natalia ginzburg
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Voglio ricordare Natalia Ginzburg nel centenario della sua nascita tramite un racconto, Le scarpe rotte, da lei scritto a Roma nell’autunno del 1945 e raccolto poi assieme ad altri saggi in Piccole virtù. Natalia Ginzburg ha allora 29 anni, tre figli, è vedova da poco: suo marito è stato arrestato, torturato e ucciso in carcere un anno prima. Sullo sfondo un paese appena uscito da una guerra.
Quella della Ginzburg è una vita intensa, ricca di speranze e di sofferenze, nonché di profonde relazioni umane, che in Piccole virtù viene raccontata nel suo “modo di essere donna: un modo spesso dolente ma sempre pratico e quasi brusco, in mezzo ai dolori e alle gioie della vita, conservando un quasi miracoloso senso del comico”(I. Calvino).
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Natalia Ginzburg sa infatti parlare delle trite cose di tutti i giorni come di occasioni speciali attraverso le quali si rivelano le leggi e i misteri della vita e allo stesso modo nella sua scrittura i grandi eventi storici si dipanano nella minuzia della quotidianità. Tutto cambia di segno e tutto resta fedele a se stesso. Le scarpe sono scarpe, e, se sono rotte e piove, ci entra l’acqua e “allora c’è quel piccolo rumore a ogni passo, quella specie di sciacquettio”.
Ma le scarpe rotte per la Ginzburg, ragazza di buona famiglia, abituata a calzature comode e ben fatte, diventano anche simbolo di libertà, perché, viziata da un “affetto tenero e vigile”, per la prima volta sola, in una grande città, scopre di poter vivere anche con un paio di scarpe sfasciate: le scarpe non sono poi qualcosa di così essenziale, conclude. Sottinteso: la guerra, l’occupazione tedesca, il marito in carcere, l’impossibilità di vederlo, di avere sue notizie, la solitudine del confino in Abbruzzo prima, la difficoltà di tirare su tre figli senza il padre: queste sono le cose importanti.
Il racconto, oltre a interrogarsi sul senso e sul valore di un buon paio di scarpe, ci parla quindi della guerra, dell’amicizia, dell’essere madre e scrittrice, di come si possa essere l’uno e l’altro senza inutili sensi di colpa. A Roma la scrittrice condivide la stanza con un’amica da poco conosciuta: entrambe hanno le scarpe rotte, ma l’amica non ha figli. Con lei Natalia vive giorni liberi e incoscienti, nei quali dedicarsi alla sua passione, la scrittura, senza altri pensieri, ma sa che presto tornerà dai suoi figli, dove “tornerà a essere grave e materna,(…) una persona diversa da ora, una persona che la mia amica non conosce affatto.” Non ci sono rimpianti, né rimorsi, né quindi assoluzioni, né tantomeno scissioni: nel mondo della Ginzburg c’è solo la vita, con tutte le sue contraddizioni, da vivere pienamente in ogni momento, triste o lieto che sia. E un affetto caldo verso le persone e le cose che ha amato in tutti i loro difetti.
Concludo queste brevi note sul racconto Le scarpe rotte con l’immagine di #Milioni di passi, la campagna di Médecins Sans Frontières. E’ un grosso salto, ma credo che la Ginzburg, con la passione politica che l’animava, me lo consenta. Sono le foto scattate dall’americana Shannon Jensen nei campi profughi della zona del Nilo Blu nel 2012. Sandali e scarpe sfasciati, improvvisati, appaiati in qualche modo. Scarpe di bambini e di anziani, di donne e di uomini. Scarpe in fuga. Scarpe rotte.
Altri mondi, altre guerre. Altre storie, quelle di oggi.
Adriana Ferrarini
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shannon jensen
Thirty thousand men, women and children from SudanÕs Blue Nile State crossed into South Sudan in June 2012,
joining 70,000 refugees who had already fled the ongoing conflict between Khartoum and SPLM-North.
These are some of the shoes that made the journey.
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Al link sottostante il breve racconto della Ginzburg:
http://www.bergamopost.it/rubriche/i-grandi/ginzburg-racconti/
Lo si può anche ascoltare letto dalla bella e calda voce di Giovanna Mezzogiorno:
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Nel sito della fotografa Shannon Jensen le foto affiancate dalla didascalia con il nome e la vicenda che sta dietro a ogni paio di scarpe.