UNO SGUARDO LUCIDO SULLA DIVERSITA’ – Alessia Bronico: Intervista a Fernando Lena

antonio colombo

 

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[…]
e forse ora
dalla banalità del male
germoglieranno soltanto
spine senza profumo,
rose vellutate di pietà.

Capita di imbattersi in libri da leggere d’un fiato. È un accadimento repentino, ritrovarsi in un turbine di versi e prendere respiro solo a fine corsa, quando giunti all’ultima pagina si chiude il testo e ci si assolve in considerazioni assolutamente personali. Credo nella poesia come Resistenza, come bellezza che testimonia una potenziale rinascita, ho trovato i versi di Fernando Lena folgoranti, di realtà cruda eppure sereni. “La profezia dei voli” è una raccolta che trova equilibrio tra passato e presente, che si divincola tra la gabbia e il volo senza perdere la visione del futuro:

[…]
Questa profezia dei voli adesso
è inchiostro che s’allaccia al vuoto
confessione di una goccia
partorita da nuvole sagge.

 

1) Vivi a Comiso, questo mi induce a chiederti del tuo rapporto con Gesualdo Bufalino.

Purtroppo non ho avuto l’opportunità di frequentarlo assiduamente visto che ho vissuto per motivi lavorativi lontano dalla Sicilia, ma nelle poche volte in cui ho trovato il coraggio di fargli leggere alcuni dei miei testi lui mi ha molto spronato suggerendomi degli aneddoti, tipo come arginare certi screzi formali, certe banalità nell’uso delle metafore ecc. Ma più che altro mi ha lasciato in eredità due amici che per molto tempo hanno vissuto al suo fianco e da loro dopo la sua morte ho potuto apprendere quella sua grandezza poetica. L’altra eredità è stata ed è la Fondazione (da lui voluta) dove regna sovrana tutta la sua produzione cartacea compreso l’immensa mole di libri donati dalla sua biblioteca privata. Così periodicamente ne approfitto per andare a prendere una boccata di quiete creativa e non nego che in quel laboratorio di scrittura è facile avvertire la sua presenza come se non fosse mai partito per chissà dove, d’altronde il suo carisma di scrittore ha un peso rilevante su tutta la nostra comunità artistica.

2)  Dopo aver letto La Profezia dei Voli (archilibri) ho compreso che per te la poesia è una forma di resistenza è così?

La Profezia dei Voli, esprime una forma di resistenza perché è il resoconto di un periodo intimo della mia vita dove è stato necessario adottare un principio di obbedienza psico-fisico per tollerare a me stesso il bunker di fallimenti che mi ero costruito. Ma allora non pensavo che poi sarebbe stata la parola il vero punto di energia, la risposta alla determinazione di voler “resistere”. Comunque ho un’idea ben precisa su come la scrittura poetica debba essere, oltre che motore emotivo, espressione delle nostre fragilità quando tutto ciò che ci sta attorno è preda del conformismo e della retorica sociale spesso deterrente di un suicidio intellettuale. Per questo credo molto nella filosofia Sanguinettiana, anche non essendo un marxista d’altri tempi, penso sia necessario usufruire di una lingua fornita dai ceti sociali più bassi per poi estetizzarla semanticamente anche con una buona dose di autobiografismo, credo anche che il caos percepito intorno a noi a volte non è altro che la proiezione del nostro caos privato.

3) Cosa vuol dire “voler vivere a tutti costi”?

Sono molto personali quei versi, in quel caso metto in evidenza il germe di uno scontro generazionale tra un io e un tu materno, tra l’istinto di sopravvivenza e un’esistenza invece votata all’assoluto. Ponendomi una domanda: “se il rischio di vivere pericolosamente è così importante anche quando ne potrebbe far scaturire un fallimento”, e qui entra in gioco il miracolo dell’atto creativo quando vissuto attraverso un fuoco imparziale rischia di incenerirci. E se forse qualcuno la chiama vocazione quello stare alla perenna ricerca di sé stessi io lo chiamo coraggio nel voler abitare ogni forma d’abisso.

4) La Profezia dei Voli è un titolo riuscito, me ne racconti la genesi?

La Profezia dei Voli nasce dall’esigenza di completare la seconda parte di un poemetto “La quiete dei respiri fondati” edito due anni prima con la casa editrice Puntoacapo. Così il poemetto successivo “Quasi uno sprologo” si aggiunge al precedente e tesse il racconto di una mia esperienza nel manicomio di Aversa avuta tra il 1991-92, anche se la mia esperienza non era connotata da problemi di schizofrenia, bensì da problemi di dipendenza. Diciamo che tutti quegli incontri con pazienti, custodi, infermieri, hanno elaborato una trama poetica in un angolo della mia mente, per poi riaffiorare (25 anni dopo) quando l’urgenza creativa ha deciso di imprimere il suo segno, questo dovuto penso anche da un successivo periodo di terapia psicoanalitica. Infatti la scrittura ingabbia in una sorta di spazio teatrale la psiche dei vari personaggi, fornendo un paradosso di libertà e un punto di vista sulla marginalità spesso determinata a tavolino dal potere. Nella seconda parte del libro i versi di “Sette giorni per amarti andata e ritorno” hanno una distensione più narrativa e perdono quella tensione allucinatoria presentandosi come dei quadri poetici. La storia di una donna venuta in Sicilia in cerca delle sue origini si interseca con quella del suo tassista che come una sorta di traghettatore affronta un viaggio verso il disgelo dei sentimenti. Tutto accade in sette giorni, e prendendo spunto dall’atto della creazione percorro le fatiche bibliche mantenendo una visionarietà tra un paesaggio esterno e un deserto interiore fortemente segnato dall’isolitudine. L’ultima parte è una silloge scritta dodici anni prima e edita in un libretto fuori commercio per una mostra del pittore Piero Guccione. In questo caso rileggo con una scrittura poetica alcuni suoi dipinti mettendo in evidenza quanto sia stata importante nella mia formazione la sua arte, la sua espressione cromatica, quella sua ricerca del tempo attraverso la luce e la materia.

5) Leggendo le tue poesie ho avuto la sensazione di essere in bilico, da lì dove tu spicchi il volo cosa vedi oltre il precipizio?

Potrei rispondere “stormi di profezie” ma in verità la mia poesia assume un volo inverso, si inabissa nel pensiero umano, nella sua storia oscura, più che volare mette radici che spingeranno l’inquietudine verso la luce, l’incanto. Il mio vedere oltre il precipizio dunque non è che uno sguardo lucido sulla diversità, sulla solitudine privata e sociale, sulla bellezza quella celata perché meno mitizzata. Scrivere versi non dovrebbe essere un atto di pietà, di consolazione, ma il tentativo di salvare l’incanto dai processi di disumanizzazione che già sono in atto. Per questo l’arte e tutte le sue espressioni dovrebbero essere: azione, invettiva, una piovra tentacolare nel mare dell’indifferenza.

6) Black Sicily è una raccolta inedita, perché un titolo anglofono?

Già un titolo anglofono! Forse perché quell’Inghilterra tanto trasognata negli anni ottanta e collante della mia giovinezza funge da appello alla mia memoria, e in questi testi c’è una sorta di pendolarismo tra passato e presente. Oppure perché la Sicilia per connotazione storica è la regione più ricca di culture e quindi un lembo di terrà segnata da un flusso europeo e di più…O soltanto perché la mia cittadina Comiso nella metà degli anni ottanta con l’invasione Nato (con annessa base militare e testate nucleari) si è svegliata in un clima del tutto sprovincializzato, con una Americanizzazione anche quella molto trasognata, ma per fortuna dopo quella convivenza la tentazione è svanita. Comunque diciamo che il perché sta in un po’ di tutto questo, infondo abitiamo una regione senza appartenenza, un’isola nella sua isolitudine. E poi lo sanno tutti che la Sicilia è un traino importante per la criminalità di tutto il mondo, anche Cosa Nostra ormai è plurilingue.

7) Lasciami un consiglio di lettura

Il mio consiglio utile è di non concentrarsi soltanto sulla lettura di testi poetici, ma alternare con testi di natura saggistica, filosofica ecc. Io da parte mia amo molto i cataloghi e libri d’arte e di fotografia, spesso attraverso i loro saggi critici si scoprono veri e interessanti prosatori, un esempio su tutti Gesualdo Bufalino venuto alla luce come scrittore da una introduzione fatta su un libro di fotografie locali. Ma se devo fare dei nomi, pur amando in prevalenza poeti e narratori europei e d’oltreoceano, dico narratori come Leonardo Sciascia, Gesualdo Bufalino, Vincenzo Consolo e poeti come Bartolo Cattafi, Lucio Piccolo, Iolanda Insana e in eccezione un vivente Nino De Vita, si tutti siciliani perché la letteratura Siciliana non ha frontiere, né paura di invadere nuovi mondi poetici.


Alessia Bronico

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antonio colombo

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Inediti di Fernando Lena da: Black Sicily

 

Con ironia ti si palpa l’angoscia
al posto di blocco, lì la tua libertà
provano a cercarla nelle tasche
ignorando che è tutto nel sangue
l’euforia del disincanto

e sono poliziotti
con la rabbia delle manette,
i polsi afferrati per immobilizzare
il rovescio di questa notte
gridata come un miracolo,

un miracolo a cui basta
qualche impronta digitale
per dire di un uomo
e non sentire il suo tormento
mentre ti portano via
come un malato qualunque
un po’ criminale:

e per Cristo che non ha voce
c’eri tu quella notte
in una croce di siringhe.

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Da una stanza all’altra novembre
scruta come un gatto
picchiato dalla grandine,
se lo avverti oltre i vetri
è il sentimento di chi
non è riuscito a prendere
le distanze dalla rovina
che a volte ti parla di mattina
alle curve della statale
mentre avanzi ancora nel buio
degli occhiali miopi nell’indicarti
l’usura che non vorresti.

Forse era il nostro modo
per raggiungere i sogni
fare l’autostop
a uno stormo di lexotan
mentre tutto andava controvena
dissanguando la fantasia.

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Esiste un mattino non ancora chiaro
negli occhi tergiversati del furgone,
e mentre corre la mappa del tuo sorriso
l’indulgenza della primavera in collina
trafigge le schiene dei pensionati
in guerra con gli asparagi:

non senza promettermi
il vento tra i tergicristalli
spazzi via l’idea di raggiungermi
anche se qui è troppo il polline
per negare agli starnuti
la febbre dei guardrail,

gli edifici ancora attendono
e quei semafori deserti
l’arancio lo strizzano
alla precarietà che sento
quando faccio in tempo
ad incrociare Dio con un tagliaerba
che mi dice…che non si può
crescere sempre con le radici
dalla parte del dolore                                   

maggio eppure è così
una peste che si ripresenta
con un’agonia nel centro del respiro

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Nota sull’autore

Fernando Lena è nato a Comiso in Sicilia nel 1969 dove da un po’ d’anni vive e lavora e dove anche si è diplomato all’istituto d’Arte.Ha pubblicato diversi libri di poesia,il primo risale al 1995 con il titolo “E vola via” edizioni Libro Italiano.Poi dopo un silenzio di quasi dieci anni ha pubblicato una piccola suite ispirata ad otto tele del pittore Piero Guccione edita dalla Archilibri di Comiso e successivamente sempre con lo stesso editore una raccolta dal titolo “Nel rigore di una memoria infetta”. Gli altri tre  libri risalgono, uno nel 2014 per i Quaderni Dell’Ussero dal titolo “La quiete dei respiri fondati” edizioni Puntoacapo, l’altro nel 2016 “Fuori dal Mazzo”  libro d’arte (edizioni fuori commercio anno 2016) e infine  sempre del 2016 “La profezia dei voli” edizioni Archilibri ( primo posto premio Poetika,secondo posto premio Moncalieri, terzo posto premio Luigi di Liegro, finalista premio San Domenichino ). Suoi testi sono ospitati in diversi blog e partecipa spesso in festival dove la contaminazione poetica si incontra con altre discipline artistiche.

 

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