TRASMISSIONI DAL FARO- Anna Maria Farabbi: A proposito di “Uno più uno, se facesse duale” di Milena Nicolini

clara malavasi

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Torna quest’opera di Milena Nicolini in una nuova edizione ricreata, per così dire, dalla stessa autrice per motivi di urgenza interiore, di compiutezza rispetto alla precedente uscita nel 2016 presso la stessa casa editrice. E’ la poeta stessa che annuncia questo suo notevole rimpasto che, significativamente, apre ai lettori tutto il pensiero e la sua poetica.

Il volto del libro è magnifico. Si tratta di un acquarello di Clara Malavasi del 1998. In verdi macchiati, il ritratto emerge espressivo, drammatico, in un calore femminile struggente, culminante nel segno rosso a spirale attorno alla bocca. Una mirabile sintesi di colore e tratto che, con originalità, tocca il simbolico della comunicazione o la sua impossibilità. Quindi, in una coniugazione tematica quanto mai attinente alla ricerca tematica di Nicolini. Vorremmo saperne di più di questa pittrice. Anzi, lo chiediamo a Nicolini, responsabile della scelta.

Un altro passo fondamentale di entrata nell’opera è chiarire la sua architettura e le scelte d’impostazione tipografica. La complessità di questo lavoro viene risolta felicemente: il flusso poetico si interseca a tempi di frontale riflessione tracciati in corsivo, con assi nominali filosofici di Clarice Lispector  disposti al margine sinistro o destro della pagina, davvero come tronchi di riferimento esistenziale per l’autrice; le sezioni interne sono scandite nell’occhiello alto della pagina costituendo il titolo, nel mondo, nel tempo, matria, dannata poesia, d’io o chi o cosa per lui, monade, oltre da qui, dal confine. 

Ci raggiunge, con il libro tra le mani, una pluralità vocale polifonica. La stessa voce poetica di Nicolini si consegna in registri temporali diversi, completamente disordinando l’ordine cronologico, e riprendendo testi di opere precedenti e pertinenti come L’Oscuro. La priorità nel metodo delle scelte di collocazione dei testi è una dettata per comporre una filatura ritmica lirica intensa, che apre gli spicchi del pensiero in una successione coinvolgente.

Clarice Lispector è maestra. È  faro attraverso una capacità scrittoria che rovescia canoni e retoriche e propone nuova prospettiva. Nicolini esplicita questa sua necessaria luce orientante estraendo linee verbali luminose verticali sui fianchi del testo. E’ un colloquio tra due donne della parola reso al mondo. Un colloquio esistenziale spirituale artistico. 

Tutta la poesia di Nicolini fa perno sui cunei drammatici se non tragici dell’esistenza: percussivi interrogativi su dio e sulla morte. In un suo verso rivela, come in rammarico, l’assenza del mondo nei suoi versi. Il tornio essenziale della vita di fatto ruota su questi due centri focali. E l’onestà intellettuale di Nicolini porge alla sua tessitura poetica ciò che ha disperatamente, quotidianamente, vissuto e  lavorato. La sua preziosità artistica è elevare l’incisione biografica, lo squarcio della sua ferita, a esponente universale.

E’ chiaro che siamo davanti a una poesia dietro cui l’officina del pensiero fa sentire musiche dissonanti, bulloni, martelli, scalpelli, umanissime urla, e stelle filanti nel buio del sacro. Così come altrettanta limpida è la tensione sempre scoccante del verso. Colta, incessante, proponente nel suo fare e disfare dialettico. 

L’io femmina cerca e invoca la grande madre della conciliazione e della rivelazione, offrendo di sé tutto. 

Le morti amatissime attraversate sono viaggi ancora in corso, compresenze, così come le amicizie amori a cui, sempre, non manca di avere riconoscenza per il nutrimento. 

Il fuso poetico di Nicolini lavora nel pensiero, mai in una lievità slacciata e aerea, sempre concretamente, fisicamente, passionalmente, entra in chi legge in una sorellanza di condivisione e di tenerezza.

Credo che quest’ opera  sia la sua più pulita e piena: ci consegna la circolazione lirica del suo sangue in una capacità di far spola tra lo sprofondo, il plesso fecondo del pensiero e il canto. 

 

Anna Maria Farabbi

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clara malavasi

 

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Dal testo Uno più uno, se facesse duale di Milena Nicolini

al babbo

 

rodi e spolpa e succhia

ma, arrivati al nocciolo

non c’è oltre

 

resta sordo stupido il dolore

beota dell’unica cosa che ripete:

manchi

9 febbraio 2014  

 

 

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lena Nicolini, Uno più uno se facesse duale- Rossopietra 2020

1 Comment

  1. A volte l’occhio che legge è così capace di profondità che penetra anche oltre la pochezza del trasparire. Grazie.
    Milena

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