“…quando avrò queto il core, asciutti gli occhi,
vedrem ghiacciare il foco, arder la neve…”
F. Petrarca, Canzoniere, XXX, vv.9-10

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Violise Lunn, la loro creatrice, è una stilista di moda danese che, come leggo sul suo sito, vive in due mondi: uno in cui realizza abiti e accessori da indossare; un altro in cui crea abiti e accessori impossibili, tutti fatti di carta. Wearable e Unwearable, dice l’inglese con mirabile parsimonia. Da Indossare e da Non-indossare. Questi ultimi traducono in forme aeree ed evanescenti le sagome dei costumi sette/ottocenteschi, con i bustini stretti e le gonne gonfie come uova montate a neve, aggiungendovi un tocco imprevisto e ironico, quale ad esempio il profilo impresso della spina dorsale dove ci dovrebbero essere i bottoncini. Quasi sempre bianche, o con piccoli tocchi di rosso o di nero, queste vesti, appese a un filo invisibile, davanti ad antichi ritratti dei secoli passati, danno l’idea che l’anima del personaggio lì rappresentato, come in un sogno si sia reso magicamente visibile e resti lì a fluttuare.
Ci vuole grazia, passione, un po’ pazzia, per creare cose così inutili e fantastiche, e, dimenticavo, un delicato senso poetico dell’esistere.

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https://www.vogue.com/article/paper-shoes-and-dresses-by-danish-artist-violise-lunn