stefan eberhard – fiore di arabide (microscopio elettronico)
.
Conosco per la prima volta Toni Piccini al salone dei resilienti di Genova. È un omone barbuto con tersi occhi azzurri e viene da Trieste. Sulla povera postazione che è stata assegnata a ognuno di noi- un banco di scuola o poco più – non cerca d bluffare con abbellimenti posticci o grandi cartelli pubblicitari. Copre il ripiano con qualcosa di ancora più povero: una tovaglia lisa. Sopra vi dispone le copie di un unico libro, in modo che a ogni pieno rettangolare del libro corrisponda il vuoto rettangolare della tovaglia. Al salone dei resilienti di Genova tutti rappresentano una rivista, una piccola casa editrice o un blog. Toni rappresenta se stesso e il suo lavoro. Il suo lavoro è durato un anno. Toni Piccini è poeta di haiku, conosciuto internazionalmente, anche in Giappone, che, come tutti sanno, è la patria di origine di questa forma poetica. Ne discuto un po’ con lui, tanto al salone nessuno compra libri e pochi vengono a chiederti informazioni. Non osserva in maniera pedissequa la classica metrica dell’haiku, 5-7-5, anche perché, concordiamo, queste misure hanno un senso preciso in Giappone, legate indissolubilmente anche all’esposizione calligrafica dei versi, e molto meno ne hanno in Italia e negli altri paesi occidentali. È più una questione di suggestione, di stare attenti ed essere pronti quando si è colti dall’immagine sintetica che porterà alla composizione dell’haiku. Essere vigili e nello stesso tempo disponibili. Ma Toni Piccini compone haiku particolari che sono in netto contrasto con il senso di armonia che i grandi maestri come Bashō hanno tramandato. In effetti mi racconta che in Giappone la predisposizione originale dell’haiku come piccola finestra sugli accadimenti del mondo naturale e del succedersi delle stagioni, è stata superata da molto tempo. Il suo modo di comporre haiku è però oltraggiosamente stridente nella scelta dell’argomento da cui partirà il processo della composizione. Auschwitz. Gli haiku di Toni Piccini descrivono la deportazione, la vita e l’annichilimento dei campi di concentramento. Non è giusto scrivere che sia un’opera sulla Shoah, perché i suoi tre versi, i suoi tre passi, non sono solo sassolini deposti su una sepoltura ebraica. Ci sono haiku che parlano dello sterminio degli zingari e degli omosessuali, di tutti coloro che hanno conosciuto sulla propria pelle – a volte abilmente staccata per rivestirne oggetti di arredamento – l’atroce banalità del male. Un anno e mezzo di lavoro per questo libro di haiku.
Arrivare a una sintesi così significativa è un’impresa difficile. Sono state scritte miliardi di parole sui lager e sulla follia del sistema di distruzione di massa e arrivare a limare volumi giganteschi per estrarre poche immagini esemplari è un’impresa prometeica, anche nel senso originale del mito. È come se si salvasse una scintilla di memoria nel proprio pugno e la si conservasse per mostrarla a tutti. Il carattere universale di questa piccola opera è testimoniata dal fatto che su ogni pagina l’haiku è presentato nelle lingue coinvolte dall’evocazione del dramma: italiano, ebraico, tedesco, inglese. Quella dell’autore, quella dei perseguitati, quella dei persecutori, quella dei liberatori o forse dei nuovi dominatori. Alla fine del percorso poetico ci sono note che si ricollegano alla verità storica di ogni argomento toccato. Si tratta di un libro di grande importanza didattica alla maniera in cui Brecht intendeva questo termine: un insegnamento che porti a partecipazione emotiva suggerita dalle immagini, ma anche a straniamento che induca a riflessione attiva. Io penso che il libretto di Toni Piccini dovrebbe essere adottato in ogni scuola secondaria superiore, alunni dai tredici ai diciannove anni. In quest’epoca di scarsa propensione a lunghe letture e votata alla comunicazione sintetica, gli haiku di Toni Piccini potrebbero colpire allo stomaco i nostri ragazzi, riempire loro gli occhi, depositarsi nella mente. Libro di Storia del Ventesimo secolo e libro di terribile poesia.
Paolo Gera
.
rob kesseler- judas tree pollen (microscopio elettronico)
.
Da Auschwitz e simili, di Toni Piccini
.
Il vento cade
sull’alba di asfalto
l’ultimo mattino
.
treno merci –
un topo nell’angolo
l’unico sopravvissuto
.
sotto la pelle
tatuato il nulla
tranne numeri
.
triangoli rosa, rossi, neri
marrone e una stella gialla –
un arcobaleno nazista
.
rob kesseler- pollen (microscopio elettronico)
.
divisa da mesi
la famiglia Levi
riunita nel forno
.
cambia la luce
oltre i paralumi di pelle
umana tatuata
.
l’anello di uno zingaro
si libra nel cielo
ancora sul suo dito
.
giostre con cavallini
di vapore – i bambini
sono finiti
.
rob kesseler- pawlonia seed (microscopio elettronico)
.
buchi nei calendari –
memoria, un film
senza pellicola
.
un negazionista
brucia libri di storia
nel suo forno da cucina
.
una bambola di pezza
con la stella di Davide –
ora un’orfana
.
delle due sorelle
parlo con quella morta –
l’eco delle pietre
**
Toni Piccini, Auschwitz e simili – Red Moon Press ( Winchester Usa) 2018
https://www.thehaikufoundation.org/thf-haiga-galleries/photo-haiku-of-toni-piccini/
chi è interessato al libro può contattare l’autore all’indirizzo mail stalaghaiku@tim.it
oppure attraverso fb https://www.facebook.com/toni.piccini.3 essendo il libro pubblicato negli U.S.A. e non avendo al momento un distributore italiano.
Grazie di questi versi. Perché fanno vedere che è possibile fare poesia di questa/e tragedia/e, quando si rinuncia all’eccesso del dolore “mostrato” e si lascia la sintesi fulminante dell'”avvenuto”, proprio come “accadesse” ora, “ci” accadesse. Grazie al poeta e a chi lo presenta.