TEMPIQUIETI: Vittoria Ravagli e Federica Trenti – sorellanza


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Sono da poco finiti i giorni dedicati a “l’amore delle donne”: il 4, 5 e 12 marzo a Sasso Marconi. Giorni molto intensi, pieni di voci diverse,tante, belle. Le rileggeremo insieme tutte o in parte, le rivivremo un poco attraverso scritti, come è sempre successo in passato.
Ma questi non sono “Tempiquieti”, sono tempi durissimi anzi, difficili per tanti, al limite della vivibilità. Tempi in cui l’umanità è soffocata dalla dimenticanza, dalla distrazione. Allora, di quelle tre giornate, di cui scriverò via via, sento il bisogno di riportare subito quanto ci ha letto il 4 marzo Federica Trenti, carissima amica. Si parlava di “sorellanza”: parole sensibili, delicate, che possono curare un po’ le ferite. Parole luminose, che danno speranza. Grazie Federica.

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Lo zaino di Marianna di Federica Trenti

C’era una lunga dedica, l’altra mattina, sullo zaino di Marianna, una dedica indelebile che lo zaino, posato a terra accanto al banco, mi lasciava sbirciare.
Oltre alla prima riga non riuscivo a decifrare ogni parola ma ai miei sensi era chiarissimo: quella era una dichiarazione d’amore.
E le dichiarazioni d’amore sono coraggiose.
Ne sento il profumo nell’aria quando ripenso a quella classe, profumo di romanticismo e di ideali.
La mia vena romantica, durante e dopo quell’esperienza con la terza media – cui avevo partecipato come segretaria della locale sezione dell’Associazione Nazionale Partigiani Italiani- era più pulsante che mai, al punto che ora è per me doveroso chiedermi quanto sia stato da me idealizzato e quanto fosse reale quel che ho percepito e quanto invece una pura mia condivisibile speranza, ma una speranza con le carte in regola. O non fosse semplicemente la percezione della materia duttile e malleabile di cui si avvalgono gli insegnanti oltre ai libri, alle fotocopie, alle lavagne multimediali.
Per chi già stesse preparando il termine sognatrice o idealista, per chi vorrà spendere un sorriso amaro dandomi dell’anima bella e illusa, lo faccia pure ma, sia chiara una cosa: in questa storia e su come andrà a finire vi è un bassissimo margine di errore dal momento che ogni giuntura e muscolo del mio corpo è impegnato dalla sensazione in corso: lo zaino di Marianna avrà un posto nella Storia.
Fidatevi una buona volta!
Dunque, quella mattina ero a mia volta ad ascoltare una mia compagna di università, storica, fare una lezione su come in Italia siamo arrivati ad avere la Costituzione e di come essa sia figlia della
sua storia. Aveva cominciato la lezione spiegando che cos’è una Costituzione partendo dall’origine latina della parola, costitutio, ed era presto passata alla Rivoluzione francese. Facendo qualche domanda per vedere a che punto era la preparazione della classe, le rispondeva in merito all’esatto periodo storico in cui tale Rivoluzione avvenne la ragazza del primo banco, che opportunamente era proprio Marianna.
Dev’essere stato in quel momento che ho notato la dedica scritta sullo zaino; come cominciava l’ho ancora ben impresso in mente, perché sono le parole di chi sta imparando oltre alla Rivoluzione francese anche a voler bene.
E imparare a voler bene davvero è rivoluzionario.
Penso che Marianna sia come il suo zaino: ha un’anima in cui le cose che servono alla vita si stanno posando, strumenti che sta già usando o che userà, essenze che cambieranno così come diversa sarà la forma e lo spessore delle cose dentro di lei. E ne perderà di queste, al solo scopo magari di poterle ritrovare e sorprendersi che erano sempre state con lei.
Magari fra queste ci sarà anche quell’amore, scritto sullo zaino.
Chissà dov’era quella mattina chi aveva scritto la dedica. Forse era in classe. Forse è in un’altra scuola. Me l’ero chiesto mentre eravamo al 1861 e all’estensione dello Statuto Albertino a tutto il Regno d’Italia e la mia vena romantica, lo ammetto, prendeva la forma di un’onda grande che non capivo nemmeno io se stava andando verso l’orizzonte o arrivava sulla spiaggia.
Vicino o lontano che fosse chi aveva usato il pennarello per tanta dolcezza, era comunque presente e quella dedica era un preludio di libertà e di incoraggiamento.
Coglievo di Marianna quel suo prendere appunti e ascoltare, attenta, con le mani ancora un po’ bambine sul quadernone dalla copertina gialla, gonfio di fogli sfogliati, mossi e rigirati, percorsi dalle biro e dagli evidenziatori. Marianna aveva tutta l’aria di chi di quaderni ne riempirà molti altri, anche se siamo nell’era del digitale.
La prof. di storia aveva fatto un buon lavoro con quella classe e, quasi tutti, riuscivano a seguire quel discorso storico che – seppure nell’ottima sintesi e nell’esposizione magistrale che ne stava facendo la mia amica e che mi riempiva di ammirazione e di stima – tutto quel discorso era lungo ed impegnativo.
Ma la scena di quotidiana vita scolastica cui ho assistito mi ha fatto pensare che quella era – no – quella è, la scuola che rispetta la scuola ed il futuro, onorando il passato. Un rispetto che nasce dall’impegno, dalla volontà, dal fare ciascuno la propria parte, il proprio dovere.
E non è forse questo il modo in cui si intrecciano e vivono nel tempo i legami fra le persone? I fili della vita, o le liane che ci portano verso l’altro da noi, non hanno forse bisogno del nostro impegno, di parole e gesti di riconoscimento, di una dichiarazione d’amore, di tempo da dedicarsi?
Nascono casualmente i rapporti, ma si mantengono con l’impegno e proteggendo la preziosa libertà del rispettivo crescere; così, le vele si fanno robuste, le si predispone a raccogliere il vento.
Ah sì, la solita immagine della barca che deve prendere il largo. É, come si dice? Un’immagine inflazionata!
Non importa. Quello che sempre deve rinnovarsi è il tessuto della vela, il materiale di cui è fatta la barca, lo sguardo attento di chi c’è. È allora che si va. E magari qualche volta si rimanda la partenza o si rientra in porto, non è grave.
Marianna è come una barca a vela, è una giovanissima ragazza che sta ancora crescendo e andrà incontro a molta vita, a nuovi sentimenti e ad altre dediche e dichiarazioni d’amore. Passerà ancora molti anni nella scuola e cambierà lo zaino diventato vecchio o fuori moda ma non penso lo butterà, spero non lo farà perché ci sarà ancora impressa la dedica che le donerà un sorriso del futuro e le succederà quando meno se lo starà aspettando.
Ogni cosa capiterà a suo tempo.
E nulla sarà per caso, nemmeno l’amore nemmeno l’inevitabile dolore.
Ma siccome troverà comunque tanta vita vogliano il cielo e tutto il mare del mondo che ci siano in lei le cose da usare, cose che scoprirà di avere e magari non ricordava o quelle delle quali non aveva mai capito il significato. Cose che si sentirà sollevata di trovare già lì. E proverà a se stessa che è così, che far bene è importante, perché nessun tablet ultramoderno varrà nella vita l’impegno che lei ha messo nel quadernone dalla copertina gialla.
Impara, Marianna, ad onorare il proprio diritto e dovere di studiare e non perché le ricordino com’è brava e come si distingue e compete nel mondo del lavoro, oddio, ci sarà anche questo ma -a vela spiegata e cavalcando l’onda romantica, seguita da benedizioni femminee che la sostengono- possa imparare per essere una donna libera e consapevole, che crescendo riconoscerà e valorizzerà altri diritti e altri doveri e sarà questo il suo agire politico quotidiano, sarà parte di lei.
Sarà la donna del futuro.
Marianna è femmina, io sono femmina, la storica in classe è femmina e la Costituzione è una figlia, figlia della sua storia, la prof è femmina, l’onda romantica è femmina e la Rivoluzione francese ha per simbolo una donna e quella donna si chiama Marianna; è femminile la dichiarazione d’amore ed è femmina una barca e la vela che si gonfia è femmina, la scuola è femminile ed anche la libertà. La vita è femmina.
È femmina la speranza.
Ma lo zaino?
Lo zaino è maschio.
Che ruolo avrà in questa storia tutta da scrivere, lo zaino?
Sarà lì, invecchiato, scolorito ma resistente come un partigiano da battaglia, a ricordarle chi le aveva scritto una tenerezza potente in quel tempo in cui le indispensabili vele venivano preparate e tessute per far loro prendere il largo, sarà lì lo zaino a ricordarle chi e perché le aveva scritto: “Amiche per caso, sorelle per scelta.”

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Vittoria Ravagli e Federica Trenti -3 marzo 2017

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federica trenti

Altri riferimenti in rete:

https://cartesensibili.wordpress.com/2016/12/24/e-il-tempo-delle-donne-vittoria-ravagli-e-il-tempo-di-federica-trenti/

 

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