PROPOSTE DAI LETTORI- Inediti di Davide Morelli

stefan zsaitsits

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DALLA FINESTRA

Qualunque sia la strada maestra
guarderò la vita dalla finestra.

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A PROPOSITO DI DIO

Io sono allergico all’incenso.
Per questo ti penso e non ti penso
solo quando domina il nonsenso.

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ALL’IMBRUNIRE

C’è un sovraccarico di segni
a quest’ora del giorno.
L’aria si fa più fine.
L’animo fa il calco
di questo tramonto.
Tutto passa, anche il passato.
Ma non dirmi il sottinteso, il traslato.
Sembra che non ci si possa esimere
dall’hic et nunc, dai rebus insolubili,
dalle associazioni di idee,
dalle giaculatorie brevi ed ingenue,
che avvitano la mente all’imbrunire.

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stefan zsaitsits

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LA LUCE DEL MATTINO

La luce istoria il pulviscolo
(sono uno dei tanti commensali
dell’ alba, della luce del mattino)

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L’ORGASMO

Dura pochi secondi un orgasmo.
Però metti da parte il sarcasmo.
Non devi condannare o capire
chi dal piacere si lascia irretire.
La vita talvolta è un assedio:
c’è chi vuole evadere dal tedio…

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TROPPO PRESTO

L’oscurità inghiotte la città.
La notte capovolge la realtà.
Ritorna un fantasma dalla memoria:
ricordiamo insieme una triste storia.
E’ morto giovane. Troppo presto.
Restano pochi gesti, poche frasi.
Restano solo pochi aneddoti:
finiranno nel nulla dopo di noi.
Il vento fa da perno al rumore
delle cose e delle nostre parole.

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stefan zsaitsits

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VIAGGIO

Una volta all’anno si ha voglia
di partire: vedere altri volti,
altri paesaggi, altri luoghi:
sentire altre voci e altre storie
per tornare e sentirsi come nuovi.
Ma è solo e soltanto un’illusione
avere copiato quei cieli
con una comune carta carbone.

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FORMICAIO

Solo l’uomo fa la rivoluzione.
Gli insetti sociali non conoscono
la rivolta, la giusta ribellione.
Ma oggi l’Italia sembra un formicaio.

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stefan zsaitsits

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LA SOMMATORIA DEGLI ERRORI

C’era un uomo che amava fissare il cielo in  tutte le stagioni, tutti i giorni, a tutte le ore. Non c’era un attimo che lo perdesse  di vista. Dormiva poco la notte per non perdersi lo spettacolo delle stelle. Stava poco a contatto con gli altri perché era convinto che non lo capissero. Fissava la luna calante, crescente o piena, di notte. Osservava le costellazioni. Ammirava le nuvole e gli uccelli che correvano nell’aria. Guardava il firmamento da ogni possibile angolo del mondo. Scrutava ogni possibile gradazione di colore. In particolare gli piaceva sdraiarsi sotto un albero e osservarlo come era tra l’intreccio dei rami. In alcuni momenti per ammirarlo meglio  si metteva gli occhiali da sole. Si perdeva nel cielo grigio o nero temporalesco quando la pioggia scendeva a catinelle. Si spaventava quando lo vedeva illuminato e squarciato da lampi. Si rallegrava quando si incendiava con dei colori lividi al tramonto. Si rasserenava quando si stemperava nell’azzurro usuale.
A volte era di panna. Altre volte era di cemento, di pece o di smeraldo. Certi giorni di estate le nuvole si assottigliavano talmente tanto che diventavano venature, che sporcavano appena l’azzurro. L’uomo amava così il firmamento che gli piaceva vederlo riflesso in una pozzanghera, in uno stagno, nel mare. Per lui rappresentava l’eterno e l’infinito. Era la speranza che oltre ci fossero dei mondi lontani anni luce e in questi mondi degli esseri migliori di noi umani. Era convinto che gli uomini commettessero degli orrori perché non alzavano abbastanza la testa verso la volta celeste e  non si lasciavano ispirare a sufficienza da essa. Così si recò nelle più grandi città del mondo a convincere gli altri a guardarla più spesso, dicendo loro che non era mai vuota e che poteva assumere i più svariati significati. Andò da ricchi e poveri, colti e ignoranti, cittadini e contadini ma nessuno lo ascoltò. Concluse così, dopo anni in cui aveva girovagato tra paesi e città, che gli umani non potevano neanche dannarsi l’anima perché l’avevano persa da tempo. Restava da stabilire in quale circostanza. Per lui la situazione era davvero ingarbugliata. Capì allora che il cielo era l’inventario degli sbagli degli uomini, la splendida sommatoria dei loro errori. La volta celeste ricordava la storia universale dell’umanità: splendori e miserie. Non capiva altro perché nella sua globalità era indecifrabile e incomprensibile.

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NOTE SULL’AUTORE

Davide Morelli è nato a Pontedera nel 1972. Si è laureato in psicologia con una tesi sul mobbing. Alcuni suoi testi sono apparsi su “Nazione indiana”, “La mosca”, “Poetarum silva”, “Il filo rosso”, “Nugae”, “Scuola di poesia”(rubrica del quotidiano “La stampa”), “Il segnale”, “Poesia da fare”, “La clessidra”, “Iris news”, “L’ombra delle parole Rivista letteraria internazionale”, “Yawp”(giornale di letterature e filosofie), “Osservatorio letterario”, “Poliscritture.it”, “Pi-greco trimestrale di conversazioni poetiche”. Un suo saggio breve intitolato “Scrivere” è stato pubblicato su Vicoacitillo. Il suo “Manifesto dell’impoesia” è stato pubblicato su “Yale Italian Poetry” per un’inchiesta internazionale sulla prosa poetica. 48 sue quartine sono state pubblicate su “Italian poetry review” x(rivista di poesia italiana della Columbia University). È stato inserito nelle seguenti antologie: “Pisanthology”(Giulio Perrone editore), “Il segreto delle fragole 2009″(Lietocolle), “Il segreto delle fragole 2010″(Lietocolle), “tra erotismo e santità”(Lietocolle), “Taggo e ritraggo”(Lietocolle), “Arbor poetica”(Lietocolle), “Calpestare l’oblio. Cento poeti contro la minaccia incostituzionale”(La cattedrale), “La fanciullezza”(Zona editrice), “Oltre le nazioni”(edizioni Cfr), “Intelligenze per la pace”(edizioni Cfr), “Ipoet 2018″(Lietocolle). Ha pubblicato due ebook su LaRecherche.it: “Dalla finestra” e “Varie ed eventuali”. Ha collaborato con la rivista internazionale Frequenze poetiche.

3 Comments

  1. Non conoscevo Morelli, ma queste poesie e il racconto sono belli. Ne “La sommatoria degli errori” viene ribaltata la prospettiva topologica che i cielo sia uno spazio libero e l’idea che sia soltanto uno specchio della tragedia umana è decisamente originale. Purtroppo era lo slancio dell’utopia che permetteva, da Baudelaire a Benjamin, di percepire le nuvole e la volta del firmamento come uno spazio ‘altro’ in cui proiettare sogni progettuali e società alternative. Ma ora? Cielo e terra mischiati diventano fango. E la breve poesia che descrive l’Italia come un formicaio è un epigramma efficace di quello che sta succedendo anche in questi giorni sul fronte della politica.

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