giancarlo decarlo- ca’ romanino (urbino)
.
“L’architettura è troppo importante per essere lasciata agli architetti”
Giancarlo Decarlo
Da pochi mesi sono entrato nella grande fabbrica di architetti dello IUAV, a Venezia. Proprio trovandomi all’interno di questo ateneo sento il bisogno di fare chiarezza su come vivo e percepisco questa disciplina, così difficile da definire, per complessità, vastità, intersezione di specificità, e così fortemente in relazione con la nostra modalità di essere, con la nostra umanità. Cercare di definire la materia del mio futuro, i principi, le sensibilità che mi appartengono e accompagnano in questo percorso, è diventato necessario. Ormai buona parte del mio tempo è impiegata in questa operazione. E’ buffo, in un certo senso, perché mi sento di essere un innamorato ignorante.
Ignoro la tecnica e la pratica di questo lavoro, ignoro come un’idea venga seminata e come germogli nel progetto per crescere nel cantiere fino a fiorire e dare i suoi frutti.
Ho solo una vaga idea delle forze fisiche in atto su un edificio, le spinte, i carichi, i contrafforti, le fondamenta, la capacità di scaricare le forze, ma. C’è ancora un grosso ma. Persino la matematica e il calcolo basilare spesso mi sono ostici, e questo per uno come me che ha sempre avuto un sentimento avverso per le scienze non è il massimo dell’aiuto e dell’incitamento!
Ma c’è un’idea in me, un ‘idea che amo profondamente e spero sia applicabile, altrimenti significherebbe che ho sbagliato indirizzo e percorso. Questa idea si riassume in una frase. A consegnarmela è stato Harold Wagoner :- Il bello di essere architetto è che puoi camminare nei tuoi sogni.- Grandiosa! Ma. Un altro ma perché dove questa idea mi porterà è possibile che sia ancora un’altra storia.
Essenzialmente in me, mi sono accorto, abitano due macro categorie che mi aiutano a indagare su due tendenze ben distinte: una si chiama EGOtettura e l’altra ECOtettura. Due forme e formule per fare architettura.
Partendo dal presupposto che tutto ciò è sicuramente opinabile e che sicuramente senza argomentare con esempi concreti può risultare molto generico, trovo però necessario cercare di fare chiarezza in me e così facendo fornire, attraverso questo processo, un seme a chi legge.
Da questi due calderoni, per il momento eterogenei e ambivalenti, proverò a tracciare un dialogo il cui frutto dovrebbe essere ciò che fino ad oggi ho capito dell’architettura.
.
giancarlo decarlo- ca’ romanino (urbino)
.
“L’architettura è il gioco sapiente, rigoroso e magnifico dei volumi assemblati nella luce.
Essa è un fatto d’arte, un fenomeno che suscita emozione, al di fuori dei problemi di costruzione, al di là di essi.
La costruzione è per tener su, l’architettura è per commuovere”
Lecorbusier 1923
Le Corbusier è riconosciuto come l’architetto più influente del secolo scorso ed è quasi certamente una delle persone più autoreferenziali dell’architettura di tutti i tempi. Tratteggiare il concetto di un’architettura personale ci porta inevitabilmente a lui, che ha scritto un modello costruttivo utilizzato per moltissime edificazioni dagli anni ‘40 in poi.
Con lui come specchio EGOtettura è chiaramente un atteggiamento, il manifestare e affermare se stessi come centro dell’ intervento, facendo sì che le architetture che ne risultano siano costruzioni del proprio sé individuale, simboli ed espressioni di identità isolate, che spesso portano unicamente a virtuosismi. Un singolo individuo, che interpreta ed elabora attraverso la propria ed esclusiva percezione, e con al seguito una schiera di ingegneri e architetti, come accade per ogni esercito di servitori alla corte di ogni contemporanea archistar.
La EGOtettura si riallaccia al concetto romantico di Genio, un individuo con elevato quoziente intellettivo e spirito creativo superiore che crea bellezza e armonia nel mondo. E’ certo una visione estetizzata dell’architettura, concepita come fatto d’arte e di spirito ma non spiega estesamente cosa oggi si cela dietro questo appellativo.
.
le corbusier- ville savoye (poissy-francia)
le corbusier-unità abitativa di marsiglia (1952 )- ora hotel le corbusier
le corbusier- proposta di demolizione e ricostruzione parigi downtown e ritratto
.
“L’architettura è musica nello spazio, una sorta di musica congelata.”
Friedrich Schelling
“Il punto di partenza è la tensione verso la bellezza, verso l’arte, in modo che la sorpresa, lo stupore, l’inatteso siano parte anche dell’opera architettonica. Se si fanno opere in serie, non si è architetti ma operai: e questo perché dal mio punto di vista, l’architettura è invenzione, e in quanto invenzione è arte.”
Oscar Niemeyer
“L’architettura è l’arte di sprecar spazio.”
Philip Johnson
In questa piccola galleria di pensiero e modus operandi è facile allora inserire archistar come Frank Gehry o Zaha Hadid, che utilizzano forme plastiche, curve e scultoree per imprimere un marchio di potere all’interno di quello dello stupore. La cosa davvero interessante, è che molto spesso tali manufatti funzionano.
Prendiamo ad esempio il famosissimo museo di Bilbao di Gehry, la sua funzione era riportare in vita un porto morente e attirare milioni di turisti in una città con forti problematiche economico-finanziarie. Questo obiettivo fu risolto perfettamente, ponendo di fatto un gioiello in una tabula rasa. Forse proprio per questa assenza di vincoli e la completa libertà di azione hanno funzionato: era il luogo e il tempo per un’opera incredibile, ammaliante, innovativa, un oggetto da mettere in vetrina. Sono arrivati 962.358 visitatori a Bilbao nel 2011, il prezzo di costruzione, di 166.000.000 euro (stanziati dalle banche), rappresenta una delle cifre più alte spese nell’ambito dell’architettura museale, impensabile da ripetere dopo la crisi finanziaria del 2008. Probabilmente è stata spesa bene, ma! Ancora un altro ma!
.
frank gehry–museo guggenheim (bilbao) e cleveland clinic lou ruvo center (las vegas)
.
Personalmente rispetto e ammiro quest’opera perché è stata a suo tempo assolutamente innovativa, ha aperto un genere di architettura alla fruizione del grande pubblico, ha svolto bene la sua funzione ma sento di ripudiarla e di criticarla perché non trovo in questo strabiliante fabbricato il rispetto di un’etica che anche in architettura deve esprimere la consapevolezza della relazione. Mi sembra inoltre, nell’ambito dell’attuale ideologia di mercato, un altro bene da consumare, alla pari di qualsiasi altro oggetto, da guardare per la sua estetica, da usare per uno scatto fotografico da souvenir, ma essenzialmente mi sembra l’incarnazione perfetta di principi e valori che non riesco a condividere.
Per spiegarmi questo particolare effetto cerco di utilizzare altre due citazioni estratte dagli scritti di altri due grandi e famosi architetti.
.
l. mies van der rohe- casa farnsworth (chicago nei pressi del fiume fox)
adolf loos- villa moller (vienna)
le courbisier e pierre jeanneret- maison planeix (parigi)
.
“L’architettura è la volontà dell’epoca tradotta nello spazio.”
Ludwig Mies Van der Rohe
“Ogni città ha gli architetti che si merita”
Adolf Loos
Lascio a tutti i miei possibili lettori le conclusioni sulla nostra epoca. Dal canto mio sottolineo una evidenza che forse nessuno però ricorda: gli architetti producono progetti e manufatti in un clima di continua e assoluta competizione e questa è dettata dalle leggi del libero mercato e dalle maglie della politica in cui restano imbrigliati, da una burocrazia quasi sempre fallimentare e da una committenza spesso disinformata. Che prodotti potranno mai uscire da circoli di questo genere? E quali ambienti potranno ospitare le nostre generazioni mostrando loro cosa significa lavorare in una reciprocità di relazioni salvaguardando il sistema come habitat di tutti? Ma, difficile dirlo.
Forse è giusto che sia così, forse come già disse Tolstoj alla fine – Solo la bellezza salverà il mondo.-
.
oscar nimeyer- novo museu horizontal
philip johnson- glass house
.
Alla fine, forse, l’unica cosa che sopravvivrà sarà la forma, l’unica cosa che conterà sarà la bellezza di quella forma nella misura in cui accade qualcosa di cui siamo tutti testimoni. Infatti:
– Ci sono opere del passato, certe chiese, certi palazzi, che oggi sono utilizzate in modo diverso, sono sopravvissute pur cambiando la loro funzione: ancora oggi le usiamo, le frequentiamo. Questo succede perché ciò che è rimasto non è l’utilità che avevano all’epoca, ma è la bellezza; la bellezza e la poesia sono sopravvissute al tempo.– Oscar Niemeyer
Ma davvero basta e basterà? E davvero si tratta di una bellezza di tutti e per tutti?
Ripercorrendo con occhio critico la storia, si può notare come arte e architettura abbiamo le proprie radici, e spesso il proprio senso, nel manifestare in modo concreto potere e denaro, due forze intangibili. Per chi governa è fondamentale che il suo operato venga associato con bellezza e armonia, per legittimare la sua posizione e mantenerla.
.
alejandro aravena- progetti di quinta monroy, lo barnechea e villa verde (cile);complesso abitativo monterrey (messico); st edwards university
.
-Non c’è nulla di peggio di rispondere bene alla domanda sbagliata- Alejandro Aravena
Sinceramente l’autorità dei vati, l’ambizione dei potenti e l’arroganza dei demiurghi mi sono sempre state strette e le ho sempre trovate limitanti ed opprimenti. L’ECOtettura, a differenza della EGOtettura, trovo abbia una visione meno gerarchica, più vicina alla sfera che alla piramide se vogliamo visualizzarle attraverso una forma e il concetto che ne discende.
-Alla base dell’Architettura è sempre un problema morale: alla base del nostro mestiere non ci sono che doveri. Dalla presa di coscienza dei problemi, e soltanto da qui, l’architetto potrà trarre le forme che aderiranno ai modi di vita della sua società. Dalla presa di coscienza dei problemi egli trarrà l’invenzione di nuove forme, che genereranno nuovi modi di vita. –Franco Albini
Io credo che gli architetti di oggi e di domani nel loro progettare debbano far fronte alla crisi economica, ai problemi legati alla sovrapopolazione, ai cambiamenti climatici, alla fame nel mondo, al problema delle migrazioni, legate al clima e ai dissesti sociali dei paesi sottosviluppati, alla produzione di plastica e altri materiali non ecosostenibili, alle troppe discariche motivo di gravi malattie e naturalmente alla fine dei combustibili fossili perché questi e ancora molti altri strettamente connessi sono i problemi di oggi.
.
richard rogers- render ladywell village (prefabbricazione edilizia)
richard rogers e renzo piano – centro pompidou
.
In questo senso, come sintetizza Richard Rogers, – Non si può pensare un’architettura senza pensare alla gente.–
Tutta la gente e l’habitat del pianeta che ci ospita, aggiungo.
Forse rispetto a quanto detto da Le Corbusier, aveva visto più lontano Adolf Loss, l’architetto di inizio ‘900, che con le sue invettive contro la riproduzione delle morfologie classiche usate come decorazioni aveva gettato le basi per l’architettura e design moderni privi di ornamento, nel dire: “La casa deve piacere a tutti. A differenza dell’ opera d’ arte che non ha bisogno di piacere a nessuno.”
Inoltre servirebbe anche ricordare che “L’architettura non è, non può, non deve essere un’arte esclusivamente personale. È un’arte collettiva. L’autentico architetto è un intero popolo. Esso fornisce i mezzi per la costruzione, ne indica lo scopo e la rende unitaria. Si immagini una città costruita da architetti ‘geniali’, che operano però ognuno per conto proprio con un diverso stile personale. Gli edifici potranno anche essere magnifici presi singolarmente, ma l’insieme risulterà bizzarro e intollerabile. – José Ortega y Gasset
Nella misura proposta da Ortega y Gasset concordo sul fatto che un architetto si faccia interprete di un tempo e in un certo senso lo deve fare, è portato a farlo, ma la modalità di questa azione è e può essere radicalmente diversa.
In un’ottica di ECOtettura tale modalità è dettata dalla sensibilità, dall’empatia, dall’attenzione di una persona che entra in punta di piedi nel luogo e lo legge per capirlo, per assorbirlo e sentirsene corpo, il corpo comunicante una comunione. Solo questo porta a comprendere i veri problemi e le necessità e solo dopo si può dargli una forma.
É ormai un alieno, oggi, Le Corbusier che costruisce una città intera, Chandigar, con la Sua scala proporzionale, il Modulor, con le sue forme, le sue idee relativamente a come DEVONO essere la vita e gli spazi pubblici e privati secondo il suo pensiero.
Credo che l’architetto debba essere un mediatore di forze, non un dittatore che prescrive norme. Egli deve coordinare e facilitare desideri e idee, maestranze e committenti, forma e tecnica. Egli deve assumersi il carico e l’incarico di EQUILIBRARE tutte queste forze e spinte per convogliare il suo progetto nel manufatto più giusto, nel momento giusto, nel luogo giusto, ma…Un altro ma. Almeno in teoria,
per fare questo, a mio avviso, egli necessita di ascoltare e per ascoltare deve sapersi mettere alla misura di tutti, deve essere umile.
Almeno questa è la suggestione che sento ed è la cosa che ho cercato di trasmettere, l’idea molto semplice ma tenace che anima il mio percorso, il seme che vorrei germogliasse in me. L’architettura infatti non è qualcosa fuori di noi, lontana e da vedere sulle riviste. Trascorriamo il 90% circa della nostra vita in scatole abitative, edifici a diversa funzione collettiva o individuale, dunque architetture, e queste interagiscono con noi, e noi con loro, ci influenzano e ci plasmano, proprio come loro stesse sono state plasmate al fine di offrire, una volta costruite, determinate possibilità di fruizione, ma anche emozioni. Per questo, penso, abbiamo la necessità di educarci a riconoscere e scegliere con esattezza, con precisione ed ampiezza di visione come e perché abitare un luogo e le modalità per farlo.
Non posso a questo punto che ritornare all’inizio, perché come ci era stato detto con semplicità e chiarezza, dobbiamo prendere coscienza che: “L’architettura è –davvero, come ci ha detto Giancarlo Decarlo- troppo importante per essere lasciata agli architetti”.
mam
Mi piace il tuo modo di avvicinarti, e avvicinare chi ti legge, all’architettura: con tanta passione e anche tanta voglia di capire. Condivido poi con te lo stupore per la comune indifferenza verso gli spazi dentro i quali passiamo “il 90% della nostra vita” e a nostra insaputa “ci plasmano”.
Grazie Adriana, è qualcosa di importante per me questa disciplina.
Ci sto impostando la mia vita attraverso.
Queste esperienze di condivisione sono l’embrione della mia attività, della mia storia;
che spero sia il più possibile aperta “all’altro”, nel dialogo…
P.s. ti ho inviato su Facebook del materiale didattico ;)
Ti faccio qualche esempio di architettura che mi è piaciuta anche se non sono d’accordo sul fatto di identificare in Le Corbusier il fondatore di un’architettura egotica: Le Corbusier anzi si è fatto promotore di unità architettoniche e urbanistiche a livello di abitante, come dimostra l’esperienza realizzata a Marsiglia che tu peraltro citi con le tue immagini. Ma torniamo agli esempi:1) la ristrutturazione del Porto Antico di Genova operata da Renzo Piano. Ai tempi della mia Università ( fine 70- inizio 80) l’area del porto era assolutamente impraticabile, con edifici fatiscenti, rottami, immondizia, spaccio di droga. Pittoresco magari, ma assolutamente non utilizzabile dai cittadini. Con l’intervento di Piano il porto antico è diventato un posto dove i genovesi vanno a passeggio, si siedono discutono, guardano il meraviglioso panorama intorno, mangiano nei ristoranti, guardano concerti e spettacoli. I bambini possono giocarci. 2) l’esteso parco Superkilen di Copenaghen, dove Bjarke Ingels ha lavorato con paesaggisti, artisti visivi con con la gente del posto per creare un parco dove ogni etnia ( più di 50) ha lasciato una propria traccia identificativa con la scelta di un oggetto di arredo urbano: panchine africane, strumenti per fitness turchi, piste da ballo italiane, uno scivolo proveniente dall’Ucraina etc. E’ un posto veramente bello dove la diversità si intreccia progettualmente e per fortuna nella vita di ogni giorno.
Buon lavoro.
Devo contraddirti caro Paolo, L.C. Era di fatto un grandissimo egocentrico e le unità di abitazione di Marsiglia cose impossibili da vivere per il numero elevato di persone ingabbiate tra strade e reticoli di percorsi e inoltre quando ne parlava , ma questo accadeva per tutti i suoi progetti, li pensava come SUOI non condivisi, l’uso era la conseguenza delle varianti che lui e solo lui aveva reso possibili. Era l’origine delle superstar che io aborro. Se l’architettura continuerà pomposamente a produrre centri commerciali e svago banche monumenti alla finanza e al potere senza risolvere il gravissimo problema delle megalopoli e dei senza tetto che ora premono dovunque sulla faccia della terra finito il fossile sarà lei e tutte le sue false stelle a soccombere come già è successo per civiltà che smisero di evolversi in equilibrio con l’ecosistema
Grazie Paolo innanzitutto per aver letto l’articolo e aver commentato.
Per quanto riguarda Busier la faccenda è delicata io lo rispetto perché fu indubbiamente rivoluzionario, ma allo stesso tempo lo odio e lo ammiro nella sua opera.
In ogni caso, senza studiarlo a fondo e portando sul tavolo esempi concreti uno per volta, si parla del vuoto.
Apprezzo che tu abbia citato Bjarke Ingels, è un architetto che seguo con interesse-candidato per il Prizker Price- è un giovane, è un sensibile, che progetta in modo moderno ma non invasivo e incoerente.
Buon fortuna anche a te.
Condivido ogni riga; credo che ci si dovrebbe educare a una maggiore sensibilità per le questioni attuali, sganciandosi dal valore meramente iconico che spesso si tende ad attribuire al campo architettonico, tra i più umani che esistano.
È un viaggio… parte dal contesto, che tu lo percepisca o meno, continua nelle tue radici, si fonde con la tua esperienza (non necessariamente temporale), affonda profondamente il suo nocciolo espressivo nell’idea che hai di te. Più sei genuino, sincero… unico e più ti scopri in grado di creare attraverso metalinguaggi e conformazioni che ti appartengono e, contemporaneamente esprimono (magia?) una coscienza collettiva. Siamo ciò che viviamo e viviamo di attimi ed esperienze, di raccoglimenti e condivisioni. Creiamo continuamente spazi interiori in grado di esprimersi nella materia o di espandersi in dimensioni “altre”… tali dimensioni NON necessariamente possiedono un significato solido, tali dimensioni NON sempre si concretizzano. A volte l’Architettura NON è altro che la costruzione di sè, nel mondo, tra gli altri. Silenziosa, discreta, paziente (soprattutto paziente) e sottile.