LA FESTA DEGLI AGHI SPEZZATI- Adriana Ferrarini

“Non si conoscono che le cose che si addomesticano”, disse la volpe. 
“Gli uomini non hanno più tempo per conoscere nulla. 
Comprano dai mercanti le cose già fatte”

A.De Saint-Exupéry- Il Piccolo Principe

 

LA FESTA DEGLI AGHI SPEZZATI

Hari-Kuyō (in giapponese: 針供養).

 

particolare da un costume di scena indossato da cersei lannister, personaggio di “games of thrones” – autrice del ricamo michele carragher

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Ogni anno in Giappone si celebra una festa che ha qualcosa di poetico e struggente, l’Hari-Kuyō . L’8 febbraio nella regione di Kanto, dove si trova Tokyo, e l’8 dicembre, in quelle di Kyoto e Kansai, umili sarti che rattoppano, allargano e stringono vecchi vestiti, fianco a fianco con stilisti e designer famosi, disegnatori di kimono e studenti di moda, e quanti, uomini o donne, per necessità o per piacere, si dedicano al cucito, tutti insieme si raccolgono davanti a un santuario shintoista o a un tempio buddista, semplicemente per ringraziare gli aghi. Gli Aghi, già, qui è meglio usare la maiuscola.
È tradizione, in questo paese, che ogni anno artigiani e artisti esprimano gratitudine nei confronti degli oggetti del loro lavoro in una cerimonia chiamata Kuyō, “memoria”, parola che deriva da un termine sanscrito, pūjā o pūjanā, “portare offerte”. Al termine del rito questi utensili vengono bruciati, in modo che il loro fumo salga al cielo.

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Ma nell’Hari-Kuyō – “hari” significa ago – aghi e spilli non vengono bruciati come negli altri Kuyō, bensì infilati in grandi e bianche torte di tofu konnyaku che, dopo la cerimonia, sono interrati nell’Hariduka (bocca dell’ago), una tomba dove gli Aghi possono riposare in pace. Si tratta quindi di una cerimonia funeraria, nella quale ciò che mi affascina è quell’attenzione alle piccole cose di ogni giorno propria solo dei bambini e dei grandi saggi, sottesa dalla consapevolezza struggente – uso di nuovo questo aggettivo – del carattere effimero e perciò straordinario di tutto ciò che ci circonda. Trovo poi illuminante il senso di umiltà, e quindi gratitudine, nei confronti degli oggetti che utilizziamo quotidianamente, spesso senza dare loro importanza. Un ago, piccola cosa, eppure, che mondi fantastici possono uscirne! Dai ricami preziosi di Michele Carragher realizzati per i costumi dei personaggi di Games of Thrones, alle sculture quasi invisibili dell’artista inglese Willard Wigan (vedi  https://cartesensibili.wordpress.com/2020/04/28/willard-wigan-nella-cruna-dellago-adriana-ferrarini/?preview=true  ) ai rammendi che prolungano la vita, che so, di un paio di jeans o di una felpa usurata, a cui siamo affezionati e che vogliamo ancora metterci addosso.
La bellezza del mondo è nascosta nei piccoli oggetti quotidiani, nei gesti di ogni giorno, solo a saperla vedere, ci insegna la volpe del Piccolo Principe. E così l’Hari-Kuyō.

Adriana Ferrarini

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