MEMORIE DI MILLI – di Adam Vaccaro

yayoi kusama-alice in wonderland

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Con Milli Graffi ci siamo conosciuti agli inizi degli anni ’80, grazie a Gio Ferri. Anche lui, amico recente, dopo che Giancarlo Majorino gli aveva proposto la pubblicazione di uno dei miei primi saggi sul concetto di Adiacenza, sulla nascente Rivista “Testuale”. Insomma, catene di relazioni e condivisioni, che sarebbero diventate straordinariamente importanti per il mio percorso, culturale, critico e poetico.
Gio accolse subito l’approccio della mia ricerca, che muoveva – seppure da diversi versanti interdisciplinari – da insofferenze simili a quelle alla base della sua Ragione poetica. Insofferenze che diventarono il lievito delle fasi di avvio di Milanocosa, nella seconda metà degli anni ’90, in cui venne ampiamente coinvolta anche la ricerca espressiva di Milli Graffi.
Ricordo che il convegno costitutivo di Milanocosa, Scritture/Realtà, del 2000, fu inizialmente abbozzato in una riunione a tre, con Gio e Milli, che tenemmo nella casa di quest’ultima, in via Bramante, a Milano. Milli aveva una impronta inconfondibile, fredda, razionale, sopra però una lava di vulcano incandescente, che aspettava solo occasioni e ragioni valide per fuoriuscire.
Questa con-fusione di alto e basso, era a suo modo una forma di quella che io chiamavo Adiacenza. Era l’incrocio da cui nasceva la sua scrittura, graffiante eco-logia del suo nome.
Eccone l’esempio di un suo breve testo (da L’amore meccanico, Anterem Edizioni, 1994):

Limit – la soglia sa già/ ma non apre alla memoria/ un vero milanese sa i Martinitt/ e volentieri ai convegni se ne oblia/ presto le cosucce scivoleranno al di là/ consensi allo sdegno/ bandiere e barriere/ l’ordine è ormai quello del supermercato/ attenti è qui il limit

Oltre a quel convegno, cui Milli partecipò con un significativo intervento (vedi gli Atti, Milanocosa, 2003), molti altri sono stati i suoi coinvolgimenti alle iniziative di Milanocosa. Spesso insieme a Gio Ferri, Giuliano Gramigna e Gilberto Finzi (i tre fondatori e condirettori di Testuale), diventati tutti per me colonne di riferimento del mio percorso. Poi, via via, nel corso degli ultimi intensi due decenni, non appena gli altri impegni – prima di tutto la fatica felice imposta dalla gestione della Rivista “il verri”- le consentivano di partecipare. Una amicizia e una stima reciproche, alimentate sia dalla passione comune del fare su crinali consonanti, sia da compagni di viaggio di una qualità oggi diventata ancora più rara.  

L’ultimo contatto diretto è stato, purtroppo, un triste abbraccio nell’occasione del funerale di Gio Ferri, nel dicembre del 2018. Ma l’anno scorso c’è stata una ulteriore occasione di contatti e scambi, sia pure a distanza: la pubblicazione su il verri di un gruppo di mie poesie, dedicate al decennale del terremoto dell’Aquila (anche nell’Antologia relativa a cura di Annamaria Giancarli, oltre che nel mio Tra Lampi e Corti, Saya Ed, 2019). 

Somme di memorie e di intense condivisioni, che non mi lasceranno.  

 

Adam Vaccaro

5 giugno 2020

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Milli Graffi (1940-2020) | La dimora del tempo sospeso

Milli Graffi – È nata a Milano nel 1940. Negli anni Sessanta ha partecipato ai maggiori festival europei di poesia sonora. Tra le composizioni pubblicate: “Salnitro”, “Farfalla ronzar”, “Tralci”. È stata professoressa presso l’Università di Verona e l’Accademia Carrara di Bergamo. Dirige tuttora «Il Verri».Ha pubblicato alcune poesie tra cui: “Mille graffi e venti poesie” (Geiger, 1979); “Fragili Film” (Nuovi Autori, 1987); “L’amore meccanico” (Anterem, 1994); “Embargo voice” (Bibliopolis, 2006). Come critico militante indaga sulle ragioni della poesia dei compagni di strada: Balestrini, Sanguineti, Spatola, Porta, Niccolai, Tom Raworth, Scialoja, Beltrametti, Castaldi, Rosmarie Waldrop, Barbara Guest. Si è dedicata inoltre a studi sul nonsense, sul comico e sui limerick di Edward Lear, sulle poesie di Palazzeschi, su Petrolini, su Dario Fo e su Lewis Carroll, di cui ha tradotto sia “Alice nel paese delle meraviglie” sia “Attraverso lo specchio” (Garzanti, 1989). Ha tradotto inoltre La caccia allo squalo di Lewis Carroll (Studio Tesi ). Sue pubblicazioni sono presenti in “Il Verri”, “Il piccolo Hans”, “Alfabeta”, “Anterem”,”Testuale”.

 

2 Comments

  1. E pioggia per Milli

    Una fiamma rossa di spalle attraversa il corridoio fra due ali di un pubblico milanese alla presentazione di un libro di Alberto Cappi.
    Un cappotto di cui liberarsi frettolosamente per raggiungere il tavolo dei relatori e iniziare a parlare ancora prima di sedersi con l’urgenza seria di una parola tenace pacata ed esplosiva insieme.
    “Da quando Milano non è più Milano ma è una cosa da bere…”
    Questa la prima immagine di Milli: quel chiodo d’acciaio che aveva messo fra sé e ogni centimetro di parola e che inchiodava alla visione linguistica occhio e orecchio di chi stava nei dintorni.
    Per eleganza di destino la incontrai un pomeriggio a casa di Giulia Niccolai con cui nel frattempo stavo stringendo un’amicizia fluorescente e piena di gioia.
    L’ avventura con Milli comincia : proposte, performances, pubblicazioni, spettacoli, chiacchierate, brevi soggiorni, assunzione di parole folgori.
    Negli ultimi tempi le telefonate erano molto frequenti.
    Lei si interessava alla mia vita con Precisione.
    Si interessava alla mia vita con Precisione.
    Si interessava con Precisione anche alla vita di mia figlia.
    Ricordo notti intense, quando ancora lei fumava , nella sua casa a Campi di La Spezia, sussurrate a parlarne.
    Tanta dell’ammirazione che porto per mia figlia, la devo allo sguardo delicato e divertito che Milli aveva su di lei. Milli tifava per Margherita.
    In questo anno passato, dopo le collaborazioni per Nanni Balestrini e la Signorina Richmond in Triennale e alla Galleria Mudima, un evento poetico con artisti americani a latere della Biennale a Venezia e una richiesta di intervento su il verri a proposito di La poesia fa male, l’ultima maglia dialettica con Milli, durante tutto il tempo della clausura virale, è stata la questione su E pioggia per Clarice, una lunga poesia raccolta nel lavoro in preparazione.
    Lei non aveva mai subito dalla Lispector il magnetismo liquido che avevo subito io e con il rigore ampio della sua voce, spazio incolmabile rimasto ora così vuoto al mio orecchio, me ne chiedeva ragione, ragione.
    Mi chiedeva ragione, direzione, peso, rimedio,rimando, coinvolgimento sostanziale attivo per ogni parola.
    Niente a che fare con una giustificazione esplicativa ma con un nocciolo di dispositivo inattaccabile. Voleva ogni mia parola inattaccabile da una sua eventuale esigenza esplicativa.
    Milli, la tigre della percezione testuale..tuttavia io ero una leonessa e mi convogliavo a difendere ogni cucciolo parola, ogni agguato di E pioggia per Clarice, pur nella totale assunzione della vigile freccia di Milli che non ammetteva scorciatoie e tanto meno devozione.
    Era arrivata una lettera di vera carta da Milano, che chiudeva con A presto bacionissimi, ma le righe precedenti martellavano una richiesta di lucidità, sfida alla risoluzione e magari sfrangiamento.
    E la leonessa, inchinandosi alla tigre della testualità, raccolse le poche forze speculative: Milli aveva acceso il pensiero.
    Mi calavo con la sonda della spazialità intransigente in tutte le stanze delle parole di E pioggia per Clarice per difenderne ogni slittamento, ogni occupazione, ogni millimetro di vaghezza o di conversione,ma con una logica autogenerativa, sconosciuta alla mia mente, una logica rossa che era arrivata nella busta da Milano.
    Pacata, pacatissima mi telefonò appena ricevuta la mia coraggiosa stesura.”Ottimo Lavoro”.
    Le confessai che comunque sotto il titolo avrei aggiunto DA NON LEGGERE E COMUNQUE FORTEMENTE SCONSIGLIATA DA MILLI GRAFFI.
    La sua risata calda secca precisa, con la stessa nota per l’inizio e per la fine, col suo colore distribuito in ogni angolo della gola e dello spazio, mi autorizzava a farlo.
    Così mi aveva obbligata al sangue per le mie parole, così poteva ricominciare ad interessarsi ai miei labirinti di vita senza inciampi linguistici, con viva Precisione.
    Il rosso diventa incolmabile a Milano, e anche nella mia Mantova, senza le domande di Milli che galleggiano l’eternità di ogni parola. In modo sodo.
    Milli ti ho chiesto, subito, in eredità un po’ di lucidità.

    Più agio, rinuncia all’agio e basta.
    La Milli entra di telefono nel giorno, la Milli di cui so imitare la tonale custodia timbrica.
    Lo dice ai miei sogni di rinunciare all’agio.
    Macina le mie parole
    non come grano
    ma con la custodia di un mattone
    cotto di Precisione rossa.
    Mi ordina di non fare letteratura e di non
    parlarne.
    Le dico che ho omesso il suono del nome della scrittrice che detesta dalla poesia
    e che invece ho sospeso un di
    un messaggio di
    un messaggio di
    e che solo un cigno dalle desolate
    terre desolate mi trapana il di con
    Datta Dayadhvam Damyata e che allora
    di potrebbe essere dhi di dhyana, la meditazione
    come mi scrive dall’alto del suo grande brivido
    Coomaraswamy
    nello stesso giorno in cui la Waste Land è atterrata
    sul mio tavolo
    dal comodino di un cigno
    ecco allora
    la Milli, niente cara
    dhy cara, niente dhy,
    non puoi risolvere con dhy,
    solo con un’analisi e non intendo testuale
    non intendo testuale.
    Lei vuole sguinzagliare
    le pieghe
    del cruciverba psichico
    e rendermi sposa
    del totale, lei, l’editrice,
    laboriosa come una voce.

  2. Grazie a Carte sensibili per aver ricordato in modo preciso e personale una donna che ho visto un paio di volte, che ho ben presente come artista dalla forte presenza. Era capace di valorizzare l’arte degli altri, indizio del suo senso dei tempi che cambiano. Grazie a chi ha condiviso il profilo di lei con i lettori del sito.

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