siria- aleppo- la guerra
.
Dei Dispacci di Narda Fattori mi restano segni di scrittura non cancellabili. Dei suoi messaggi trascrivo sui muri del mio sguardo gli attacchi, addirittura solo il titolo del messaggio e ne esce poesia, ancora poesia poiché in sé ha una vita che vibra come una voce nell’aria che la eco prolunga e promulga rendendola rotonda, piena, evocante. In ogni passo c’è la misura del passaggio, non sono equilibrismi dialettici ma vita che si pesa alla bilancia del misurare se stessi in relazione con i luoghi, con la memoria, e la misura dell’equilibrio è la consapevolezza del porsi in relazione attraverso ogni elemento mentre questo prende forma nei passaggi di stato, luoghi in cui la poesia si muove riunificando in un unico linguaggio il passato il presente e anche il futuro. Le figure che danno corpo a questo movimento sono figure a noi familiari , padre madre sorella a cui si innestano, lungo il percorso, anche altri elementi che dall’intimo si allargano a ciò che è il mondo, e subito si riconfigura come paesaggio interiore. Ogni forma risulta perciò non scritta verso l’esterno, anche se il dispaccio implica un movimento in quel senso, ma un movimento che dell’interiorità mantiene la matrice di immediatezza che la rende veritiera, vera, davanti a tutto ciò che la mette in crisi, cioè in uno stato di attenzione particolare. E soprattutto ciò che è cedevole, manchevole rispetto al nostro poter essere, di contro al voler essere, dà alla parola di Narda Fattori il tono di un colore che ha a che fare con la chiarezza della sincerità, prima di tutto con se stessi, riconoscendo ciò che ci rende piccoli, incapaci di arginare ciò che spesso è la prepotenza della vita, legata alla sua forza, a quella potenza che sempre ci supera, anche oggi, che ci crediamo vanamente avvantaggiati dalle nuove tecnologie, da quelle protesi che dovrebbero protenderci verso comportamenti nuovi, salvarci dal male e invece finiscono per ferirci, ancora più atrocemente di ieri e, come ieri, esistono motivi per migrare e di quel migrare, non certo liberamente, ancora morire. Oggi più che mai si vive tra le macerie di città che sono tuguri della nostra umanità fattasi feroce, incattivita, falsa, spergiura. In una parola: infernale.
Mi immagino il mare dei naviganti della rete e una rete di ipocrisie e perversioni, speculazioni, acuminate da volontà omicide nei confronti di una umanità che è rimasta nel tempo fragile, inetta, facilmente sopprimibile al solo volere di qualche folle che si crede superiore, imperatore e di nuove antiche tirannie progetta il suo comando. Ecco dunque che i dispacci ci riportano a quel tempo di guerra da cui hanno avuto origine, perché l’umanità contemporanea, ogni individuo che la compone, è in guerra con tutto e tutti, compreso se stesso e non si accorge e non si capacita che è invece la comunione dei beni, la collaborazione che potrebbe aprire varchi ad un futuro vitale davvero, non questa angosciante agonia che ci porta a fondo. E chi scrive poesia ne è consapevole e per questo testardamente continua a imbrattare di versi che indicano il cielo, segnano il solco, depongono il seme, riconoscendo in pochi elementi il fulcro della complessità su cui sta in equilibrio la vita, quella di noi tutti.
E credo sia questo il senso delle parole dell’autrice riportate da Bruno Bartoletti a conclusione della sua postfazione al libro:
– Non resisto a vedere tanto marciume, – scrive Narda Fattori – l’egotismo portato a vessillo; penso a mio padre che mietendo lasciava dei ciuffi di spighe ritti e non mi ha mai detto perché; l’ho scoperto da sola, bambina, in un’alba serena: le spighe erano per la Malvina, vedova e senza figli che passava all’alba per non mostrarsi.-
fernanda ferraresso
siria
Mi commovete e sorpredete sempre.Buon Natale
Buon Natale Renata! Che sia una Natività estesa, condivisa dovunque, perché ogni nascita è festa!
Grazie di essere con noi!
f.f.