E’ IL TEMPO DELLE DONNE- Vittoria Ravagli: è IL TEMPO DI GEA RIGATO

monica barengo

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Gea è una ragazza dal viso luminoso e bello, occhi scuri e profondi. E’ figlia di una cara amica.

– Cara Gea, ti conosco da tanti anni ormai…anche noi siamo diventate amiche; un momento molto bello a cui legola nostra amicizia è la rappresentazione fatta di Sirena, un libro bellissimo di Barbara Garlaschelli. Come ti venne questa idea? fosti tu a proporla. Fu molto importante per tutte noi del gruppo Gimbutas e per te in particolare. Raccontaci.

Vitt. carissima, mi fai un grande regalo con questa intervista. Grazie per il tempo che mi dedichi, io cercherò di fare lo stesso per te rispondendo a tutto quello che ci verrà da raccontare.

Sirena di Barbara Garlaschelli lo amo da quando avevo quindici anni, è stata la mia bravissima insegnante di italiano del liceo a proporcelo per le vacanze estive e da allora mi è rimasto dentro. E’ un libro che tocca il cuore, una pagina è un pugno nello stomaco e quella dopo fa morire dal ridere. Solo Barbara sa scrivere con così tanta ironia non superficiale, soprattutto quando il tema è importante e serio come la disabilità. E Sirena l’ho sentito subito molto “mio” proprio perché anche io ho una disabilità – anche se molto più lieve, neanche lontanamente paragonabile alla sua – e molte sensazioni (anche fisiche) descritte in quel libro ci accomunano, con le dovute proporzioni. Da questa sintonia ho scelto i miei passi preferiti di Sirena dividendoli tra me e la mia grande amica Alice, passi che abbiamo letto in pubblico senza aver studiato recitazione né dizione all’epoca. Ricordo bene come durante le prove entrambe abbiamo pianto tante lacrime vere e giuste, ma ho voluto conservare anche tante parti comiche per bilanciare. La coreografia di Caterina Campagna che si muoveva dietro un telo illuminato da un fanale ambrato probabilmente è stata la cosa più suggestiva di tutta la performance. Non ricordo più chi fu a scegliere la meravigliosa colonna sonora da “Le onde” di Einaudi, forse proprio tu, ma non poteva esserci disco migliore per quello spettacolo! All’inizio ero titubante all’idea di invitare Barbara tra il pubblico quindi non l’ho proposto subito, e come spesso succede è stata mia madre ad esprimere il desiderio a parole. Ripensandoci abbiamo fatto benissimo. Ricordo che la sala era piena di gente, c’era la fila fuori, con parecchie persone in piedi e in carrozzina oltre a Barbara, è stato un grande successo anche per questo ma non me l’aspettavo, mi bastava trasmettere il mio amore per questo libro. Ero emozionata, ma Alice molto di più! Il finale in cui lei si è sciolta e io ho continuato la lettura per lei è stato commovente per tutti, ci siamo sostenute a vicenda ma non si sentiva che era improvvisato, il che mi ha fatto molto piacere. Lei era già molto più pronta di me ad accettare certe emozioni… Ho ancora la dedica di Barbara (scritta di suo pugno con l’incredibile gioco di incastri delle dita attorno alla penna) sulla mia copia del libro, e ricordo il consiglio finale della mia insegnante che avevo invitato: “dovresti migliorare la pronuncia”. Così ho fatto, da autodidatta, e poco dopo Sirena mi sono ritrovata ad esplorare il mondo del doppiaggio (amatoriale) che ho sviscerato con passione per sette anni. Riguardando oggi le riprese di quello spettacolo del 2010, comunque, mi rendo conto che non avevo la minima idea del peso emotivo di ciò che stavo leggendo. Recentemente le cose sono molto cambiate per me… Mi verrebbe voglia di riesplorare passi diversi di Sirena, lo sento ancora più vicino. Sì, è stato uno spettacolo molto importante per tutte noi di Gimbutas, dalle lettrici alle tecniche del suono e delle luci, posso davvero dire che ci abbiamo messo il cuore.

Barbara l’abbiamo vista muoversi tra noi con disinvoltura e grazia in carrozzina accompagnata dal mitico Poli, il suo compagno: lei è una forza della natura. Un riferimento sono la sua costanza, la volontà, la grande umanità e la bravura di scrittrice, al di là di ogni altra considerazione. Su FB restiamo con lei in rapporto costante. Cosa ti fa pensare leggerla?

Hai ragione, Barbara è fantastica, per me è un modello e, credimi, non lo dico di tante persone. La cosa che più ammiro di lei oltre alla sua scrittura (tanto che vorrei tradurre Sirena verso l’inglese) è come sia arrivata ad accettarsi ed amarsi per quello che è, da cui la sua ironia su tutto e tutti, cose che a me mancano ma farebbero molto bene. Magari fossi più coraggiosa, ho sempre pensato leggendola. A volte quando mi sento particolarmente sfortunata per la mia condizione leggo qualche suo post di facebook o pagine incoraggianti di Sirena per tirarmi su. Non vedo l’ora di comprare il suo nuovo libro Non volevo morire vergine, su un argomento che finalmente posso dire di voler guardare in faccia. Scommetto che sarà un’altra autobiografia coraggiosa e ironica come è nel suo stile. Di recente ho condiviso sul mio profilo facebook molti suoi scritti sulla sensualità nella disabilità, una sensazione che non ha nulla a che fare con la propria condizione fisica. Comincio a intuire cosa vuol dire, mi trovo d’accordo, soprattutto da quando ho smesso di fare doppiaggi in camera per mostrarmi, da ragazza e da lettrice. E’ un primo passo. Questa trasformazione è iniziata durante un bellissimo laboratorio teatrale sulla voce che ho fatto a maggio scorso e di cui ti ho tanto parlato, lo annovero tra le esperienze più formative della mia vita per il mio essere donna. Ho avuto una presa di coscienza molto simile a quella che Barbara descrive in Sirena rendendosi conto che non camminerà davvero più. La mia è avvenuta per motivi diversi, naturalmente, ma la reazione liberatoria è stata la stessa.

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sirena mezzo pesante in movimento- barbara garlaschelli- cover dettaglio

 

Per una iniziativa che stiamo organizzando con altre donne nelle scuole, mi hai mandato un tuo scritto: racconta a bambine e bambini come si debbano vivere le proprie passioni nonostante le diversità che possono esserci, senza farsi condizionare dal giudizio degli altri. E’ uno splendido scritto che parla di te più di qualsiasi lungo discorso direi ed esprime molto bene concetti difficili da insegnare. Si sente la sofferenza, la fatica, ma la fermezza nel volere progredire seguendo la propria strada. Lo riporto integralmente e se vuoi ti chiedo di commentarlo.

“Ho vissuto in giro per il mondo fino agli otto anni e mezzo. Brasile, America del Sud, Cina, Spagna. Sono tornata in Italia a nove anni, e parlavo spagnolo come fosse l’italiano. Mi è sempre piaciuto imparare, soprattutto le lingue nuove, perché sono sempre stata una spugna a cui piace assorbire tutti i suoni che sente. (Ancora oggi non mi fermo).
Ma forse proprio per questo mi sono sentita messa da parte, prima di tutto da molti miei compagni di scuola, sempre. Anche per il mio corpo. “Com’è possibile?” dicevano. “Cammina male e non alza le braccia ma è stata in molti Paesi, parla già due lingue, è bravissima a imparare tutto… Non può essere più coraggiosa di me, che non ho nessun problema fisico”. “Qui non ti vogliamo!”.
Sono arrivata ad aver paura di quello che gli altri pensavano di me. All’inizio ero tristissima, volevo tornarmene in Spagna. Poi ho provato a cantare in un coro, ed è cambiato tutto.
Ho cantato in un gruppo davanti a un pubblico, sul palco, e proprio grazie a quel gruppo e a quelle canzoni in un’altra lingua per me nuova, per la prima volta ho capito che anch’io ero, sono, importante come gli altri, nonostante tutto. Non avevo più paura, non sono scappata.
Se ti piace davvero fare qualcosa, continuala e non smettere mai. Non pensare a quello che possono dire gli altri di te. E se un bambino o bambina che incontri ti sembra “strano/a”, invece di dire “che cosa hai? Di sicuro hai qualcosa che non va”, chiedi “come stai?” e prova a giocarci insieme. Sono sicura che alla fine vi divertirete tutti. ”

Grazie, sono davvero felice che ti piaccia. È ora che qualcuno cominci ad insegnare cose del genere ai bambini, perché sono assolutamente fantastici quando giocano (e noi adulti avremmo molto da imparare da loro), ma in giro ormai c’è fin troppo bullismo e mi fa incavolare essendoci passata personalmente. Ma davvero l’ho scritto io l’ultimo paragrafo? Wow! Peccato che me lo scordi regolarmente, quando ne avrei più bisogno nella vita. Evidentemente quando l’ho scritto ero ancora emozionata e fiduciosa dopo l’esperienza di quel laboratorio teatrale. Comunque è vero che il coro ha segnato una tappa importante del mio essere, non solo da piccola; da allora non ho quasi mai trovato nessun altro gruppo di coetanei dove mi sentissi a mio agio pur non conoscendo la gente quasi per nulla, e per questo mi manca molto. Mi piace pensare che sono nata più volte; cantando in inglese a nove anni sono “rinata” come membro effettivo di un gruppo con pari diritti, come futura studentessa e laureata in lingue, come amante della musica e direi anche come essere umano intero pur conservando una grande leggerezza, perché sapevo e so che l’arte non fa miracoli e non è “utile” a niente, ha solo il potere di riportare a sé stessi. Infatti non pensavo a nulla e nessuno se non a cantare, lo facevo solo per me, con gli altri, e mi bastavo così. E ci riuscivo nonostante i miei blocchi fisici dalla nascita!!! Il canto in questo senso lo considero meraviglioso, ma purtroppo non ho mai più avuto una sensazione del genere tranne, come ti dicevo, a maggio, quando mi sono ricordata tutto questo. Sì, sono una spugna nel senso che assorbire i suoni di una lingua sconosciuta è sempre stato il primo passo per impararla, accompagnato ovviamente da molto studio successivo. Dopo l’inglese non mi sono più fermata, fino al polacco oggi, che mi dà la stessa identica sensazione di quando avevo nove anni. Non so come mai ma capita spesso che una lingua mi piaccia a livello sonoro e quindi fisico senza capire una parola ma riuscendo a canticchiarla o almeno ad “imitarla” ed emozionarmici; sono sempre stata molto brava in questo ed è il mio primo punto di forza.

Hai ragione, leggendomi si sente la fatica. Non è stato facile farmi strada. C’è sempre stato chi non ha creduto in me, a scuola e fuori, e ammetto che questo mi ha tolto fiducia, in me stessa e nella gente in generale, purtroppo. Non sono mai stata ferrata nelle amicizie. Solo recentemente mi sto accorgendo di quanto a volte possa sbagliarmi, perché effettivamente c’è chi mi vuole bene e anche io posso voler bene. E’ una sensazione che mi lascia ancora senza parole, devo abituarmici.
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monica barengo

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Da pochissimo ti sei laureata in interpretazione di conferenza ed anche questo penso sia stato un traguardo molto importante che segna una soglia. Ora a te la scelta. Un giorno mi disse un uomo, che diceva di leggere il destino delle persone nella sabbia: “la vita è un albero. Puoi scegliere di seguire un ramo anziché un altro, dipende da te.” Non so se è così, ma credo fermamente che la nostra vita la teniamo anche noi stretta nelle nostre mani e pure essendo formiche in un grande formicaio, qualcosa certo possiamo imprimere nell’andamento dei nostri giorni. Personalmente ho una grande fiducia in te, nelle tue possibilità. Hai sempre avuto risultati ottimi a scuola, all’università e sei di una bravura sorprendente nel recitare. Come pensi di muoverti nella ricerca del lavoro?

Gran bella domanda, prima o poi doveva saltar fuori. Non so esattamente, cercare lavoro è già di per sé un lavoro e chi semina raccoglierà qualcosa. Mando e porto curriculum in giro, come fanno tutti, poi si vedrà. Un’esperienza all’estero sarebbe l’ideale dato che non mi ci sono mai avventurata durante gli studi, ma ora va bene. Mi piacerebbe fare sottotitoli, mediazione o traduzione scritta, dato che l’interpretariato della magistrale è troppo stressante. Ho la sensazione di non aver fatto abbastanza per essere pronta, ma credo sia normale per tutti i neolaureati. Recitare? Resta un hobby. Ormai con il doppiaggio ho smesso, non mi interessa più e mi dà perfino fastidio ripetere quello che ha recitato un’altra attrice, anche se la passione che avevo mi ha aiutato a scrivere una bella tesi di laurea. Vorrei ricominciare con le letture e con il canto nel tempo libero, mi piacerebbe prendere lezioni individuali di voce per abituarmi a respirare meglio (e mi aiuterebbe anche sul lavoro), ma non so se me ne potrò permettere con il precariato che regna sovrano. Comunque, a sentire la mia voce non rinuncerei mai, in qualsiasi modo.

So che stai lavorando per una iniziativa molto bella che si terrà a Bologna il due agosto. Ci racconti?

Molto volentieri anche perché è elettrizzante, per quanto mi riguarda. Si chiama Cantiere due Agosto 85 storie per 85 palcoscenici. Il due agosto prossimo da mezzogiorno a mezzanotte circa, in giro per Bologna, ottantacinque persone (non necessariamente professioniste) racconteranno pubblicamente a memoria la storia delle ottantacinque vittime della strage alla stazione del 1980, con la regia dell’attore Matteo Belli (quello con cui ho fatto il laboratorio, per intenderci). I monologhi li scriviamo e recitiamo noi ogni ora per cinque minuti, e ognuno starà in un luogo di Bologna per dodici ore ininterrotte, ancora non sappiamo quali ma saremo tutti abbastanza vicini, anche se autonomamente. Ci stiamo documentando anche dal punto di vista storico per scrivere le storie ed è veramente interessante. In anni di teatro non mi era mai capitato di studiare così da vicino chi interpreto, e nemmeno che fosse qualcuno di reale.
Ho scelto di raccontare Catherine, una ragazza inglese che viaggiava per l’Europa dopo la laurea con il suo ragazzo. Mi è piaciuta subito la descrizione del suo zaino nella mini biografia dell’associazione dei familiari, e l’ho scelta sostanzialmente per quello: lo spirito di avventura dopo aver raggiunto un traguardo. E’ pazzesco come le nostre vite si muovano quasi in parallelo, dato che mi sono appena laureata e sono stata in Francia come lei!!! Hai già sentito in anteprima la bozza del monologo che ti ho letto (sì, una prima versione l’ho già scritta, devo solo verificare l’attendibilità storica) e ti ringrazio, sono contenta che ti sia piaciuto così tanto. E’ stato bellissimo scriverlo come leggerlo e quasi quasi mi ritrovo a piangere sul mio stesso testo! Grazie di avermi dato l’idea per il finale, è veramente bello, triste e speranzoso insieme. In effetti mi sono molto documentata parlando con un sacco di gente che aveva amici o familiari coinvolti, o semplicemente voleva raccontarmi cosa faceva quel tragico due agosto, e tutte le testimonianze le ho inserite nel monologo, in un modo o nell’altro. Mi piacerebbe anche parlare o scrivere di persona a qualcuno che la conosceva, amici o familiari, sarebbe un bel modo di parlare veramente inglese con qualcuno dopo anni di solo studio, sai quanto mi piace la lingua. Naturalmente non può mancare la musica: all’inizio del monologo mi piacerebbe cantare il ritornello di una canzoncina in inglese che trovo veramente adatta a Catherine (si chiama Quanto andrò lontano / How far I’ll go).
Personalmente sono orgogliosa di essere stata la prima ad inviare la candidatura al progetto (totalmente spontanea e gratuita), e ad essere selezionata! Non è volontariato qualsiasi, la considero un’iniziativa politica ed è la prima volta che mi impegno in un progetto del genere. Mi piace avere l’opportunità di conoscere gente, dato che a pensarci bene non l’ho mai fatto se non a scuola. A febbraio ci siamo incontrati tutti noi ottantacinque narratori ed è stato strano sentire i nostri nomi accanto a quelli delle vittime che racconteremo, una vera investitura. Per citare Barbara ancora una volta, a chi pensa che mi stia facendo pubblicità dico sì, me la sto facendo!! Perché la condivisione pubblica di storie veramente accadute non ha nulla a che vedere con il marketing. Perciò siete tutti invitati, se il due agosto passerete per Bologna sicuramente sentirete qualche storia e ne sono contenta.

Quando ho pensato di farti un’intervista mi sono detta che sì, questo è il tuo tempo, perché sei una donna giovane, determinata, bravissima, con forti passioni e niente, proprio niente e nessuno potrà impedirti di realizzare la vita che vorrai. Questo è il tuo tempo e non saranno tutte “rose e fiori”, e tu lo sai, sei abituata a lottare e lo farai guardando oltre. Resterà il desiderio di pareggiare i conti col passato e questo sarà uno stimolo in più per affermare il tuo essere luce in cammino.

Luce in cammino mi piace molto come metafora, dicono che so essere una persona solare e forse non hanno torto. Ognuno ha il suo tempo per ogni cosa e io ho ancora tanta roba ingombrante del mio passato con cui fare i conti. Non posso tornare indietro. Ho appena cominciato ed è durissima, non vorrei che il passato mi invadesse il presente né il futuro. Mi fermo qui con la risposta perché se inizio a parlare del mio passato si apre una voragine e un blog non è certo il posto adatto per questo. In ogni modo grazie davvero per l’intervista e la fiducia. Ti voglio bene.
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monica barengo

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Anch’io ti voglio bene.
Come a tutte le donne intervistate ti chiedo di regalarci una poesia che ami particolarmente.

Tutte le ballate che scrive Barbara sono splendide. Ma ammetto che mi sono sempre piaciute di più le canzoni delle poesie, per questo scelgo una canzone. Una che amo particolarmente te l’ho già mandata per l’iniziativa che stai organizzando con i bambini, è I colori del vento da Pocahontas che ti ho tradotto dall’inglese e credo che sia la più profonda in assoluto in un cartone animato, il che dimostra che non è solo per bambini. Per la nostra intervista invece ti riporto la traduzione di Lorena Brancucci della canzone Almost there, letteralmente “ce l’ho quasi fatta”, di Alan Menken (uno dei miei compositori preferiti) e Anika Noni Rose (una cantante afroamericana col jazz nel sangue). La preferisco in inglese ma anche adattata così non è male, e si può cantare. È anche “intonata” a questo periodo della mia vita…

Ho provato e riprovato, non è facile e tu lo sai.
Ma se quella voce che ho nel cuore dice “sei arrivata oramai”
io ce la farò.
So che dovrò faticare ancora un po’.
La mia dedizione è ciò che ho,
io so che c’è chi non crede in me però ce la farò…
Ogni sogno può avverarsi, se ci credi anche tu.
Continua a lavorare ed otterrai di più.
Il lavoro è duro ma prima o poi
potrai avere quel che vuoi.
Farò a modo mio,
chi decide sono io e ce la farò.
L’unica cosa che ora so è che ce la farò.
Il segreto del successo è pazientare un po’,
e fra mille ostacoli ed impedimenti io ce la farò, ce la farò, ce la farò.

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Grazie Gea, buona vita!!!

Vittoria Ravagli

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Gea Rigato–  Sono nata nel 1992, anzitempo e sgomitando. Ho viaggiato e vissuto la mia infanzia tra Foz do Iguaçù (Brasile), Bogotá, Pechino e Madrid, da diciassette anni abito a Sasso Marconi, ma in ventiquattro anni di vita posso dire di non aver mai piantato solide radici in nessun posto del mondo. Vengo da nessuna e da ogni parte, e non so ancora bene cosa significhi.

La voce, la letteratura, la musica e le lingue straniere per me sono sempre andate di pari passo. Infatti agli studi di inglese, francese, portoghese e spagnolo che mi hanno portato a laurearmi prima in mediazione e ora in interpretariato di conferenza, ho sempre affiancato una grandissima passione per la musica, la letteratura e il teatro.

Dal 2001 al 2005, frequentando la scuola di musica del mio paesino ho scoperto per prima cosa il canto, una stella polare a cui devo molto per avermi facilitata nell’apprendimento delle lingue, nonostante non canti più da decenni. Dopo i successivi quattro anni di sperimentazione corporea non molto memorabile al teatro Testoni di Bologna, ho passato sette anni dell’adolescenza (cieca, per certi versi) al microfono, dal 2009, sia prima che dopo un corso di doppiaggio all’Accademia del Cinema di Bologna (2011-2013); passione derivata anch’essa dal canto e dalle letture a voce alta assieme alle bellissime donne del gruppo Gimbutas.

Inizia ora la mia maturità di persona intera e in carne ed ossa. Ritorno sul palco del teatro come della vita reale, finalmente, dopo anni di parole dette dietro uno schermo e di studio costante e solitario. Cerco lavoro, e non posso fare altro che seminare e tirare frecce dal mio arco. Ho l’impressione che ne avrò molto bisogno, come tutte le arciere degne di questo nome. D’altronde mi chiamo come la Terra stessa, e sprofondare sarebbe un passo falso che non posso permettermi.

7 Comments

  1. Splendida , commovente , interessante , emozionante l’ intervista a Gea , davvero una ragazza eccezionale . Spero di incontrarla per la bellissima iniziativa del due agosto ! Brava brava Gea ! e brava Vittoria ! Anna

  2. Bellissima intervista e bellissima la nota autobiografica. Sono d’accordo con Vittoria, sei determinata e intelligente, aperta alla vita: nessuno e niente ti impedirà di realizzarti! Sandra

  3. Grazie Anna, Sandra, Maria! ricevo per mail commenti molto belli e ne sono felice. Un abbraccio a voi, a Gea, a Fernanda, a tutte/i quelle/i che leggono su FB e commentano

  4. Carissima Gea, anche tu sei una forza della natura! Ti ho sentita cantare tanti anni fa nel Flauto magico, quando ancora non ci conoscevamo ed eri già fantastica! Poi, dopo Sirena e grazie al Gruppo Gimbutas, di cui entrambe facciamo parte, ho avuto modo di conoscerti personalmente e di apprezzare ancora di più la tua bravura e la tua profonda sensibilità in tutti i testi che ti ho sentito recitare. Ringrazio te e Vittoria perché questa intervista trasmette un messaggio forte per tutte le donne, contenuto in particolare in una frase che ti ha illuminato da bambina, mentre cantavi davanti a un pubblico sconosciuto: “Se ti piace davvero fare qualcosa, continuala e non smettere mai”.
    E’ il nostro intimo desiderio che muove veramente le cose.Per questo sono sicura che ce la farai! ;))
    Un abbraccio, Cinzia

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