GROUNDOVERTHIRTY- Veevera: La Terra del Fuoco

argentina- ushuaia

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Devo andarci. Voglio andarci! Me lo ripetevo da anni e… ci sono arrivata! A Ushuaia, la città capoluogo della provincia Argentina della Terra del Fuoco, e la città più australe del mondo. Che posto! E’ davvero la fine del mondo. Quasi pochi passi, pochi chilometri e ti trovi faccia a faccia con l’Antartide. In realtà sono più o meno 500 i km di distanza ma da qui, ora, sembra quasi di toccarla.
Avevo il cuore che batteva forte prima di atterrare sulla striscia di terra circondata dal mare, dopo una lunga planata sull’acqua godendomi dall’alto le montagne di scure foreste, freddo e  neve sulle cime delle montagne. Ricordo ancora una luce accecante, anche se il cielo era abitato da numerose nuvole bianche. Sembrava che quella luce mi volesse penetrare in corpo, che volesse portarmi via.Lungo la banchina del porto, quel giorno, c’era una festa di pescatori del luogo. Molta gente, con la pelle scura, dall’aspetto simile agli indio.  Un gruppo di bambine in grembiule bianco, il Coro del Fin del Mundo, canta una canzone che non conosco ma sembra qualcosa che ha a che fare con la storia,  con la guerra. Ho cercato di farmi spiegare ma non è stato facile capirsi, o forse non volevano farmi sapere ancora che si trattava di una memoria della guerra delle Falkland, che in spagnolo traducono come  las Malvinas. Un conflitto militare combattuto tra aprile e giugno del 1982, quindi storia recente,  tra Argentina e Regno Unito. Ancora una volta per il controllo e il possesso di un territorio, delle isole Falkland in questo caso, della Georgia del Sud e di altre isole ancora. Come sempre, mi dico, come dovunque.
Dai capanni di legno, dove cucinano  grandi pesci e degli enormi granchi rossi, i  centollas , escono odori accattivanti, richiamano la gente tutto intorno. E’ come se qui tutte le diverse zone della Terra del Fuoco,  quelle di Santa Cruz,  Puerto Williams, e ancora oltre dopo il canale, si fossero riunite, per restare insieme, in un mondo fattosi più piccolo, addirittura più sicuro, mentre ci si guarda negli occhi.
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Mi cattura da subito la luminosità del cielo, nella Terra del Fuoco la persistenza è durevole, almeno in questi giorni e io non sono abituata ad avere luce  fino oltre le dieci di sera. All’inizio mi trovo in difficoltà, perché la notte dura pochissimo, l’orologio mi deruba di troppe ore di sonno. M’immagino come invece poltrirei nella stagione in cui è il buio ad essere la presenza più lunga della giornata. Mi domando come sarebbe il mio umore, se anch’io diventerei oscura, depressa, chissà!
Dopo la cena siamo curiosi e torniamo fuori, e fuori è ancora chiaro. Sembra ininterrottamente giorno, come se il sole, e noi con lui, non volessimo cedere e calare nel buio, stenderci lungo la notte, lungo una fine. Anche l’altezza delle case consente di avere più luce, non esistono case alte, palazzi a più piani come da noi. Costruite in legno, basse, hanno facciate colorate e tetti nei, a volte d’altro colore. Alberghi pochi, dunque pochi turisti, che comunque si vedono e si riconoscono subito.
 Se si esce dalla città, e non è difficile, vista l’estensione affatto notevole città, senti che la fine è là, come un’apparizione di qualcosa pronto a cambiare, o a scomparire all’improvviso , come un cataclisma in qualcosa che poi è un mare, tutto uguale, continuità tra sopra e sotto, cielo e silenzio.
E dovunque in giro cerchi tracce della storia di quei luoghi, dovunque affiorano immagini di ghiaccio e spedizioni e naufragi e foreste di fantasmi, navi sprofondate e perdute e uomini e cose e bestie.Tutto un tessuto di molecole diventate altro, un altro mondo. Mi domando come sia stata un tempo la vita da queste parti e quale fosse l’arte per sopravvivere o morire. Mi domando come sia stato possibile esistere qui, lontano da quella che per noi è civiltà, e qui è una ghiacciaia in cui luce e buio sono il termometro del freddo che devi provare dentro, circondati da acqua e ghiaccio e vento. Come vivere al confine con la morte, come fosse lei l’unico paese in cui trasferirsi.

Veevera

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 ushuaia

 

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