L’IO CHE SCRIVE- Nota alla presentazione della poetica di Fabrizio Bregoli a cura di Antonella Jacoli

levico artesella- il senso della neve

 

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Quella che segue è una nota alla presentazione della poetica di Fabrizio Bregoli alla rassegna L’io che scrive, a cura del circolo poetico La Fonte d’Ippocrene, Modena 15 ottobre 2019

Fabrizio Bregoli, autore di formazione scientifica e con solide radici umanistiche, ha scritto recentemente tre raccolte di poesie che possono darci il senso del suo fare poetico così come finora si è andato formando: “Il senso della neve”, “Zero al quoto” e “Onora il padre”. Penso che tra queste opere “Zero al quoto” sia la silloge più densa di consapevolezza, convincente nella sottigliezza mirata a muovere la parola nei suoi significati d’oltre luogo, per dirla alla Zanzotto. Parola ampia e poesia aperta, fortemente ibridata e metalinguistica, spesso anche ironica, caratterizzano l’indagare di Bregoli che, come un altro poeta ingegnere, il Leonardo Sinisgalli del “Furor mathematicus”, nei suoi scritti invita ad accompagnare il senso di umanità alla tecnica. L’espressione scelta comprende registri alti e bassi, termini desueti e colloquiali di un novecento glorioso (Montale in testa) da cui egli deriva non solo lo strumento metrico prevalente, l’endecasillabo, ma anche il gusto polifonico e trasformista, l’elegante distacco di Sereni per esempio, o il parlare colloquiale de “La ragazza Carla” di Pagliarani. Il contemporaneo vigila sull’eredità del secolo scorso e la fa sua promuovendo un grande arco di pensiero entro il quale il sentimento raffreddato nomina le cose e le persone, scandaglia quasi da flaneur la vita del suo tempo per poi travasarla nel chimico alambicco dell’artificio dell’arte.     

Il senso della neve” è considerata dall’autore stesso la sua opera prima, la più sperimentale, plurilinguista, inquieta, con immagini-dediche varie e inattese (si pensi alla signora Goebbels e Leni Riefensthal). Dante è il nume tutelare di queste pagine, motivo di scelta di poesia sociale piuttosto che dell’io, e primo maestro tra gli autori amati da Bregoli, particolarmente Pavese, Sereni, Fortini, Giudici, Caproni, Pusterla, Magrelli. La bellissima “Corridoi”, “Bianco di stoviglia”, “Fosse poesia”, “Sapere di te” mi sembrano le poesie più riuscite della raccolta. 

Zero al quoto” individua l’operazione matematica che ha come resto 0, il quoziente esatto, alla fine zero assoluto, significa ricerca di senso che approda al niente, quello zero in cui la contemporaneità ci costringe, privandoci di qualunque prospettiva etica, dice l’autore. Il tema è certamente affascinante, dominati come siamo dalla tèchne, che il filosofo Emanuele Severino vede come culmine del nichilismo. Dal compimento della tradizione occidentale deriva l’isolamento, la solitudine baumanniana dell’epoca liquida, che in Bregoli si fanno respiro di metallo, parola di metallo, elemento duttile e lucente di un sapere vasto organizzato, e tuttavia si mantiene ancora poesia che porta fuori, che cerca nonostante tutto il confronto con l’altro, con il mondo, senza false illusioni. Nella trasformazione ambisce al riscatto dell’uomo, attraversato nei luoghi del quotidiano (edifici, tram) e del quotidiano sentire (clochard, malati). La poesia dedicata a Piero Marelli raggiunge un’intimità necessaria che stupisce. Ma certo compito della poesia è anche portare a riva questo stupore di parole e significati, come un dono. 

Onora il padre” è invece il libretto del marzo 2019 anticipazione del libro sulla paternità “Notizie da Patmos” di prossima uscita, e anche qui la poesia non consola, l’accusa del padre assente è una cifra tatuata dentro bisognosa di curare se stessa, toccante e nichilista, sprezzante e intenerita dall’attimo. Bene fa il prefattore Corrado Bagnoli ad accostare l’intento di questi versi all’arte antica giapponese del Kintsugi di riparare i vasi rotti lasciando la ferita in oro per evidenziare le linee di frattura. La ferita rimane aperta, segno tra i segni altri che il mondo non smette di produrre. Significativi i versi: “Di noi rimane/ ciò che non è stato”, “Onora il nulla”.

La poesia non consola, ma pone continuamente domande. Ai margini del sistema delle arti, avendo perso prestigio, rimane un macrogenere, onnivoro  e moltiplicatore di linguaggi: ad esempio la poesia pop, la poesia orale, il poetry slam. L’endecasillabo si fa sempre più nominalistico e virtuale. Nel nuovo millennio connesso alla rete la poesia di ricerca, spesso prosa, usa il metodo scientifico e le relazioni con il pubblico, interagisce con altri linguaggi artistici (musica elettronica, teatro, fotografia) e contiene una critica, anche politica, del linguaggio istituzionalizzato. La poesia del qui e ora, quando accade nella voce, si fa azione, si attua attraverso il linguaggio. Non più necessita di un poeta militante, ma di una parola attenta che trasforma. Forse questo comporterà, a lungo andare, la fine della parola scritta? Da erede spirituale della rivoluzione della stampa spero di no, se scrivere è, come intende Deridda, lasciare la parola, lasciarla parlare da sola, soltanto nello scritto. Ma in realtà con la poesia di ricerca forse non siamo poi così nemmeno lontani come crediamo dall’impegno ungarettiano di far ritrovare all’uomo le fonti della vita morale che le strutture sociali tendono a mettere in ombra. E del mistero riguardante ciascuno di noi parla ancora la poetessa biologa molecolare americana Katherine Larson, quando sostiene che scienza e poesia, unite in epoche antiche e medievali, hanno in comune la curiosità e la meraviglia. Allora questo è il tempo di una sfida alla poesia, perché divenga sempre più aperta, una lingua mutata per cose mutate. 

Antonella Jacoli

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1 Comment

  1. L’ha ripubblicato su La poesia di Fabrizio Bregolie ha commentato:
    Ringrazio sinceramente il blog Carte Sensibili e la poeta Antonella Jacoli per quest’analisi argomentata, precisa, criticamente circostanziata dei miei ultimi lavori poetici, considerazioni peraltro già espresse a voce nel corso del recente incontro a Modena presso “La Fonte di Ippocrene”. Un grande privilegio per me contare su questa attenzione, sulla lettura così attenta dei miei versi.

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