LE BAMBOLE DI DIOR by GARRONE- Adriana Ferrarini

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IL MITO DIOR

Vorrei invitarvi a dieci minuti di fiaba, firmati Garrone & Dior. Nel mondo sempre più abbarbicato al web nel quale il covid ci ha cacciato, mentre la polvere si deposita su  mostre e musei e passerelle, la moda si allea con registi, artisti e designer poliedrici alla ricerca di forme nuove che nutrano la nostra immaginazione. Così la maison Dior  riesce a incantare anche i più indifferenti al fashion con i film realizzati dal regista Garrone che già nel “Racconto dei racconti” aveva mostrato il suo talento nel mettere in scena ambientazioni fantastiche.

Questo suo video, che ha appena vinto il premio di Migliore film di Moda al VII Fashion Film Festival Milano, ci traporta in un mondo onirico e fantastico popolato di creature mitologiche, dove si aggirano ninfe e fauni, statue e tableaux vivants, donne lumaca e sirene.

All’inizio appare il lembo il impalpabile di una veste in chiffon grigio che viene rifinita ad ago e filo da una mano con il ditale, quindi l’inquadratura si allarga su un’ampia sartoria dove donne in camice bianco, silenziose, mettono gli ultimi punti ad abiti fluttuanti indossati da manichini in miniatura. Tutto in una soffusa gradazione di beige rosati da foto di un tempo passato.

Poi ecco un bosco luminoso e lussureggiante, un corso d’acqua immerso nel verde: qui una sirena tutta d’argento nuota flessuosa tra le alghe, delle ninfe dalla pelle bianchissima e dai lunghi capelli ramati fanno il bagno e il Narciso di Caravaggio in carne e ossa – o meglio in pixel – guarda incantato la sua immagine riflessa nell’acqua. In questo mondo bucolico e fatato da un enorme guscio argentato esce lenta una donna, e all’interno di un tronco, intorno al quale si abbarbica l’edera, stanno abbracciati due amanti con i capelli e la punta delle dita di muschio ed edera e infine una statua di Venere seduta muove adagio adagio la testa verso di noi. Due portantini, che paiono venire da un film di Wes Anderson attraversano il bosco reggendo per le stanghe un grande baule modellato come un palazzo. Lo posano, sollevano il coperchio ed ecco al suo interno appaiono quei manichini e quei pepli leggeri come sogni felici  e vaporosi come nuvole che prima avevamo visto confezionare dallo stuolo di sarte. Ognuna delle creature mitologiche esce dal suo mondo sospeso, stregata dal baule incantato, e ognuna sceglie una veste con la quale la vediamo poi correre o nuotare e fluttuare, in un tripudio di chiffon dai colori ambrati.

Le immagini scorrono accompagnate da una musica lieve che rievoca ritmi arabeggianti e contribuisce all’atmosfera onirica. Dieci minuti di fiaba, poi sullo schermo scorrono i titoli di coda e tra questi, per primi, come fossero le attrici protagoniste, i nomi di una ventina di donne a ognuno dei quali corrisponde un abito famoso della Maison: Djuna, cappotto a maniche larghe a pagoda, Frida, tailleur in shantung, Jacqueline, ecc. Finzione nella finzione.

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IL TEATRO DELLA MODA

I manichini con addosso abiti della haute couture francese si erano già visti subito dopo la guerra. Infatti nel 1945/46, nacque a Parigi il Théâtre de la Mode, un’esposizione di moda itinerante a cui collaborarono stilisti, artisti, scenografi, scrittori, registi, le migliori menti creative dell’epoca. L’intento era doppio: ridare slancio all’industria francese dell’Alta Moda messa in difficoltà dall’occupazione tedesca che aveva mirato a fare di Berlino e Vienna le nuove capitali della moda,  ma anche  raccogliere fondi in favore dei sopravvissuti della guerra.

Si realizzarono così 13 scenari, raffiguranti sfondi parigini o luoghi immaginari entro cui vennero collocati manichini con indosso “abiti curati nei minimi dettagli, dai bottoni, alle chiusure fino ai minutissimi ricami e agli accessori quali scarpe in miniatura, borse, guanti, cappelli, cinture, gioielli e persino parrucche.”[1]
Diverse case di moda aderirono al progetto, ognuna ideando cinque vestiti ad hoc. Il teatrino ebbe un enorme successo e dopo aver fatto il giro dell’Europa arrivò negli Stati Uniti. Ora è parte della collezione permanente del Maryhill Museum of Art, nello stato di Washington

LE PANDORA

Quel teatro della moda a sua volta riprendeva e metteva in scena un’antica tradizione della moda francese, che sembra risalire addirittura al XIV secolo: le bambole Pandora, bambole vestite alla francese che portavano in giro per l’Europa le ultime novità della moda francese.

Sul blog Deja Vu, ricco di informazioni nel campo della moda, F. Galassini scrive che “hanno viaggiato in tutto il mondo in nome della moda e sono divenute le più importanti e popolari merci d’esportazione francesi, nonché una sorta di rappresentanza diplomatica. Nel 1712 per esempio quando Francia e Inghilterra erano in guerra l’una contro l’altra le bambole furono esentate dall’embargo sulle importazioni nemiche e furono inoltre scortate da una cavalleria”[2].

Poi nel XIX secolo sono arrivate le riviste di moda, le sfilate, le passerelle e le bambole alla francese o di porcellana sono finite a fare bella mostra di sé al centro di un letto o da premio nel tiro al bersaglio nelle fiere di paese: a loro volta i mannequin, cioè i manichini, si sono trasformati in mannequin, termine ora in disuso, che sta per modella.

Dopo la guerra, in un momento di difficoltà, l’alta moda francese le ha ritirate fuori e ne ha fatto un teatro. Ora Garrone ci ha fatto un video. Dalle Bambole al Teatro, dal Teatro al Film per il Web. I mondi in miniatura ispirano i mondi reali.

Adriana Ferrarini

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NOTE AL TESTO

[1] https://www.2ofakindmag.com/603/

[2] https://www.dejavuteam.com/le-bambole-pandora/

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