octavia monaco- hecateia carmina
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“Non lascerai vivere colei che pratica la magia”[1]
Le Cacce a Streghe e Stregoni, con i loro innumerevoli roghi collettivi e le atroci violenze di ogni tipo, iniziarono nel 1326-1327 quando- con la Bolla Super illius specula– il Papato equiparò la Stregoneria all’eresia, reato per il quale era contemplata la pena di morte.
In precedenza, nel Medioevo, la situazione si presentava assai diversa, come si evince dal Canon Episcopi, documento carolingio in cui si raccomandava ai vescovi di non credere ai poteri magici di “certe femmine perverse” che, schiave di Satana e sedotte dai “fantasmi di demoni”, “affermano di cavalcar la notte in groppa ad animali con Diana, dea dei pagani, e un’infinita moltitudine di donne”. Si tratta solo di allucinazioni, decretava il Canon.
Ai gruppi femminili che si riunivano per praticare la Magia venivano del resto assegnate, in quel tempo, le stesse peculiarità di cui erano detentrici le Dominae Nocturnae, le Signore della Notte, demoni femminili della tradizione folclorica medievale simili alle fate: perlopiù innocue, queste donne non avevano contatti espliciti con il Diavolo e quindi erano solo redarguite e non perseguitate dalla Chiesa. Ma la questione si ribaltò- lo si accennava- quando papa Giovanni XXII tramite la citata Bolla identificò la Stregoneria con un culto reale e pericoloso in cui era tangibile la presenza di Satana. Iniziò così la Caccia alle Streghe, la cui gestione venne affidata nel 1542- all’alba della Controriforma- a un ente istituito per scovare e reprimere le eresie: la Santa Romana e Universale Inquisizione, l’ultima delle tre grandi Inquisizioni europee, divenuta poi Sant’Uffizio e tuttora attiva come Sacra Congregazione per la Dottrina della Fede.
Questo cruciale passaggio antropologico fu dapprima caratterizzato dall’intrecciarsi della primeva credenza in una società magica di donne, orchestrata da una figura femminile detta Diana, Erodiade o Signora del Buon Gioco, con quella parimenti tradizionale nelle Streghe malefiche, mentre a partire dalla prima metà del Trecento si assisté all’irrompere definitivo di quegli elementi satanici che la percezione collettiva attribuirà alle società di Diana, trasformandole in bande di scellerate pronte a ogni misfatto pur di soddisfare il loro amante Lucifero.
Giuseppe Bonomo nel suo Caccia alle Streghe (1971), opera miliare degli studi storiografici sulla Stregoneria, ha analizzato similitudini e differenze fra gli stadi iniziale (A) e finale (B) del processo, che meritano di venir riassunte per formarsi un quadro più preciso sullo sviluppo degenerativo della Stregoneria- o almeno del suo mito- sia in Italia che in Europa.
Le similitudini sono sintetizzabili nel fatto che in ambedue i modelli le Streghe percorrono a dorso di animali distanze straordinarie in poco tempo, si ritrovano di notte, amano danzare, banchettare e far festa.
Ecco invece, di seguito, le principali differenze.
CHI GUIDA IL GIOCO
A. Chi guida il gruppo è una donna o Signora del Gioco, che è gentile con adepte e adepti.
B. Chi guida il gruppo è il Diavolo in persona, severo e punitivo.
INFANTI
A. Le Dominae li amano e coccolano, anche se possono far loro dispetti.
B. Le Streghe succhiano loro il sangue, li uccidono e mangiano, facendoli poi rivivere con organi sostituiti da materiali vili e inerti.
ANIMALI
A. Al Gioco si radunano molti animali, che vengono prima mangiati e poi risuscitati da Madonna Oriente con la bacchetta, strumento con cui fa anche tornare intatte le forme di cacio e riempie di vino e pane le botti e i canestri.
B. Gli animali “servono al diavolo per sfogare gran parte dell’odio che egli cova contro le creature di Dio”.
PECCATO
A. Le partecipanti al Gioco sono convinte di non commettere peccato.
B. Il peccato è richiesto espressamente dal Diavolo alle adepte e loro sono convinte di commetterlo.
PROPAGANDA
A. Signora Oriente obbliga le sue “figlie” a non rivelare alcunché di quanto si svolge nei loro segreti consessi.
B. Il Diavolo invita le Streghe a far proselitismo.
MAGIA
A. Nelle adunanze non si attende “che a operazioni o a istruzioni di magia: la maestra predice il futuro, ridona la vita alle ossa degli animali mangiati, insegna la virtù delle erbe” e “il modo di curare le malattie” (non è un caso che molte accusate di Stregoneria fossero erboriste e medichesse).
B. Il Diavolo dà i mezzi per compiere quanti più malefici possibile.
In verità ciò che sappiamo sulle Streghe e sulle loro attività lo si ricava solo dai processi. Esistono quindi due gravi problemi per la corretta comprensione del fenomeno: a parlarne furono soltanto gli accusatori- e quindi testimoni di parte avversa- e poiché i dialetti locali venivano traslitterati in lingua giuridica non si ha alcuna certezza che i resoconti delle imputate siano stati trascritti in modo fedele; la situazione è poi complicata dal fatto che le confessioni venivano estorte con la tortura, circostanza che induce a diffidare ulteriormente sulla veridicità degli eventi narrati.
Seguendo il fil rouge cronologico degli atti processuali si rileva tuttavia come le società di Diana, dapprima esclusivamente femminili, accolsero con il tempo al centro dei riti anche un “sacerdote” che, presentatosi come una sorta di Dio cornuto compagno di Diana, assunse a poco a poco le sembianze del Diavolo, finendo per detronizzare la Dama. D’ora in poi delle Streghe si racconterà che uccidono infanti, si trasformano in bestie, stringono patti diabolici, suscitano tempeste, sterilità e impotenza, compiono atti osceni e sacrileghi e si ritrovano al Sabba, festa rituale i cui momenti clou sono: il volo notturno per raggiungere il luogo della riunione (effettuato forse con sostanze allucinogene inserite pure nella vagina con la nota scopa), adoranti omaggi al Diavolo, il “banchetto che non sazia”, danze frenetiche, orge sessuali… Elementi attestati da tutti i documenti.
Fra le analisi storiche sulla Stregoneria concordiamo con quella di Pinuccia Di Gesaro, la quale- rielaborando le dense argomentazioni di Margaret Murray, Giorgio Galli, Marija Gimbutas e altre/i- inquadra il fenomeno come la sopravvivenza di una cultualità pre-cristiana in cui confluirono molteplici componenti, fra cui un sincretismo religioso venato di matrismo. La ragione per cui le Streghe furono così ferocemente avversate è poi individuabile, sempre in quest’interpretazione, nel tipo di cosmovisione di cui erano portatrici. Le Streghe infatti, versione popolare dei colti Maghi rinascimentali, dei quali condividevano una concezione magico-olistica del mondo, costituivano al pari loro un modello di pensiero incompatibile con la cultura scientifico-illuministica del nascente Stato moderno.[2] E andavano eliminate.
Come infine venissero condotti i processi inquisitoriali lo racconta, verificata la crudeltà dei propri confratelli inquisitori,[3] il gesuita tedesco Friedrich Von Spee (1591-1635), il quale nel 1631 scrisse contro gli abusi dell’Inquisizione la Cautio criminalis, che fu pubblicata anonima e che un certo padre Roestius cercò di far inserire nell’Indice dei libri proibiti.[4]
L’indignazione di Von Spee era suscitata da casi a cui aveva personalmente assistito in Germania, come quello di Gaia,[5] “una povera donna di nessun conto”. Se contro di lei ci siano soltanto “voci maligne e anonime” ciò non costituisce un ostacolo all’arresto perché i casi sono due:
o questa Gaia ha condotto una vita dissipata o ne ha tenuta una onesta. Nel primo caso dicono che si tratti di un indizio importante: infatti non è difficile presumere che si passi da una disonestà a un’altra. Se invece ha tenuto buona condotta anche questo è un indizio e non meno grave: infatti affermano che le streghe usano la precauzione di nascondersi e di cercare di sembrare il più possibile oneste. Si ordina quindi che Gaia sia gettata in carcere. Ed ecco pronto un nuovo indizio. Due sono infatti le possibilità: o Gaia a questo punto si mostra spaventata, oppure no. Se mostra paura, anche perché sa quanto siano pesanti le torture che usano adoperare in questi casi, già questo è un indizio. Dicono, infatti, che la sua stessa coscienza l’accusa. Se non mostra timore, perché ha fiducia nella sua innocenza, anche questo è un indizio. Dicono, infatti, che sia proprio una caratteristica delle streghe aver sempre sulla bocca la propria innocenza ed andare a testa alta. […] A queste imputate non è concesso né un avvocato né una difesa imparziale […] Quindi chi voglia difenderle e assumersi la loro causa viene a sua volta sospettato [… e] chiamato avvocato delle streghe. E così tutte le bocche si sono chiuse […] Prima di essere torturata è tratta in disparte dalle guardie, è rasata in tutto il corpo ed è perquisita accuratamente e sfacciatamente fin nelle sue parti intime per scoprire se sia munita di amuleti magici per sopportare il dolore della tortura, anche se finora non ne hanno mai trovati [e a farlo sono pure] inquisitori ed ufficiali ecclesiastici di principi ecclesiastici. […] Poi quando Gaia è stata così rasata e perquisita viene messa alla tortura perché confessi la verità, cioè semplicemente perché si confessi colpevole. Quanto di diverso potrà dire non sarà considerato vero, né potrà esserlo.
È sottoposta alla tortura di primo grado, cioè alla più leggera. Il che vuol dire che, sebbene sia pesantissima, tuttavia sembra lieve rispetto alle torture che seguiranno. Perciò se confessa proclamano a gran voce che ha confessato senza tortura. […] Non hanno dubbi: dopo questa confessione è condannata. Sarebbe stata condannata lo stesso, anche se non avesse confessato. Infatti dopo che si è dato inizio alla tortura non c’è più modo di sfuggire, il dado è tratto, deve morire. […] Se non confessa viene di nuovo sottoposta a tortura, due, tre, quattro volte; fanno ciò che vogliono. Infatti in un crimine eccezionale come questo non c’è norma per la durata, il grado e la frequenza della tortura. […] Durante la tortura l’accusata può volgere intorno lo sguardo, oppure tenerlo fisso davanti a sé. Si tratta di nuovi indizi. Infatti se volge intorno lo sguardo dicono che sta cercando il suo amante, il diavolo; se tiene lo sguardo fisso è segno, dicono, che lo ha già trovato, che lo sta guardando. E se durante le ripetute torture continua a restare in silenzio, se irrigidisce il volto contro i tormenti, se cade svenuta, dicono che sopporta la tortura ridendo e dormendo perché è protetta dall’incantesimo del silenzio e che questo prova la sua colpevolezza: bisogna assolutamente bruciarla viva.[6]
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octavia monaco- hecateia carmina (dettaglio)
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C’era una volta
Data la perdurante demonizzazione della Stregoneria, e in particolar modo delle donne che la praticavano, non fa meraviglia che il folclore fiabistico europeo, soprattutto nei paesi dove la Caccia fu più pervicace, abbia presentato la Strega con quei connotati di perfidia e laida bruttezza che tutte e tutti ben conosciamo! La Strega è cattiva per antonomasia, ogni suo pensiero è rivolto al male altrui e ama distruggere qualunque essere buono, bello e felice.
I racconti popolari che furono raccolti, trascritti e rielaborati dai tedeschi Grimm sono infarciti di donne malvagie- streghe, maghe, matrigne- che possiedono poteri magici e li utilizzano con empie intenzioni. Veleni, metamorfosi animalesche, incantesimi e cannibalismo sono le armi che queste malefiche femmine scatenano contro avvenenti fanciulle, uomini ingenui, bambini/e irrequieti/e…
E proprio da quest’ultima funzione aggressiva nei confronti della prole umana deriva un certo tipo di Strega proposto dalla moderna narrativa per l’infanzia.
Il prototipo lo ritroviamo in un libro degli anni ’80 dalla singolare potenza immaginifica: Le Streghe dell’inglese Roald Dahl (1916-1990), geniale scrittore che ha contribuito in misura determinante a rinnovare la letteratura giovanile, benché le sue Streghe- che comunque vanno intese come una metafora della ferocia del mondo adulto nei confronti dell’infanzia- aderiscano pedissequamente all’icona usuale, come emerge dalla loro descrizione.
Una vera strega odia i bambini di un odio così feroce, furibondo, forsennato e furioso da non poterselo immaginare. […] le streghe […] somigliano alle donne. Parlano come le donne. Si comportano come loro. Ma in realtà sono creature del tutto diverse, demoni in forma umana, ecco cosa sono! È per questo che hanno gli artigli, la testa calva, un naso bizzarro e gli occhi così strani.[7]
Di notevole effetto il ritratto della Strega Suprema, o “Regina di tutte le streghe”, il cui viso
era talmente rugoso, appassito, raggrinzito e deforme da sembrare marinato nell’aceto. Che spettacolo atroce, abominevole! Sì, quel viso era putrido e immondo, scaglioso e flaccido. Pareva si decomponesse a vista d’occhio e intorno alla bocca, lungo le guance, la pelle era marcia e incancrenita, come smangiata dai vermi. […] Ma la cosa peggiore erano gli occhi: brillanti e gelidi, […] con uno sguardo da serpente.[8]
Il riferimento al serpente apre uno squarcio antropologico interessante: quest’animale, infatti, è stato anticamente associato alla Sacralità Femminile e ne ha perciò subito il medesimo processo di demonizzazione, finendo identificato in ambito cristiano con il Nemico per eccellenza di Maria (che infatti lo schiaccia sotto il piede) e- per estensione- di tutte le donne.
La narrativa infantile e giovanile contemporanea include tuttavia altri modelli di Streghe oltre a quello tradizionalista negativo. Spesso si tratta di adolescenti d’oggi che scoprono di possedere doti magiche, e talvolta si dibattono in una crisi d’identità tra il desiderio di accettarle e sfruttarle e il timore di venir escluse a causa della propria diversità.
Un bel romanzo è La figlia della luna di Margaret Mahy (1984), eccezionale scrittrice neozelandese per ragazze e ragazzi. La storia è quella di Laura, 14 anni, che attraverso l’incontro con una famiglia di Streghe apprende come usare le proprie facoltà per salvare il fratellino da uno Stregone, il personaggio che qui assume le fosche tipicità attribuite alle personalità stregoniche. Quattordicenne è pure la protagonista di Strega a malincuore dell’americana Jean Thesman (1999), a disagio per i propri poteri magici, che le risulteranno invece preziosi per aiutare due amici che soffrono. E di tante altre opere ancora- alcune delle quali apertamente connesse ad ambienti della Wicca[9] o neo-Stregoneria contemporanea- potremmo a lungo disquisire…
La Strega letteraria che c’interessa qui analizzare è però soltanto quella che si confronta o coincide cronologicamente con la Stregoneria storica di cui abbiamo tracciato in apertura un rapido excursus: un’etichetta che incluse le figure più varie, da erboriste e ostetriche a ragazze ribelli, da anziane eccentriche a vittime di vendette personali o del mero caso, da disturbate psichiche a poverette improvvisatesi fattucchiere per racimolare un po’ di soldi, fino a donne più consapevolmente orientate a conservare e perpetuare il loro legame con quei riti magico-pagani da cui l’imperante Cristianesimo le aveva allontanate.
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Per adolescenti…
Procediamo dunque a una breve panoramica di libri indirizzati alla fascia d’età adolescenziale (ma godibili anche da un pubblico adulto) editi in tale chiave nel nostro paese, presentandoli in ordine di uscita: letture sicuramente più serie e proficue di certi manuali da strapazzo che, rivolti in primis alle giovanissime, tendono di contro a creare una fuorviante identificazione dei culti stregonici con gli incantesimi da fattucchieria.
Nelle edizioni scolastiche Bruno Mondadori esce nel ’79 il libro che si può considerare antesignano in Italia per quanto riguarda la Stregoneria storica proposta narrativamente a ragazze e ragazzi: Maja delle Streghe di Giuliana Boldrini, la cui protagonista, una dodicenne italiana, rischia il rogo perché coinvolta nelle accuse di stregheria mosse alla sua madrina. Il testo è corredato da supporti documentari che attestano la plausibilità storica della vicenda.
Nel 1992 Mondadori edita gli indimenticabili romanzi di due autori inglesi: Il rogo del celeberrimo Melvin Burgess e Le Sorelle della libertà di Roger J. Green.
Il primo, ambientato nell’Inghilterra d’inizi Seicento, narra di una Strega bambina che, mentre sta cercando di sfuggire agli artigli dei “cacciatori” animati da sacro furore cristiano, apprende i segreti di un antico culto pagano al quale è legata la Stregoneria: quello del Dio cornuto, che “non era affatto il Diavolo”, come credevano religiosi e fattucchiere, bensì “un essere più antico del Dio dei cristiani, un Dio degli animali e dei campi”.[10] Un’impostazione che risente palesemente del modello interpretativo proposto nel 1921 da un’egittologa e studiosa già citata, l’inglese Margaret Murray, che nell’introduzione al suo saggio Le Streghe nell’Europa occidentale scriveva appunto:
distinguo nettamente tra stregoneria pratica e stregoneria rituale. Nella stregoneria pratica rientrano tutti gli incantesimi e i sortilegi usati da streghe e cristiani dichiarati per fini benefici o malefici, per uccidere o guarire. […] La stregoneria rituale o culto di Diana- come propongo di chiamarla- comprende le concezioni religiose e i riti degli individui conosciuti nel tardo medioevo come “streghe”. […] Questo culto risale all’epoca precristiana ed era- a quanto sembra- l’antica religione dell’Europa occidentale. Il dio, antropomorfo o teriomorfo, era venerato con riti ben definiti.[11]
Le Sorelle della libertà si svolge invece nel Derbyshire del 1802 e intreccia la storia di un’aspirante “medica” vittima di pregiudizi con quella di una comunità di donne che vive nella foresta seguendo una filosofia di vita ostile al patriarcato cristiano e così sintetizzata in un brano del libro:
da lungo tempo l’armonia naturale è stata spezzata. Sono stati gli uomini a distruggerla, Sorella, non le donne. A poco a poco gli uomini hanno annientato le vecchie usanze. Hanno costruito chiese sugli antichi siti [megalitici] e hanno detto che lì vivevano un dio-uomo e suo figlio. Hanno chiamato diavoli gli antichi dei. E streghe le donne che ancora seguivano i costumi del passato.[12]
Green parla pure dell’uso di piante psicotrope da parte delle Streghe per ottenere stati alterati di coscienza, un tema che viene affrontato anche in Athanor del compianto scrittore e libraio Roberto Denti (Mondadori, 1994), il cui protagonista- un ragazzino ungherese del Trecento- è figlio di un alchimista e nipote di una Strega. Mentre la natura boschiva quale privilegiato habitat delle Streghe torna nella trilogia- edita da Mondadori- dell’inglese Theresa Tomlinson: La Donna della Foresta, in cui l’autrice rivisita le accreditate ascendenze naturistico-stregoniche del mito di Robin Hood.
Un caso a sé nella silloge che andiamo proponendo è costituito dal romanzo storico La Chimera di Sebastiano Vassalli, robusta e lucida opera che attraverso un affresco- dai forti sapori manzoniani- del Novarese a cavallo tra Cinque e Seicento racconta la storia della bellissima Antonia, un’orfana adottata da due contadini e poi bruciata sul rogo con l’accusa totalmente immotivata di pratiche stregoniche. Il libro- del 1990 e per adulti- è uscito nel 1993 per Einaudi Scuola in un’edizione scolastica rivolta al biennio.
Nel 1993 l’editrice Thema propone con Ippolita di Silvia Torrealta un altro aspetto del genocidio delle Streghe: le donne giustiziate con l’infondata accusa di pratiche magiche a causa della loro diversità di vita o temperamento, come appunto accade a Ippolita, ragazza bolognese del Seicento. La questione ricorre anche nel superbo volume La Strega di Vallebuja, realizzato da un’accoppiata d’impareggiabili artisti quali la scrittrice Bianca Pitzorno e l’illustratore Piero Ventura (Cartacanta, 2000). Qui accusata di Stregoneria- siamo nel 1641- è una diciottenne toscana la cui stranezza è originata dall’aver vissuto per un decennio in totale solitudine nel bosco dopo che tutta la sua famiglia era morta di peste. La giovane, una volta scoperta, diventa capro espiatorio di tutti i guai che colpiscono la sua comunità, sia collettivi (grandinate) sia individuali (impotenza e malattie).
Arrestata, torturata e addirittura violentata in carcere viene infine affogata in Arno, non essendoci legna sufficiente da poterne riservare al suo rogo senza provocare disagio pubblico…
Altra vittima dell’Inquisizione è la decenne tedesca Urschl, che tuttavia nel 1672 viene graziata nel processo che ha coinvolto le donne della sua famiglia (la nonna, la mamma, la zia), tutte bruciate sul rogo. Così come si salva un’altra decenne, l’ebrea Bettina, la cui nonna- ostetrica erborista- aveva subito il noto processo inquisitoriale svoltosi nel paese ligure di Triora nel 1587. Le due storie sono narrate rispettivamente in Cucciolo di strega della tedesca Therese Reichhart-Krenn (Fabbri, 1999) e in Quando soffia il vento delle Streghe di Vanna Cercenà (Fatatrac, 2002).
Risale al 2001 il best seller e romanzo cult Il viaggio della Strega bambina dell’inglese Celia Rees, edito da Salani. Splendidamente scritto, il libro si presenta come gli appunti diaristici fra il 1659 e il 1660 di Mary, un’adolescente inglese che, figlia e nipote di Streghe, tenta di sfuggire ai carnefici cristiani imbarcandosi per Salem. Lì subisce i pregiudizi dei coloni puritani, dal cui mondo riesce però a evincersi inserendosi sempre più intimamente nella civiltà sciamanica (in quanto tale affine alla Stregoneria) dei nativi nordamericani; e altri particolari sulla sua vicenda si possono apprendere nel seguito, Se fossi una Strega, edito nel 2003 sempre da Salani.
Queste opere della Rees, dove si allude dichiaratamente al famoso processo collettivo di Salem che coinvolse numerose ragazze “invasate dal Demonio”, introducono fra l’altro un ulteriore e rilevante aspetto della Caccia alle Streghe: la sua esportazione nel “Nuovo Mondo” delle Americhe, dove- come si legge nel cospicuo saggio di Itala Vivan dedicato alla Caccia alle Streghe nell’America puritana– l’immagine del Diavolo importata dall’Europa “non stentò a combaciare con la sagoma ‘paurosa’ del medico-stregone e dello sciamano, i cui abiti e gesti vennero subito collocati nella sfera del diabolico”: il nero e il pellerossa “incarnarono il Black Man, l’Uomo Nero, il Satana”, assurgendo al fatale ruolo di Avversario “del singolo e della collettività nella battaglia cosmica che contrappone bianco e nero”, divino e diabolico; tanto che “le corrispondenze fra le cerimonie e credenze dei pellirosse e l’universo del Satana cristiano, popolato di apparizioni, metamorfosi, prodigi e malefici, risultano chiaramente da tutti i documenti del Seicento americano”.[13]
Nel 2005 è uscito per Einaudi Ragazzi lo strepitoso Non chiamarmi Strega di Sabina Colloredo. La storia, ambientata fra Italia e Germania negli anni 1505-1555, in piena Caccia alle Streghe, racconta la vita della triorese[14] Lucetta, figlia di una Strega braccata dall’Inquisizione, con cui insieme alle sorelline tenterà fughe salvifiche viaggiando per tutt’Europa.
Da allora, purtroppo, nell’universo letterario giovanile distribuito in Italia è disceso un desolante silenzio sulla Stregoneria storica, che continua a emergervi qua e là, è vero, ma sempre contaminata da elementi fantastici e horror o dall’imperante fantasy[15] e non in romanzi storici specifici sul tema o nei quali quest’aspetto comunque prevale.
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… e per bambine & bambini
E per le età infantili cosa ha proposto negli ultimi anni l’editoria italiana? Anche in questo caso i libri con le streghe abbondano,[16] ma di nuovo ci preme zoomare solo su quelli in cui la Stregoneria storica costituisce il focus della vicenda.
Risale al 2008, rivolto ai 7-9 anni, il raro gioiello Tineke e Marike di Carolina D’Angelo (Edizioni Corsare), con le magnifiche e vibranti illustrazioni di Octavia Monaco, pittrice eccezionalmente sensibile ai temi connessi alla Sacralità Femminile.[17] Ispirato a una narrazione orale di Joyce Lussu raccolta dall’autrice, l’albo narra di due gemelle che, nate dall’amplesso tra una novella Leda e un maestoso cigno, dopo aver vissuto un periodo di felice esistenza acquatica in totale e nuda libertà vengono messe in orfanotrofio (essendo la madre fin dall’inizio misteriosamente scomparsa), poi vendute a un boscaiolo che le brutalizza e infine, dopo la fuga da costui, ingabbiate dal curato, che le condanna al rogo perché ree di avere i piedi palmati (una peculiarità ereditata dal padre), “prova manifesta del demonio seduttore”.[18] Risultate di peso colpevole sulla stadera- esistente davvero nell’olandese Oudewater dove si svolge la storia e attiva ai tempi della Caccia alle Streghe, che considerava sospetta l’eccessiva magrezza[19]- Marike e Tineke vengono offerte alle pie fiamme, quand’ecco irrompere stormi di bianchi palmipedi con un’azione metamorfica e rigeneratrice…
Nella dimensione breve di un albo illustrato vengono così a intrecciarsi tematiche che raggiungono profondità insolite nei libri per l’infanzia. Mito: nella leggenda greca Leda ebbe anche due gemelle, non solo due gemelli, dalla sua unione con Zeus-cigno. Storia: la Caccia colpì soprattutto le donne, bambine comprese, in quanto eredi di Eva che si lasciò pervertire da Satana (questa la tesi degli inquisitori). Sacralità: venendo le fanciulle predate per la Pentecoste, la discesa salvifica dei cigni pare alludere in chiave ribaltante a quella dello Spirito Santo/colomba sugli apostoli. Antropologia: il cigno, quale palmipede d’acqua in grado non solo di creare uova ma pure di segnare le stagioni migrando, costituisce una delle più arcaiche, diffuse e durature maschere zoomorfiche della Dea dei primordi.
E così, pur se mitizzata, la vicenda pone finalmente all’attenzione di lettori e lettrici più piccole/i gli orrori sia protestanti che inquisitoriali della Caccia, qui narrati con garbo poetico, ma senza perdere in spietatezza storica.
Per lo stesso target d’età è stato concepito Amor di Jorge Luján (Carthusia 2015, con suggestive e intense tavole a colori di Alejandra Acosta), un albo che, giocando linguisticamente con i molteplici anagrammi che si possono trarre dalle lettere formanti il titolo del libro, racconta della principessa dei mori Maro che ribellandosi al padre segue il proprio innamorato, il soldato Omar, fino a Roma, dove intanto stanno però infuriando i fuochi dell’Inquisizione…
Una dodicenne medievale è la protagonista del romanzetto Il segreto di Lucina di Lorenza Cingoli (Einaudi Ragazzi, 2018, illustrato in bianco e nero da Giusy Gallizia), piacevole dai 9 anni in su. Un segreto che non resta tale quando la ragazzina esce scordandosi d’indossare la cuffia e di truccarsi: è infatti un’albina, ma la superstizione religiosa del tempo la bolla subito come “figlia del Diavolo”, “spirito della notte”, “strega”. Non a caso sua madre è una nota guaritrice ed entrambe raccolgono erbe! Ma non è ancora il tempo di una sistematica Caccia alle streghe e Lucina non solo riesce a salvarsi ma trova addirittura il modo di farsi apprezzare grazie al suo piano per bloccare l’avanzata dei soldati nemici nel villaggio, come da buona tradizione delle avventure a lieto fine.
Con testo e illustrazioni straordinariamente evocativi Il cuore di Giovanna d’Arco di Michelangelo Rossato (Arka, 2019, dai 7-8 anni in su) ricorda una delle vittime più illustri dell’Inquisizione- in seguito dalla medesima Chiesa fatta santa- e dopo averne ripercorso le sfolgoranti vicende militari s’incentra sul processo in cui a 19 anni fu condannata al rogo a causa delle voci[20] che ne ispiravano le imprese a favore del re di Francia (infatti fu arrestata da francesi al soldo dell’Inghilterra, con cui la Francia era in guerra) e per le quali venne considerata eretica e strega.
Quanto luminose erano le mie amate voci, tanto tenebrose erano quelle dei miei inquisitori. Erano belve feroci vestite da vescovi e dottori. […] Mi tagliarono i capelli, fui derisa, ingannata, umiliata. Giorni, mesi di domande ingannevoli per confondere il senso di ogni mia parola. […] “Giovanna detta la Pulzella, questo tribunale ti dichiara colpevole di numerosi crimini. Invece di filare e pregare come le altre donne ti sei vestita da uomo e ti sei fatta condottiero di guerra. Hai praticato la stregoneria e con i tuoi sortilegi hai invocato demoni e spiriti maligni. Per tutte le colpe di cui ti sei macchiata ti condanniamo alle fiamme del rogo!”.[21]
Alle e ai 9-10enni si rivolge infine La strega di Liath Loch di Silvia Roncaglia (Solferino, 2019), un romanzo breve che si dipana tra elementi avventurosi e fantastici ed è ambientato in Scozia nel 1561. Protagonisti sono i gemelli Rhona e Hamish, di 13 anni, che cercano di liberare dalle grinfie dell’Inquisizione la madre guaritrice, accusata di stregoneria. Il libro ha il pregio di ricordare come citazione iniziale la frase biblica che anche nella nostra rassegna abbiamo usato quale epigrafe e con la quale- a memento della fonte radicale da cui è scaturito quel terrificante genocidio & ginocidio- chiudiamo così il nostro cerchio magico: “Non lascerai vivere colei che pratica la magia” (Esodo 22, 17).[22]
In attesa di nuove opere che arricchiscano la conoscenza di future donne e futuri uomini su un tema che è stato per troppo tempo storicamente ignorato.
BIBLIOGRAFIA DELLE OPERE CITATE
[ BOX 1 ]
Il tormento degli innocenti
“E perché il Reo alle volte, o per notori difetti del corpo o per evidente minorità degli anni, si rende incapace del tormento della corda [consisteva nel legargli le braccia dietro la schiena con una fune applicata ai polsi e collegata a un argano di sollevamento] e conviene perciò dargli altro tormento […] qui sotto si pongono le formule di ciascuno d’essi”.
Tormento del fuoco: “egli, con i piedi nudi spalmati di lardo di maiale e tenuti fermi in ceppi vicino a un bel fuocherello ardente […] all’inizio restò zitto […] poi cominciò a gridare ad alta voce: Ohimè”. Tormento della stanghetta: “fatto prostrare a terra gli si denudò il tallone del piede destro e lo si strinse tra due tasselli di ferro concavi. Quando l’inserviente li compresse con la stanghetta il Costituto [l’inquisito] cominciò a gridare”. Tormento delle cannette: “gli si misero le mani giunte davanti e si applicarono i sibilli dito per dito fra le due dita delle mani. L’inserviente strinse forte e il Costituto cominciò a gridare”. Tormento della bacchetta per i fanciulli, che abbiano però più di 9 anni: “non essendo assolutamente in grado il Costituto, per la sua giovane età, di sopportare il torcimento di membra, decretarono che fosse battuto con la bacchetta […] Pertanto ordinarono che […] fosse spogliato e gli fossero legate le mani alla corda davanti al viso per essere colpito con la bacchetta” (Eliseo Masini, domenicano. Pratica dell’Officio della Santa Inquisizione– edizione Bologna 1665, Xenia, 1990, p. 124-126).
In una delibera della Dieta di Ilanz (anche questa del 1665) si legge invece in riferimento a un caso avvenuto nel comune lombardo di Grosio: “atteso che tal gente, quantunque ancora in tenera età, difficilmente si rieduca alla emendazione; visto che la legge non consente di procedere coi tormenti; considerato però che non si potrebbe liberarli senza pericolo di infezione pel prossimo e che il voler permetter ai parenti di somministrare loro delle pozioni non s’addice al buon governo”, fu ordinato “che i bimbi siano tenuti segregati da ogni consorzio di uomini, né possano comunicare né con giovani né con adulti e che […] per mezzo dei sacerdoti siano applicati […] tutti gli espedienti adatti ad ottenere l’emendamento” (citato in: Sante, medichesse e streghe nell’arco alpino, Bolzano, Praxis 3, 1994, p. 117). Mentre diversamente avrebbe deciso il giudice Henry Bouguet, secondo cui bisognava “fare morire il bambino reo di stregoneria non soltanto quando sia in età pubere, ma anche in età inferiore, purché si riconosca che vi sia in lui malizia. In tali casi io consiglierei di non infliggere l’ordinaria pena degli stregoni, che è il rogo, ma qualche pena più dolce, come l’impiccagione” (Discorso sulle streghe del 1602, citato in: Fabio Troncarelli. Le streghe, Newton Compton, 1992 – 2. ed., p. 116). Bontà sua…
[ BOX 2 ]
Donne che volano
Non è incentrato sulla Stregoneria storica, ma merita speciale menzione un libro che, apparso nel 2001 in Italia per Buena Vista, rappresenta un insolito compendio dei temi dedicati alla Sacralità Femminile: La ragazza che toccò le nuvole (titolo originale, ben più conforme: Night flying, “Volo notturno”) della statunitense Rita Murphy.
Il romanzo narra le vicende delle donne della famiglia Hansen, le quali volano da generazioni, ossia da quando a fine Ottocento la loro ava Louisa- di sangue zingaro e giunta in America dall’Albania- sorvolò l’oceano cercando i suoi cari, periti nel naufragio cui era scampata. E volano trasmettendosi in linea femminile tale dono. Tutte le donne in verità lo possiedono, ma se ne sono scordate, mentre in casa Hansen la memoria è ancora intatta.
Siamo nell’ottobre 1998, ai margini di una cittadina del Vermont immersa in meravigliosi scenari naturali su cui le Hansen volano di notte, perché farlo di giorno è tabù. La famiglia è composta da una nonna dispotica (che impone regole e domina su tutte), da tre figlie di lei e dalla figlia di una di loro, Georgia. All’appello manca zia Carmen, la figlia ribelle allontanata dalla matriarca, che però ora ritorna. I tempi sono infatti maturi per far venire alla luce certi nodi segreti e tale rigenerazione familiare si consuma nella notte in cui Georgia per il suo 16° compleanno viene iniziata al volo in solitario, come da tradizione. La vicenda s’incentra tutta su questo rito di passaggio, grazie al quale- tramite l’affermazione di sé e la scoperta della propria identità- la più giovane finirà per arrecare emancipazione e libertà a tutte le Hansen.
Molti gli elementi che rimandano alla tradizione delle Streghe: il volo, il potere trasferito per linea femminile, il legame con la notte e la natura, l’universo zingaro. Inoltre Carmen usa le Rune (e sa, a quanto pare, gettare incantesimi) e la vecchia ricorda alcuni aspetti dell’archetipo Strega Terribile, relazionato all’isolamento dal maschile e alla senile sterilità.
NOTE
[1] Esodo 22, 17 (in alcune edizioni 22, 18).
[2] Di Gesaro. I giochi delle Streghe, p. 37.
[3] Von Spee. Cautio criminalis, p. 75: “Spesso coloro che presiedono ai processi contro le streghe sono persone incaute e prevenute; sovente la tortura è crudele e esagerata; molti indizi sono inconsistenti e pericolosi” e “il modo di procedere non di rado è in contrasto con il diritto e la ragione”. E ancora: “Le detenute possono ben piangere, parlare, spiegare il proprio caso, smantellare le basi dell’accusa, o anche solo chiedere di essere ascoltate, o di confidarsi senza testimoni con un religioso per chiedergli consiglio e per poterne avere qualche conforto in una situazione tanto tragica, o cose analoghe che si chiedono in questi casi… È inutile, si trovano di fronte solo statue insensibili, che si animano soltanto per continuare a rinfacciar loro di essere delle streghe o, quasi fossero tutte colpevoli, a chiamarle con i peggiori epiteti, come: testarde, cocciute, sporche meretrici, invasate, diaboliche, rospi muti, serve della Gehenna, ecc.”.
[4] Cfr. Di Gesaro. Streghe, p. 324.
[5] Si tratta di un nome da lui usato genericamente a mo’ d’esempio, tipo Tizia o Caia.
[6] Von Spee. I processi contro le streghe (Cautio criminalis), p. 336-340.
[7] Dahl. Le Streghe, edizione Salani del 1991 (prima ed. italiana 1987), p. 7 e 28. Da questo libro è stato tratto anche un film nel 1990, diretto da Nicholas Roeg e uscito in Italia con il titolo Chi ha paura delle Streghe?
[8] Ivi, p. 64.
[9] Nella fattispecie il riferimento è a due serie di libri uscite in Italia nella prima decade del Duemila: per le edizioni Armenia la collana “Il Cerchio delle Streghe” (2004-2005) di Isobel Bird, attiva nel movimento Wicca, e per i tipi di Mondadori, nella serie “Dark Magic” (2004-2009), i romanzi di Cate Tiernan, che pur non essendo wiccan simpatizza con questa neo-religione, di cui ha affermato di apprezzare soprattutto l’enfasi data alla Sacralità Femminile.
[10] Ivi, p. 113.
[11] Murray. Le Streghe nell’Europa occidentale, p. 12-13.
[12] Green. Le Sorelle della libertà, p. 46.
[13] Citazioni da p. 13, 51-53. Su questo tema vedi anche “La traversata delle Streghe nei nomi e nei luoghi” di Luciano Parinetto, in: Sante, medichesse e Streghe nell’arco alpino, atti dell’omonimo Convegno svoltosi presso l’Università Popolare Val Camonica-Sebino i giorni 24-25 aprile 1993 (Praxis 3, 1994).
[14] Il paese di Triora, come si è detto, è stato lo scenario di uno dei più clamorosi processi per Stregoneria della seconda metà del Cinquecento.
[15] La Stregoneria storica è apparsa- per esempio- nei fantasy La settima strega di Paola Zannoner (Fanucci 2006) e Il passato che brucia nella “Trilogia di Aton” di Gordon Magloire (Giunti 2012 e 2016) e negli horror Il settimo figlio di Joseph Delaney (Mondadori 2015), La figlia della strega di Catherine Egan (HotSpot 2017) e La voce delle ombre di Frances
Hardinge (Mondadori 2018). Particolarmente interessante è la presenza delle Streghe nella celeberrima trilogia fantasy Queste materie oscure di Philip Pullman, dove tali magiche donne si oppongono- con altre creature fantastiche e ribelli umane e umani- alla dittatura religiosa e politica di un Magisterium che è facilmente identificabile, secondo la descrizione che ne dà l’autore, con la Chiesa Cattolica Romana; vedi i libri che formano la trilogia- La bussola d’oro (1995), La lama sottile (1997) e Il cannocchiale d’ambra (2000)- oltre al film La bussola d’oro (diretto nel 2007 da Chris Weitz) e alla serie televisiva Queste oscure materie (una produzione anglo-statunitense iniziata nel 2019).
[16] Fra gli albi illustrati merita almeno ricordare- anche per l’eccellenza delle illustrazioni- La scopa della vedova di Chris van Allsburg (Logos 2013), dove la scopa magica di una strega di cui è venuta in possesso un’anziana, e da lei proficuamente utilizzata, viene messa al rogo dai vicini, che la considerano “una creatura malvagia, molto malvagia”, anzi “il diavolo” stesso… (Ma niente paura: non sarà lei ad avere la peggio!)
[17] Rinvio a tal proposito alla potente serie di 13 dipinti di Octavia Monaco illustrati nel catalogo d’arte Icone, Voci e Sentieri della Dea Primordiale (Cervino, 2007), con miei testi “magici” a commento.
[18] D’Angelo, Monaco. Tineke e Marike, p. 22.
[19] Cfr. Ballerini. Il Corpo della Dea, p. 204: “nessuno avrebbe potuto prevedere nel Cinquecento che la ‘bilancia di Oudewater’, in Olanda, sarebbe diventata secoli dopo un’attrazione turistica. Ma chi oggi la osserva con curiosità non dimentichi a quale infame scopo l’attrezzo venne costruito: verificare il peso d’ipotetiche Streghe e Stregoni […] la magrezza era infatti sospetta perché facilitava il volo, la corsa iperveloce e altri dei poteri diabolici attribuiti a chi adorava il Dio-caprone. Spesso in quest’ordalia il contrappeso era costituito da un oggetto palesemente più leggero di un essere umano”, com’è anche nel caso di Marike nelle tavole di Octavia Monaco.
[20] Le voci che sentiva la Pulzella d’Orléans erano quelle del santarcangelo Michele, di santa Margherita d’Antiochia e di santa Caterina d’Alessandria (quest’ultima mai esistita e sorta quasi certamente come sovrapposizione cristiana della filosofa e matematica pagana Ipazia d’Alessandra, fatta massacrare nel 415 dal vescovo Cirillo, suo rivale politico poi fatto santo, che la considerava una sorta di strega ispirata dal Demonio).
[21] Non è possibile indicare il riferimento preciso perché le pagine del libro- come spesso accade nei libri per l’infanzia al fine di non rovinarne le illustrazioni- non sono numerate.
[22] La citazione è ripetuta a p. 49 del romanzo, dove viene pronunciata da una voce anonima fra il pubblico che assiste al processo per stregoneria in cui è imputata Kenna, la madre dei gemelli.
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octavia monaco- hecateia carmina (dettaglio)
Altri riferimenti agli articoli di Selene Ballerini presenti in Cartesensibili.