antonello da messina- l’annunziata (1475)- (Palermo, Galleria Regionale della Sicilia)
tempera e olio su tavola
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Esistono opere che non si dimenticano, ma che fanno dimenticare – nel momento in cui ne godiamo – la lunga tradizione iconografica che le ha precedute. Chi ha avuto l’occasione di vedere da vivo L’Annunciata di Antonello da Messina è rimasto sicuramente rapito da una figura senza tempo, dalla sua espressione intensa e reale. Chiusa da un manto azzurro di geometrica compattezza, sfaccettato come una gemma, emerge dal buio di una stanza invisibile, accogliendo l’annuncio dell’angelo con il gesto della mano destra, dopo aver interrotto la lettura. Quasi come in uno zoom fotografico, lo sguardo di Antonello ha scalato i piani di profondità dell’ambientazione tradizionale: l’hortus conclusus con l’angelo, il portico, la stanza, la figura intera della Vergine, fino a fermarsi a distanza ravvicinata dal volto, incorniciato da un’ombra nera che lo esalta più di qualsiasi aureola o fondo dorato. Anche nel suo mondo apparentemente congelato, a siderale distanza dal nostro, consegnato alla perfezione, avvengono piccoli mutamenti silenziosi: la composizione pare quasi lentissimamente franare verso la profondità, dallo spigolo del leggio, sulla destra, alle dita che serrano il manto, poste sull’asse centrale dell’opera, all’asse stesso del corpo e della testa, posti sulla sinistra. Apparentemente in perfetta frontalità, la Madonna è lievemente scalena, e la sua spalla e la mano destra si offrono più vicine al nostro occhio e, sebbene la sua bellezza sia tale da farla parere immutabile, un leggero soffio di vento scompiglia le pagine del libro, le fa aprire e girare. Nonostante l’uniformità dello sfondo scuro, la perfetta scansione dei piani prospettici sottolineati rispettivamente dal ripiano di legno, dal leggio e dal libro, scalando dal primo piano verso il fondo, oltre che dallo scorcio della mano, restituisce l’impressione di una fortissima tridimensionalità.
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antonello da messina- l’annunziata- dettaglio
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Il ruotare dello sguardo fa intuire la presenza dell’angelo. Che noi non vediamo. Antonello fa dell’Annunciazione un moderno ritratto di donna. E il racconto di un gesto sospeso, quello della “mano più bella della storia dell’arte”, come disse Roberto Longhi. Una mano, e uno sguardo, che sembrano trattenere le parole appena udite e appena dette, così intensi nel loro significato da sostituire la più articolata iconografia tradizionale. Antonello ha voluto coinvolgere profondamente l’osservatore fino a farlo assistere all’evento dal punto di vista “angelico”. Davanti ad un dipinto come questo si aprono infatti diverse alternative: o identificarsi, appunto, con l’angelo, o pensare a se stessi come a testimoni o personaggi con un ruolo attivo nella scena, ovvero pensare alla scena come a qualcosa di esterno, e di calarsi nei panni puri e semplici di spettatori.
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antonello da messina- annunciata- monaco
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Qualunque sia la funzione che ci si voglia ritagliare allo spazio muto dell’osservatore invisibile, l’Annunciata resta un capolavoro del Quattrocento italiano, nella sua prodigiosa congruenza tra intenzioni e realizzazione, un’immagine davvero rivoluzionaria, che di per sé sola presuppone l’angelo, vicariato nelle sue funzioni dallo spettatore stesso. Un’immagine ieratica e distante, la cui idealizzazione del volto, dall’ovale perfetto, è miracolosamente fusa con l’adesione al dato realistico, con una caratterizzazione meridionale dei tratti e della carnagione ambrata che fa quasi pensare a un ritratto eseguito dal vero in Sicilia. L’esempio più alto della capacità di Antonello di unire la piena e matura applicazione dei principi geometrico-prospettici del Rinascimento itaiano alla sensibilità per il vero e alla visione lenticolare del dettaglio tipiche dei Fiamminghi.
Raffaella Terribile
L’ha ribloggato su Paolo Ottaviani's Weblog.