ISTANTANEE- Fernanda Ferraresso: Günter Grass, poesia e provocazione

 

aarcheological reminiscence of millet’s ‘angelus- salvador dalì- the dali museum
(st. petersburg)

 

 

Lo scrittore tedesco Günter Grass , morto il 13 aprile del 2105, a Lubecca, aveva ricevuto nel 1999  il Premio Nobel per la Letteratura come riconoscimento dovuto al suo incessante scavare nei dati della storia contemporanea, tra l’altro la più sconosciuta e dimenticata quando non ancora controversa, portando alla luce le figure dei perdenti, delle vittime ma soprattutto le idee che quelle situazioni hanno creato e che si sono mostrate, alla lunga, soltanto un fascio di nefande menzogne. E si sa, tutti vogliono scordare in fretta quanto è stato un male e tale si è dimostrato. Lui stesso, Grass, ha avuto parecchie note non sempre favorevoli a suo riguardo, poiché non aveva negato di essere stato un volontario delle  Waffen-SS (cosa per la quale avevano chiesto la non assegnazione del Nobel) e poi l’attacco contro Israele, che lo ha dichiarato in seguito  persona non gradita, attraverso testi di poesia. Le sue opere più note sono opere di narrativa, Il tamburo di latta del 1959 la più conosciuta, la raccolta di poesie di esordio I pregi dei galli al vento, e le altre seguenti raccolte.
Propongo due sue poesie pensando che ancora oggi la questione storica di ogni guerra sia fortemente controversa ma questo solo in apparenza poiché in sostanza niente rende valida la scelta di optare per questa non soluzione, che risulta essere ancora oggi la più palese e fallimentare strategia per non raggiungere qualsiasi situazione di pace.
Penso che Grass si sia schierato, impegnandosi, nell’arco del dopoguerra, a lanciare provocazioni, certo scomodissime, per mettere volutamente in crisi l’uomo e la storia che vorrebbe e gli piacerebbe raccontare.

Fernanda Ferraresso

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archeological reminiscence of millet’s ‘angelus- salvador dalì- the dali museum
(st. petersburg)

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NORMANDIA

I bunker sulla spiaggia
non riescono a liberarsi del loro cemento.
A volte viene un generale mezzo morto
e ne accarezza le feritoie.
Oppure vengono a dimorarvi turisti
per un tormento di cinque minuti…
Vento, sabbia, carta e urina:
è ancora invasione.

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PERCHE’ TACCIO

Perché taccio, passo sotto silenzio troppo a lungo
quanto è palese e si è praticato
in giochi di guerra alla fine dei quali, da sopravvissuti,
noi siamo tutt’al più le note a margine.
E’ l’affermato diritto al decisivo attacco preventivo
che potrebbe cancellare il popolo iraniano
soggiogato da un fanfarone e spinto al giubilo
organizzato,
perché nella sfera di sua competenza si presume
la costruzione di un’atomica.
E allora perché mi proibisco
di chiamare per nome l’altro paese,
in cui da anni — anche se coperto da segreto —
si dispone di un crescente potenziale nucleare,
però fuori controllo, perché inaccessibile
a qualsiasi ispezione?
Il silenzio di tutti su questo stato di cose,
a cui si è assoggettato il mio silenzio,
lo sento come opprimente menzogna
e inibizione che prospetta punizioni
appena non se ne tenga conto;
il verdetto «antisemitismo» è d’uso corrente.
Ora però, poiché dal mio paese,
di volta in volta toccato da crimini esclusivi
che non hanno paragone e costretto a giustificarsi,
di nuovo e per puri scopi commerciali, anche se
con lingua svelta la si dichiara «riparazione»,
dovrebbe essere consegnato a Israele
un altro sommergibile, la cui specialità
consiste nel poter dirigere annientanti testate là dove
l’esistenza di un’unica bomba atomica non è provata
ma vuol essere di forza probatoria come spauracchio,
dico quello che deve essere detto.
Perché ho taciuto finora?
Perché pensavo che la mia origine,
gravata da una macchia incancellabile,
impedisse di aspettarsi questo dato di fatto
come verità dichiarata dallo Stato d’Israele
al quale sono e voglio restare legato.
Perché dico solo adesso,
da vecchio e con l’ultimo inchiostro:
La potenza nucleare di Israele minaccia
la così fragile pace mondiale?
Perché deve essere detto
quello che già domani potrebbe essere troppo tardi;
anche perché noi — come tedeschi con sufficienti
colpe a carico —
potremmo diventare fornitori di un crimine
prevedibile, e nessuna delle solite scuse
cancellerebbe la nostra complicità.
E lo ammetto: non taccio più
perché dell’ipocrisia dell’Occidente
ne ho fin sopra i capelli; perché è auspicabile
che molti vogliano affrancarsi dal silenzio,
esortino alla rinuncia il promotore
del pericolo riconoscibile e
altrettanto insistano perché
un controllo libero e permanente
del potenziale atomico israeliano
e delle installazioni nucleari iraniane
sia consentito dai governi di entrambi i paesi
tramite un’istanza internazionale.
Solo così per tutti, israeliani e palestinesi,
e più ancora, per tutti gli uomini che vivono
ostilmente fianco a fianco in quella
regione occupata dalla follia ci sarà una via d’uscita,
e in fin dei conti anche per noi.

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Riferimenti in rete

http://www.sueddeutsche.de/verlag

http://www.repubblica.it/ambiente/2011/04/10/news/nucleare_grass-14743120/

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