NOVE NUOVE…POESIE INEDITE di Francesca Cannavò

shinji nakabori

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COCCI DISPERSI.…………………………………………………………..COCCI RITROVATI

Quanti cocci sono dispersi…………………………………………Si fanno trovare i cocci del mare
nelle solitudini dei mari,……………………………………………..dalle baleniere con reti possenti
conservate tra le braccia delle loro onde…………………..cullati da onde oceaniche in una nenia infinita;
Quanti occhi mutilati inventano.……………………………….nel buio degli abissi ogni cosa appare deformata,
visi di maschi malnutriti……………………………………………..luminose spirali ancestrali rimandano ritmi
o di donne  che si nutrono………………………………………….di impossibili accadimenti terreni
di speranze terrene……………………………………………………di fame di sete e di conchiglie
coperte da mantelli marini…………………………………………scagliate nei fondali di montagne sbriciolate.
Le voci delle montagne,……………………………………………..La voce del mare incantesima
innamorate dei venti caldi di ponente,………………………venti e correnti e impazzisce
soffiano  e respirano………………………………………………….vergognosamente le sabbie desertiche
sabbie nere di lava,…………………………………………………….abbaglianti e sapide di sonni prudenti
lavano e alleviano………………………………………………………e scioglie le nevi unte di sole
le amarezze delle sirene,…………………………………………..e sveglia i giganti che gli appartengono,
e dei storpi santificati………………………………………………..allevati nelle caverne dei peccati.
Quanti cocci si cercano……………………………………………..Quali cocci rimediare ed esporre
tra le macerie del vasellame………………………………………nei musei memoriali ,eterni
per ricostruirne profili dispersi………………………………….compagni delle strade affollate
di anfore sedute…………………………………………………………da pietre miliari e diamanti rubati
nel sottosuolo dei fondali marini………………………………..alle viscere della terra aperta?
Come nebbie d’acque fluviali……………………………………..E le nebbie cercano i loro padroni
si versano in mare, soddisfatti,……………………………………per digerire le tragedie nei teatri
dopo aver nutrito le viscere della terra.………………………immuni dalle acque dell’oblio.

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LE CORDE DEL VENTO

Magicano le stelle del mare
appese alle corde del vento
nelle notti d’estate al sapore
di grilli festanti e falene ubriache,
sentono gli occhi raccontare
ombre di cose toccate, vere,
come favole lustrate a nuovo
e mai raccolte perché non servono.
E si impiglia il vento fra le corde,
incrinando le stelle lontane dal mare,
e non basta, adesso, il blu del cielo
a rincorrere i ricordi di specchi rotti
dal tempo, che ulula e non parla,
e disperde e scompiglia le voci
frastuonandole di sabbie rapite,
e di cavalli d’acqua imbizzarriti
e di fuochi lontani che non riscaldano
Magicano le stelle del mare
appese alle favole delle cose vere,
col vento che mette i fuochi lontani
negli occhi dei ricordi dipinti
delle notti d’estate che allungano gli incanti
Magicano le stelle del mare
cos’altro possono fare
appese

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shinji nakabori

 

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RESPIRO

E il fiato raccolto nelle mani
che guardano il volto offeso
muto di urlo schiacciante,
il mondo parla
discorrendo pietre sorelle
e affabili ricordi di luci antenate.
E continua a cercare
nell’oscurità densa di sussurrio
testardo ed instancabile
il gemito primigenio
scheggia di parola
compagna di luce.
E imperturbato nel liquido assente
segue l’orma della sua orma
tracciata da inossidabili fili
intessuti di attimi estesi
stipati in voragini nebulose
custodite da guardiani voraci.

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SE MENTI

Perché abbiamo disperso tutte le morti
in frazioni di morte
diluite nei giorni
accatastati
in montagna senza vetta
senza discese
ogni crollo nuova catasta
in forma di vita
Non pensare senza dirsi
Non dirsi senza agire
Non agire senza sentire
in dettati magistrali
decliniamo verbo e peccato
accerchiati da nuvole
che prima o poi pioveranno
in fertile terra
ad incuriosire un seme
frazione di vita
pulviscolo eterno

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shinji nakabori

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Non tocca il cielo con un dito ma affonda le mani nella terra
ricevendone fango da non lavare, macchiare vesti inutili è il suo fine
ti voglio Parola!

 

Carminio languore di spettro
sublime armonia di gocce
ti voglio PAROLA!
a rendere tepore a labbra smaniose
infetta di tarli i solchi invitanti
concedi lucore a palpebre invaghite
ti sento PAROLA!
a velluto come pelle
scivolata dalle mani
che piene, porgono sete
ti dico Parola!
da artigli che trapassano terra
cavandone fango vitale
generoso ristoro…
Non tocca il cielo con un dito
ma affonda le mani nella terra
ricevendone fango da non lavare,
macchiare vesti inutili è il suo fine
ti servo Parola

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TRENI D’ASPETTO

Le sale d’aspetto non amano
i treni che arrivano in orario.
I treni che non arrivano trascinano storie,
rilegano ricordi in album graziosi
fatti di pelle rugata e sorrisi indisturbati.
sorvolano gli sguardi
sul marciume dirottato in fondo agli angoli
mentre le sedie,sgangherati cimeli d’inedia,
rimandano impronte corrose d’umanità.
Bisogna acquistare a volte
un biglietto per un treno in ritardo
riporta indietro i passi
fa attraversare tunnel luminosi
da cui non viene voglia di uscire
perché fuori piove a dirotto

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shinji nakabori

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NUVOLIVE

Abbagliata da aranciato sole
dirigo al mio giorno
quest’insieme caotico
di stupefacenti consorterie.
Sopra la mia testa distratta,
rapita da polvere d’acqua
come trine di antichi ricami
ulivi centenari traspaiono
un brivido di cielo tiepido,
Sotto gli occhi, increduli,
le mie mani , scarnite
annunciano traguardi passati
e ponti ossuti valicati
da residue speculazioni.
Attorno i piedi, troppo cauti,
intrecciati da sentieri pietrosi,
attendono ancora corse leggere
dentro scarpe indossate all’incontrario,
pronti alla ripartenza.

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NEL GIARDINO DELLE OMBRE I PETALI ODORANO DI LUCE

l’aria si veste di seta color dell’acqua
e si cinge di foglie e canti di festa
di venti e burrasche e quiete di brezza

a volte i fiori respirano più forte
ed il loro fiato arriva lontano
sul chiarore di uno squarcio di tenebra
uscito all’improvviso dalle notti dormienti

ed ecco che veli dorati replicano ombre
di montagne nascoste da nuvole di passaggio
ed arcobaleni sbiaditi di folle vaganti
inseguono corridori lenti senza traguardo

certi navigli colmi di orchestre festanti
sciano, indolenti, sulle onde morbide
di fontanelle di un mare rosaimbrunito,
una musica ballerina di note irrequiete

quasi fossero sirene da incanto
assoldate per confondere naviganti
stanchi di rotte condonate ad oltranza
su abissi ipotetici di meraviglie nascoste

Nel giardino delle ombre a sera
si addormentano le fate e le sirene
e quintali di stelle promettono sinfonie
inaudite di arpeggi e percussioni

suadenti i gelsomini respirano di sé
e le rose fanno coro alle spine
nelle ore della sera , fresche…
i giardini delle ombre si spengono.

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shinji nakabori

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L’OCCHIO DEL MIO DIO

qualche goccia di sole
gia’ cade
i tuoi piedi
devono conoscere la terra
e i tuoi occhi raccontarla

occorre
al più presto
inventarsi una vita
che non abbia promesse
che non abbia timori
sterili le ambasce
e ancor più i peccati

colmi dell’ira di un dio
che scuote le ere
ignaro del suo dirsi
eterno

la purezza di un dio è nel suo sonno
dorato e splendente

sgambettanti  teologie
amministrano
Universi d’istinti
Ogni santo giorno
Ogni santo giorno

Renderebbe vitale ogni granello di roccia
Il volo beato
Di quell’acqua risorta

Il cielo si pone dinnanzi
Quale ambito mistero
E l’albero della conoscenza
Nutre di stelle le sue radici

Forse un solo istante
Potrà essere salvato
Libero dall’ossessione
Del pensiero padrone

Esiste, il cielo
Intriso di nuvole
Che divertente osservare
Il loro  patetico tentativo
di rassomigliare alle cose  terrene!
orsi giganteschi si baciano
volti severi ammoniscono
e girandole barocche fanno festa

Rischiarato d’ambasce il giorno cresce
Assona il richiamo del  fare
all’insolenza del dire
certi venti  assolvono pene
ristorando i volti

Nastri d’asfalto
A spartire l’inferno dall’inferno
A scambiare l’inferno dall’inferno

Ogni sacro giorno
Ogni sacro giorno

C’è un aborto
In ogni cane da passeggio
L’etica è un lusso d’altri tempi
Inchiodata dentro vuote cornici dorate

Eppur si ride senza gioia
Parabole iperboliche
Camminano per le strade
Si infliggono ai muri
Corpi di carta

Appiattite le sagome nei piazzali
Quel vortice di linfa
Insegue il suo senso
Intatto e sgomento
Un inciampo forse
Un inciampo potrebbe stendere la mano
E aiutare il cielo
A farsi guardare oltre le fronde

Strombazzamenti casuali
Chi ha congedato il direttore?
Un faro d’argento
Sarà capace a dirigerci
Verso un sogno qualunque
L ‘ambisce un suono sprudente di piatti
Il convegno degli emisferi

Un occhio impavido guarda se stesso

Dimenticate le vesti
Mutar di spoglia
Il buio riprende le menti
Gli occhi acquietano i bisogni
Luci pulviscole
lente disertano ombre

rendiamoci vivi
a questo sonno
che pur ci aggrada
e verremo ai nostri occhi
ben oltre lo specchio
ringraziando  l’oblio
che ancora concede potere
di meraviglia

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