norma bessouet
.
The other two (1957)
All summer we moved in a villa brimful of echos,
Cool as the pearled interior of a conch.
Bells, hooves, of the high-stipping black goats woke us.
Around our bed the baronial furniture
Foundered through levels of light seagreen and strange.
Not one leaf wrinkled in the clearing air.
We dreamed how we were perfect, and we were.
Against bare, whitewashed walls, the furniture
Anchored itself, griffin-legged and darkly grained.
Two of us in a place meant for ten more-
Our footsteps multiplied in the shadowy chambers,
Our voices fathomed a profounder sound:
The walnut banquet table, the twelve chairs
Mirrored the intricate gestures of two others.
Heavy as a statuary, shapes not ours
Performed a dumbshow in the polished wood,
That cabinet without windows or doors:
He lifts an arm to bring her close, but she
Shies from his touch: his is an iron mood.
Seeing her freeze, he turns his face away.
They poise and grieve as in some old tragedy.
Moon-blanched and implacable, he and she
Would not be eased, released. Our each example
Of tenderness dove through their purgatory
Like a planet, a stone, swallowed in a great darkness,
Leaving no sparky track, setting up no ripple.
Nightly we left them in their desert place.
Lights out, they dogged us, sleepless and envious:
We dreamed their arguments, their stricken voices.
We might embrace, but those two never did,
Come, so unlike us, to a stiff impasse,
Burdened in such a way we seemed the lighter-
Ourselves the haunters, and they, flesh and blood;
As if, above love’s ruinage, we were
The heaven those two dreamed of, in despair.
.
Gli altri due
Tutta l’estate ci muovemmo in una casa colma di echi
fresca come l’interno perlaceo di una conchiglia.
Ci svegliavano gli zoccoli e i campanelli di capre nere e saltellanti.
Intorno al nostro letto, troneggiavano mobili baronali
fluttuando in strani fasci di luce verde-mare.
Non una sola foglia tremava mentre l’aria andava schiarendo.
Sognavamo di essere perfetti, e lo eravamo.
Contro pareti bianche e spoglie,
si ancoravano mobili con zampe di griffone, venati di ombre scure.
Eravamo noi due, in una casa che poteva ospitarne altri dieci.
I nostri passi si moltiplicavano nelle stanze in penombra,
le nostre voci sondavano un suono più profondo:
l’elegante tavolo di noce, le sue dodici sedie,
riflettevano i gesti intricati di un’altra coppia.
Pesanti come statue, figure non più nostre,
quei due recitavano muti sul pavimento di legno lucido,
come in una vetrina senza porte o finestre:
lui solleva un braccio, l’attira più vicina, me lei
resiste il tocco: quello di lui è un umore che stride di ruggine.
Nel notare l’irrigidirsi della donna, lui gira la testa.
Rimangono immobili, colpiti da un dolore da tragedia antica.
Per loro due, di un biancore lunare, implacabili
non esisteva conforto, né liberazione. Ogni singolo tentativo
di tenerezza sprofondava in un purgatorio privato
come pianeta, pietra, inghiottito in un grande buio
senza lasciare traccia luminosa, senza cerchi nell’acqua.
Quella notte li lasciammo in quel luogo deserto.
Le luci spente, loro ci tormentavano, insonni ed invidiosi:
Sognammo i loro litigi, le loro voci affrante.
Ci abbracciammo, come loro non fecero mai.
Al contrario di noi, erano giunti a un punto morto,
sopraffatti a tal modo che noi due sembravamo i più leggeri,
noi i fantasmi, e loro carne e sangue;
come se, al di sopra delle rovine dell’amore, noi fossimo
il paradiso che quei due sognavano, senza speranza.
.
norma bessouet
.
The everlasting Monday (1957)
Thou shall have an everlasting
Monday and stand in the moon
The moon’s man stands in his shell,
bent under a bundle
of sticks. The light falls chalk and cold
upon our bedspread.
His teeth are chattering among the leprous
peaks and craters of those extinct volcanoes.
He also against black frost
would pick sticks, would not rest
until his own lit room outshone
Sunday’s ghost of sun;
now works his hell of Mondays in the moon’s ball,
fireless, seven chill seas chained to his ankle.
.
Il lunedì senza fine
Tu avrai un lunedì eterno
e starai sulla luna
L’uomo della luna sta nel suo guscio,
piegato sotto un fascio
di rami. La luce cade, gessosa e fredda
sul nostro copriletto.
Lui batte i denti fra i picchi e i crateri
lebbrosi di quei vulcani estinti.
Anche lui, per ripararsi dal gelo nero,
raccolse rami, senza sosta,
fino a che la sua stanza illuminata superò
la luce spettrale del sole domenicale.
Ora paga i suoi lunedì d’inferno sulla sfera della luna,
senza fuoco, sette mari gelidi incatenati alla caviglia.
.
norma bessouet
.
Frog Autumn (1958)
Summer grows old, cold-blooded mother.
The insects are scant, skinny.
In these palustral homes we only
croak and wither.
Mornings dissipate in somnolence.
The sun brightens tardily
among the pithless reeds. Flies fail us.
the fen sickens.
Frost drops even the spider. Clearly
the genius of plenitude
houses himself elsewhwere. Our folk thin
lamentably.
.
Autunno e Rane
L’estate invecchia, madre dal sangue freddo.
Gli insetti sono pochi e scarni.
In queste dimore palustri
solo gracchiamo nel nostro avvizzire.
Le mattine si dissolvono sonnolente.
Il sole tarda a brillare
tra le deboli canne. Non ci sono mosche.
La palude si ammala.
Il gelo fa cadere persino il ragno. È chiaro
che il genio della pienezza
abita altrove. È lamentevole come
la nostra popolazione si stia assottigliando.
.
Tre poesie giovanili di Sylvia Plath con traduzione di Daniela Raimondi
Grazie Fernanda. Sto provando a condividere su Facebook, ma qualcosa non funziona…
fatto!
la poesia della Plath è inconfondibile ( piaciuta molto soprattutto la prima). Queste poesie quindi non sono presenti in nessuna pubblicazione italiana?
Grazie Dani e Ferni! un abbraccio
Ciao Iole. Le poesie sono presenti sul Meridiano dedicato alla PLath. Anche a me piace soprattutto la prima. Si sente che ancora era lontana del suo apice creativo, ma è comunque interessante notare la sua crescita negli anni. Un saluto.