APPUNTI E NOTE DI LETTURA- Fernanda Ferraresso: “I nomi delle cose” di Giancarlo Baroni

maurits cornelis escher

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L’eden ce lo siamo perso da un pezzo, ogni seme che lì dava frutto e la luce quanto l’assenza di ogni paura, sembra ricordarci Giancarlo Baroni, non cresce nemmeno in ogni pagina del libro,dove riga per riga si tenta una semina senza però che questo dia raccolto. La fasci(n)azione del nome, la sua imprimitura nella pagina della lingua e la stesura nella p a r e t e  aerea dell’aria, lasciandola eroticamente fuoriuscire dalla bocca per accoppiarsi all’orecchio dell’altro che la ospita e poi in sé la riabita rivestendola dei suoi umori e del suo sangue, a volte facendola nascere diversa, anche solo per un timbro, nel tono, con cui la imposta per un altra de-legazione, tutto questo è l’imposta a cui si affaccia lo scrittore e la poesia che lo ritrae. E tutto sembra, in quei punti di bianco, farsi piuttosto un’esplorazione, del limite, dell’infero, questo nostro adesso. Questo sento, nel transitare sui sentieri delle sezioni in-caricate del trasporto e si fa viva un’ansia, poco prima che si trasformi in disperazione, nel non vedere una terra promessa nemmeno nella conferma delle parole ma piuttosto un continuo naufragio intorno a se stessi.
Il nome, basta il nome per dire le cose che tocchiamo, di cui ci nutriamo? Oppure ci tengono gravi(di) di un senso sempre imposto, tutti, tutti i nomi, propri o comuni,  che non segnano il posto di nessuna cosa e di nessuno di noi. C’è un’erranza in questo andare nei sentieri  delle parole, un errore e un orrore, che tormenta e mai disvela alcuna verità.
Da una bocca all’altra un canone, che si fa cannone ed esplosivo, lutto, per una lotta  mai conclusa all’interno di una percezione carnivora, che sbrana ogni orizzonte si dipinga tra punto e punto, dell’udito, dell’olfatto o gusto o tatto.
Quel cavallo di Troia, essenza pura della paura, che si cerca di comprendere ma che già ci fa vittima. Lo stesso tragico gioco, il dettaglio nascosto nel ventre di un particolare che la nostra mente non coglie e la logica non accende, mettendo corpo a corpo un verso e il suo opposto, riversatosi nell’intelletto, tra ponti di fiati e punteggiature d’aste, lanci di interrogazioni e inclinate incrinature di fraseggi. Tramonti e tempeste del rosso, mine che brillano i corpi e ci dovrebbero fare saltare in aria, per ogni pressione che la parola agisce, per ustioni  senza cure dosabili e anche solo possibili.
Si spera, mentre dalle batterie dei versi, si versa sempre sangue, come in qualsiasi altra guerra, nei campi di battaglia che qualsiasi storia racconta.
Conflittualità e opposizione, dia-logo, dis-locazione tra la dogana del silenzio e quella di una mutazione di una voce fatta di segni come vessilli in aria, altre volte come proiettili che prima o poi ti ammazzano, se solo ti trovi solo su quella loro traiettoria.
Polveri elementali, atomi di un universo, che si approssima senza che noi siamo consapevoli di quei suoi corpi, che sono gli stessi nostri, i corpi delle cose, a cui diamo un nome per poterle afferrare, per potercene nutrire, procreando ogni volta un altro modo di assaggiare il mondo che già abbiamo nel corpo nostro, e solo, senza nome, ci conduce fino alla soglia finale dove  morire è un cambiarci d’abito.

Fernanda Ferraresso

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maurits cornelis escher

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Da I nomi delle cose, di Giancarlo Baroni

 

dalla sezione LA POLVERE DI CAVALIERI AMICI

I battesimi del conquistatore

Montagne laghi fiumi
mano a mano che procede li battezza
con i nomi della sua lingua.

Da domani sarà proibito
chiamare le cose in un altro modo.

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Kangarù

Kangarù risponde all’esploratore
che gli domanda il nome

di quel buffo animale saltellante
Kangarù ripete non capisco.

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Scambi

Volpi argentate renne
un alce enorme più di un orso bruno

lontre castori. Pellicce da rivendere
in cambio d’argento, oro.

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Invincibili

Lanciamo proiettili di fuoco
ciononostante avanzano

senza curarsi delle ustioni
come se fossero invincibili, immortali.

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Frontiera 

Una striscia di terra ci separa
loro seppelliscono delle mine
noi trappole micidiali.

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Confini

Cade un chicco cresce una risaia
ai confini premete per entrare
in questo paradiso.

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dalla sezione SOLO CHI RASSERENA AMO

V

Ti chiedi se mi piaci. Basterebbe?
Scompostezza e follia
dovrebbe rivelarti forse la mia risposta più vera. È per questo
che non ti voglio più vedere.

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dalla sezione L’AMORE HA LA STESSA VERITÀ

Kur

Con chi dimentichi gli orrori
della vita? Penetrarli è un dono

che non conviene. Si navighi a vista
si esplori il piacere dell’abbandono.

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dalla sezione LE TRAPPOLE DI RAUSCHENBERG

Il draghetto di Escher

Dal taccuino di schizzi spunta
un piccolo rettile percorre
il tragitto fra libri e vasetti

arrampica avanza sbuffa
si acquatta di nuovo nel disegno.

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baroni

Giancarlo Baroni, I nomi delle cose- puntoacapo Editore 2020

 

 

 

 

 

 

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