
Non è dato di vedere
Ricordi Alice?
Il tuo cane ti accompagnava
In lunghe passeggiate nella neve
Giocava con te ti seguiva nell’orto
Invecchiava con te giorno dopo giorno
Non aveva più fiato ti seguiva zoppicando
Sapevi che se ne sarebbe andato presto
Poi una mattina l’hai trovato morto
Alice quante volte ti sei vista
In quello specchio?
C’è ancora quel mondo fatato
Di cui ti raccontava la nonna
Quando la Valle era un fiordo
Su cui navigavano i santi
– Ce la faccio da sola –
Dicevi a chi si preoccupava per te
Quando avanti negli anni
Avevi nel caminetto
Poca legna da ardere
Alice ricordi?
Tu sapevi di quali meraviglie
È capace la terra in primavera
Quando l’acqua cantando precipita
Giù dai monti al tempo del disgelo
Dietro allo specchio
C’è il peso della tua vita trascorsa
Nel declinare dei giorni
Riponevi il pane nella madia
Riassettavi la stanza
Spolveravi piatti
Sui quali non mangiava più nessuno
La tua storia Alice è tutta scritta
In quelle tovaglie ricamate
Con cui non imbandivi più la tavola
Dietro allo specchio
C’è la tua storia segreta
Quando nei giorni di maggio
Camminavi scalza sul prato
Quante comete si sono spente
Quante come te sono appassite
Mantenendo un nucleo segreto di splendore
Alimentando un’interna luccicanza
Una stella viva inaccessibile
Quello che le donne non dicono
Rimane dietro lo specchio
In cui si guardano in silenzio
Ricordando la loro vita
Nelle stanze più segrete
Lucia Guidorizzi
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CIO’ CHE LORO NON SANNO
Ciò che sanno loro, Alice,
Non ha importanza.
Sanno che hai ricamato fiori sul fazzoletto
In cui si soffiava il naso quello
Che volevano fosse tuo marito
-non sanno delle iniziali dell’altro
il tuo amore vero
ricamate nella controfodera del reggiseno
appoggiate sul cuore
ogni giorno-
Sanno che hai cardato la lana
Fino a farti sanguinare le mani
Per il cappotto del tuo possibile futuro sposo padrone
-non sanno del giaciglio filato con ardore
nascosto in mezzo al pagliaio
sul quale ti ricordavi che ognuno nasce dal sangue
ma dal sangue d’amore-
Sanno che sapevi insaporire d’erbe speziate
Il più insipido degli intingoli col tuo orto in fiore
-non sanno delle pozioni e degli unguenti da strega
dei filtri d’amore e seduzione, di ferite sanguinanti
ricucite a baci e liquore
non sanno che le tue mani
come ogni mano di donna sulla terra
leniscono e conficcano
con lo stesso furore-
Sanno che hai badato alla casa per 75 anni
Cucendo abiti ai fratelli e rassettando gli angoli domestici
-non sanno di quella piastrella scostata
a custodire infilate nella pietra grezza
centinaia di lettere d’amore
e la sua ciocca di capelli
morbidi capelli di pegno ed amuleto
che non svaniscono nemmeno
con la morte del loro proprietario
fogli di grafia e crine di
imperituro amore-
Sanno che con parsimonia hai riempito il tuo cassone dotale
Di biancheria immacolata ed abiti freschi da contadina
Cosparsi di piccoli fiori secchi lilla
-non hanno scostato i tessuti grezzi
per affondare le dita nella seta come aveva fatto lui
quell’altro, quello che non era bene amare
quello che amava il profumo di lavanda
che restava rappreso ai tuoi seni
quando aprivi la camiciola-
Ciò che sanno loro, Alice,
Non ha importanza.
Noi lo sappiamo che non hai mai sposato l’abnegazione
Ma hai cavalcato – indomita- l’astuzia e la ribellione interiore
Perché la libertà è una condizione dell’anima
Anche per la moglie del fattore.
Silvia Favaretto
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ALICE E IL MARE
Di sicuro, il mare, tu non l’hai mai visto
forse neanche in sogno
concepita per essere
un solo respiro, un orizzonte
con la tua casa e la montagna
il pane, il bucato il rammendo
le erbe dei campi che guarivano
dai piccoli malanni, le chiacchiere serali
a menadito conoscevi la lingua del dovere
prima ancora del tuo nome
il corpo e i suoi desideri crocifissi
nella malta che teneva in piedi
i muri spessi della stanza da letto
oggi vanno e vengono dalla casa
-Il museo della tua vita-
visitatrici incredule di quel destino di fatica
e, tu, così fiera dell’ordine che regna…
i dispiaceri racchiusi
come lenzuola ben stirate nell’armadio
che nessuno deve sapere…sospettare
Dammi retta, Alice; è tutto a posto
si sono trasferiti altrove
quelli che accudivi, per amore o per forza
prepara la valigia, portati un cappello
una gonna leggera, una camicetta
Alice, vieni che ti porto al mare…
Emanuela Parodi
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https://supernovaedizioni.it/catalogo/nelle-stanze-di-alice
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