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Secondo me la più compiuta opera di Sergio Pasquandrea: limpida, asciutta, amaramente ironica, con punte d’intensità riflessiva sempre innervate da un’intelligente leggerezza, versata sul quotidiano aprendosi a una nominazione che niente esclude.
Notevole, anche, la costruzione dei testi che porta il lettore a un’aderenza realistica, spogliata volutamente da retoriche, sentimentalismi, simbolismi, fino alla morsa finale che, epifanicamente, svela la riflessione. La linea di forza di Pasquandrea è proprio questa: questa tensione di concentrazione sulle cose, sulle pieghe e sulle piaghe dell’esistenza, sulla ricchezza del proprio quotidiano, della propria casa, incontrando ciò che è e di cui si è persa attenzione. In mezzo al micro o macro cosmo, la consapevolezza del vuoto nutre il canto. Il poeta necessariamente umile è la lente d’ingrandimento che offre ciò che vede e che sente, la sua identità senza fosforescenze, quasi con voce a lato.
In una discrezione e in un’onestà lontanissime sia dagli abbagli autoreferenziali, che dalle maestà sacerdotali. Non per niente le soglie delle sillogi interne sono incise da citazioni di maestri di riferimento come: Fortini, Brecht, Eliot, Caproni. Ma, anche, mi piace ricordare Walter Cremonte, più volte da me ospitato nelle mie letture su queste carte.
L’uso del dialetto di San Severo mantiene la qualità della poesia in lingua.
Più di tutto, la poesia di Sergio Pasquandrea è specchio della sua persona, in una chiarezza umile, colta e consapevole, che in/segna.
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Tratto dalla raccolta Sono un deserto di Sergio Pasquandrea
Soglie
Inutile imprecare contro il gatto
o contro il topo che è venuto a morire
sullo stuoino, la testa tranciata dal morso.
Il gatto chissà dov’è andato
e qui ci siamo noi
furiosi
a strofinare via il sangue.
Pensa piuttosto
che la casa è pulita, ma i ragni nascondono l’addome
sotto le grate, le muffe stagnano in dispensa
e ieri ho trovato un grillo sotto il tavolo
e un nido di vespe già impastato all’angolo del terrazzo.
Non vedi come è piena di fessure
pito di merda le grondaie.
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Sergio Pasquandrea, Sono un deserto- Lietocolle 2019
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