national geographic- life in black and white
La fotografia non è una riproduzione della realtà. Certo, quella personale degli scatti-ricordo avrebbe proprio questo scopo, che, ormai però, è già appartenente ad una funzione del passato, se mai c’è stata veramente, anche in casi di pura documentazione (giornalistica, di guerra, ecc.): si pensi, ad esempio, all’obbligo di ‘pose’, ricalcate su quelle tipiche dei dipinti ritrattistici canonici, che dovevano veicolare significati precisi (autorevolezza, dignità, gioiosità, soddisfazione, età, unità familiare, immagine imperitura ad memoriam oltre la morte, ecc.), o si pensi anche solo alla determinazione apportata necessariamente dal bianco e nero. Comunque oggi l’uso che se ne fa, ad esempio sui social, per esistere quotidie e per manifestarsi in modi misure parvenze del tutto canonicamente mediatiche e mediate, corrisponde pienamente all’affermazione iniziale. La fotografia, anche solo nella scelta dell’inquadratura, o dei tempi di impressione della luce, o dei filtri, o degli obiettivi, per non parlare dei possibili ritocchi fino ad una commistione con la pittura (per tutti richiamo Andy Warhol), è una lettura critica della realtà, un’interpretazione: una possibile operazione d’arte, quindi, se l’originalità del medium usato propone uno sguardo inedito su una realtà quindi inedita.
Continua la lettura in pdf- RIFLESSIONI SU L’OCCHIO FOTOGRAFICO
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Giovanna Menegùs, L’OCCHIO FOTOGRAFICO – Macchione Editore 2018
Stampato il pdf…lo leggerò con attenzione
grazie ferni
cari saluti
«La funzione più importante di questo “occhio fotografico” non è quella […] di un attento curioso originale ritaglio dalla realtà di particolari interessanti da mostrare all’attenzione come in un ingrandimento, in una scorciatura; ma è l’atto di uno svelamento, un’epifania, che si manifesta con una sorta di aggiunta di significazione, la quale dal particolare materico-oggettuale (certi particolari, come si è visto, sembrano ricalcati, evidenziati, quasi inutilmente sembrerebbe a volte) sale all’evidenza conoscitiva. […] Lo sguardo […], pur se guidato con grande garbo, è pungente con una precisione da sniper per i punti focali; certe volte ricorda alcune fulminee figurazioni ironiche – ma anche tragiche – di Daria Menicanti, umani o animali che fossero i ritratti. […] Menegùs […] più che ‘costruire’ quasi allegoricamente un sovrasenso del veduto, preferisce la lievitazione nel silenzio dei fotogrammi della visione, o, meglio, degli ingrandimenti della fotografia. Certo, a rischio di non essere pienamente raccolta da una lettura veloce che si ferma alla sola notazione descrittiva.»
Sono riconoscente a Milena Nicolini (e a Cartesensibili) per questa acuta, approfondita lettura del mio “Occhio fotografico” in versi, di cui segnalo qui sopra le affermazioni critiche più significative: una sintesi illuminante anche per me. Grazie.