lungo il sentiero rilke
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«Chi se io gridassi mi udirebbe mai
dalle schiere degli angeli ed anche
se uno di loro al cuore
mi prendesse, io verrei meno per la sua più forte
presenza.»
Prima Elegia (Scritta tra la fine di gennaio e l’inizio di febbraio 1912)
Poco prima del lockdown, ancora ignara del lungo periodo di clausura che si stava delineando ho percorso il sentiero Rilke che si snoda a picco sul mare tra Sistiana e Duino.
La giornata era luminosissima, con un cielo blu di smalto, uno di quei giorni di febbraio che fanno dimenticare l’inverno. Mi convocavano su quel sentiero i versi delle “Elegie Duinesi” di Rilke che da qualche giorno continuavano a presentarsi prepotentemente alla mia mente, quasi come un oracolo.
“Ogni angelo è tremendo.
E dunque io mi contengo, e serro in gola il richiamo
d’oscuro singulto. Ah, di chi sappiamo
giovarci? Non uomini, non angeli,
e le acute bestie già notano,
quanto poco sa per noi di focolare
il mondo interpretato. Forse ci resta
un qualsiasi albero sul declivio, così che ogni giorno
lo possiamo rivedere; ci resta la strada di ieri
ed il viziato esser fedeli ad un’abitudine,
che da noi bene si trovò, così restò e non se ne andò.”
Prima Elegia
Questi versi hanno aperto la via alla sensibilità novecentesca del pensiero duplice che si manifesta come slancio verso l’assoluto, sempre mediato dalla consapevolezza della precarietà e dalla fragilità umane.
Camminando tra sprazzi di luce e d’ombra, assaporavo l’aria mite, osservavo le primule che occhieggiavano tra rocce carsiche, la vegetazione ancora intorpidita dal letargo invernale ma in procinto di risvegliarsi, i blu e gli azzurri profondissimi del cielo e del mare, il vertiginoso splendore biancheggiante delle falesie: tutto parlava di un futuro promettente, ancora ignaro del lungo e difficile periodo che si stava preparando.
Inoltrarsi tra quelle rocce, nello snodarsi fascinoso del panorama in cui la veduta si trasformava in visione, mi permeava di meraviglia.
Limpidi, cristallini, i versi di Rilke scandivano il ritmo dei miei passi.
“Ma per noi, sentire è svanire; ah noi
ci esaliamo, sfumiamo; di brace in brace
buttiamo odore più lieve. Ecco, qualcuno ci dice:
sì tu mi entri nel sangue, questa stanza, la primavera,
s’empie di te. Che giova? Egli non può trattenerci,
noi svaniamo in lui e intorno a lui. “
Seconda Elegia
Da Sistiana a Duino il tragitto non è lungo, sono poco più di quattro chilometri tra andata e ritorno, ma mentre lo si percorre lo spazio si dilata fino ad assumere una dimensione atemporale. Tanti piccoli eventi suscitano stupore e meraviglia come il volo di una farfalla, una barca che attraversa le acque, un fruscio tra l’erba, il grido di un gabbiano e divengono vere e proprie epifanie, annunci, turbamenti e scoperte.
La componente carsica del terreno ci invita ad investigare il profondo, la luce c’insegna la leggerezza immateriale, il mare ci evoca costantemente un Altrove.
Per questo camminare sul sentiero Rilke diviene una vera e propria esperienza mistica, o meglio, si viene pervasi da un senso di comunione col paesaggio stesso che, se per certi versi ricorda il sentimento della natura tipico del Romanticismo, in questo caso ci traghetta ben oltre, esprimendo anche il profondo senso di precarietà e di fragilità della natura stessa ed in particolare dell’umano.
Ad una svolta del sentiero, compare il Castello di Duino, in cui Rilke iniziò nel gennaio del 1912 a scrivere le Elegie, ospite della principessa tedesca Marie von Thurn und Taxis, creando quel perfetto cammeo poetico di un sapere che annuncia i profondi mutamenti che irromperanno sulla scena con la storia del Novecento.
Il percorso digrada fino a condurre davanti alle porte del Castello che trovo sbarrate, poiché sono già in vigore le norme restrittive del COVID che vietano l’accesso ai musei e così il Castello assume per me connotazioni kafkiane. Questa impossibilità ad accedervi, esalta il mistero della possibilità e differisce nel tempo l’occasione, creando in me un oscuro senso di attesa surreale.
Camminare sul sentiero Rilke, in quella particolare congiuntura, in prossimità della svolta inaspettata che di lì a qualche giorno avrebbero preso le nostre vite, è stata un’esperienza del profondo che si è radicata nella mia esperienza.
Tornando a casa, dopo quella giornata vissuta sul limite in tutti i sensi, limite del sentiero a picco sul mare, limite perché di lì a poco sarebbe iniziata una nuova fase, strana e complessa delle nostre vite, mi sono scaturiti dalla penna, quasi in stato di trance questi versi, un omaggio a Rilke, un omaggio al sentiero, alla vertigine e all’incertezza che minano l’esistenza stessa.
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sentiero rilke e castello di duino
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SENTIERO RILKE
Sistiana- Duino 28 Febbraio 2020
E dunque torniamo a percorrere il lontano
E nel lontano perdiamoci
Come tempeste di vento
Tra i primi fiori ostinati
Su rocce carsiche
A picco sulle falesie
Perché parola matura
In dissolvimento
Cresce poeticamente oscura
Si radica nel corpo
Sottraendosi alle voci plumbee
Della notte
E dunque ritorniamo a quel giardino
Che ostenta le sue primule
Promessa estrema
Di un divenire impossibile
Procedendo in arcana leggerezza
Scagliati in un trasmutare incessante
Incompiuti e inconclusi
In nessun luogo da nessuna parte
Trascorriamo incessantemente
L’inizio è vivida epifania
Ma il bello si sottrae
Ad ogni calcolo
E nello scacco di quest’assenza
Ci tocca abitare
Discrepanza è il terribile
Dio oscuro ed efferato
Che quando realtà ci trascende
Ci lascia appassire sulla soglia
Il reale si frantuma
In spicchi di universi
Diviene fiammeggiante
Testimone della notte
Transfuga che attraversa confini
In dispersione cosmica
Mi trascendo e mi disperdo
Specchio e spettro
Di inizi indefiniti
In continuo oltrepassamento
M’interrogo sulla solitudine dell’Altro
Immagine franta
Riflessa nella pupilla interiore
La radice di questo sradicamento
Avvelena la visione
Mi depista e mi confonde
Con promesse di non essere
E’ un dono terribile
Ripartire da questo vuoto
Accogliere quest’ombra
Che mi segue e precede
Sono attimi discontinui
Nel protrarsi della vertigine
Riconosco il dolore
Del confine attraversato
La perla che si forma
Grazie alla ferita
Si diviene nulla
Nella disgregazione
D’identità strappate
Alla storia
Conoscenza è poca cosa
Torto e abuso
Promessa tracotante
Di attraversamenti
Resta l’oscuro canto
Del sentiero che si snoda
In prossimità della caduta
Lucia Guidorizzi– Sistiana – Duino 28 febbraio 2020
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le falesie lungo il sentiero
tracciato del sentiero rilke