CASTELLANDO D’ESTATE- Raffaella Terribile: Castello di Sammezzano

castelli e…castelli- castello di baden wurttemberg (lichtenstein) , castello di chen once au (francia) e castelli fantastici 

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castello di camelot

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Nell’immaginario comune, la parola castello evoca scenari romantici, fantastici, meravigliosi, e la fantasia è pronta a dipingere quadri mentali dove la mole di antichi castelli, con le mura, le torri, i ponti levatoi, fa da scenografia sontuosa alle vicende di cavalieri belli e coraggiosi, dame gentili, banchetti sontuosi, tornei movimentati, duelli tra paladini, assedi cruenti. Sulle pietre dei castelli è incisa la storia che li ha visti protagonisti, ma anche quella che ogni visitatore si aspetta di rivivere percorrendone con lo sguardo le mura severe, il profilo dei merli, l’ampiezza degli ambienti, talvolta affrescati con i miti in cui gli stessi antichi castellani si identificavano: Artù e i Paladini, Tristano e Isotta, Ginevra e Lancillotto. Amori, drammi, guerre, spesso fantasmi. Se ai comuni mortali è dato sognare visitando i castelli altrui, limitandosi a visite fugaci, c’è stato anche chi, in preda a una reverie romantica, ha potuto costruirsi un castello all’altezza dei suoi sogni, rivivendo così nel quotidiano il fascino che queste antiche dimore possono evocare.

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castello di sammezzano- esterno, la torre centrale

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interni castello di sammezzano

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castello sammezzano

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E’ il caso del Castello di Sammezzano, nel comune di Reggello (Fi). Un castello sicuramente da visitare e totalmente atipico. Non aspettatevi la solita fortezza medioevale, perché in questo antico maniero batte un cuore rivolto a Oriente. Si racconta che persino Carlo Magno abbia soggiornato nelle sue stanze, mentre nel 1878 è documentata una visita da parte del re Umberto I. Appartenuto alla famiglia fiorentina dei Gualtierotti fino al 1488, il castello divenne poi proprietà di Bindo Altoviti e di Giovanni de’ Medici. Nel 1564 il Granduca Cosimo I stabilì la bandita di Sammezzano, un ampio territorio dove era proibito pescare o cacciare senza permessi, per poi donare la tenuta al figlio Ferdinando, futuro Granduca di Toscana. L’edificio principale è una costruzione eclettica in stile moresco ed è stata edificata nel 1605 per volere degli Ximenes D’Aragona. Successivamente è passato in eredità a Ferdinando Panciatichi Ximenes che lo riprogettò tra il 1853 e il 1889. Nella seconda metà dell’Ottocento imperava da noi il cosiddetto stile eclettico, che univa suggestioni gotiche, memorie rinascimentali, e quanto di stravagante attirasse l’attenzione di architetti sempre alla ricerca di soluzioni inedite, guardando alle suggestioni di un Oriente mitico e lontano, che mescolava Bisanzio, l’India e l’Alhambra. La diffusione del Liberty fece il resto, con il dilagare di un gusto decorativo che non risparmiava alcuna parte dell’edificio, con motivi fitomorfi e zoomorfi stilizzati, policromie accese, dove l’elemento decorativo prende il sopravvento su quello strutturale annullando la percezione dello spazio costruito, architettonico, e immergendo l’osservatore in un’atmosfera da sogno, sospeso tra le stravaganze di un serraglio orientale, le rarefatte atmosfere degli ambienti di corte bizantini, le costruzioni arabo moresche, il medioevo fantastico, la rievocazione di un antico tanto irreale quanto prezioso, con la netta prevalenza dello stile moresco, l’arte islamica diffusasi nel Mediterraneo Occidentale tra la fine dell’XI secolo e la fine del XV. Il risultato fu un castello dall’architettura visionaria, impreziosita da forme fantasmagoriche e coloratissime, che catapultano lo spettatore in uno scenario da Mille e una Notte.

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granada- esterno alhambra e sala de los abencerrajes  

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Granada - Alhambra

india-taj mahal- le diverse strutture che lo compongono

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Taj Mahal

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Se la facciata richiama alla mente il mausoleo indiano Taj Mahal (Taj Mahal è una lacrima di marmo poggiata sulla guancia del tempo -Tagore ), gli interni si ispirano nelle decorazioni all’Alhambra di Granada. Numerose e tutte diverse sono le stanze che racchiude al suo interno: al 1863 risale la costruzione della Sala Bianca e al 1870 l’esecuzione della Galleria fra la Sala degli Specchi e l’ottagono del Fumoir. Fu quindi la volta degli ambienti più incredibili del Castello, ossia le Sale dei Pavoni, dei Gigli, delle Stalattiti, dei Bacili spagnoli, degli Amanti. In questi spazi ampi e concatenati, gremiti di nicchie, di angoli nascosti, di aperture, di affacciamenti in quota, di filari di colonne, di percorsi quasi labirintici, esplodeva la fantasia di un inesauribile campionario di capitelli, peducci, archi, portali, volte a ventaglio, cupole, pennacchi grondanti ricami; di rivestimenti con arabescate filigrane di gesso. Ed è così che il visitatore, a testa per aria, si trova ad ammirare volte altissime policrome, a padiglione, che sembrano le code intrecciate di pavoni, a osservare la minuzia preziosa delle tarsie di smalti colorati che coprono interamente le pareti in un arabesco di colori e di forme, a percorrere loggiati sospesi tra mosaici e vetrate istoriate, a introdursi in un’infilata di stanze con vista a cannocchiale su un caleidoscopio coloratissimo di forme sempre nuove e sorprendenti. Il Panciatichi continuò a progettare nello stesso stile la Casa di Guardia nel Parco di Sammezzano, l’Antiporto di un Parco, interni di due sale ed un ricco cenotafio orientale. Nel 1889 venne innalzata al centro della facciata l’aggettante torre-porta e furono decorati gli altri segmenti del prospetto con fasce marcapiano in mattoni congiunte alle cornici delle finestre e da motivi a losanga inseriti negli intervalli fra le aperture del secondo piano.

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castello di sammezzano- dettagli e sale interne

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Ma chi era l’uomo capace di realizzare un sogno come questo? Un sognatore, sicuramente, ma anche un raffinato intellettuale. Il Marchese Panciatichi, nato nel capoluogo toscano nel 1813, fu tra i protagonisti indiscussi della vita sociale e politica di Firenze Capitale: uomo di cultura, fine collezionista e botanico appassionato, Ferdinando compì un’opera d’importante mecenatismo per la città. Non solo attraverso generose donazioni, ma anche collaborando con le istituzioni culturali fiorentine, dall’Accademia agli Uffizi, passando per il Bargello, i Georgofili e la Società Toscana di Orticultura, partecipando attivamente alla vita politica cittadina. Del suo genio visionario rimane oggi il Castello di Sammezzano, al quale dedicò buona parte della sua esistenza, per poi spegnersi nelle sue stanze il 18 ottobre 1897. Nel dopoguerra il castello è stato adibito ad hotel di lusso, mentre attualmente, nonostante la vendita all’asta del 1999 ed alcuni urgenti lavori di restauro, è rimasto per alcuni anni in stato di abbandono. Nell’aprile del 2012 però si è costituito il Comitato FPXA 1813-2013 (FPXA è l’acronimo di Ferdinando Panciatichi Ximenes d’Aragona) che ha tra le proprie finalità quella di promuovere e valorizzare il castello di Sammezzano. A tale scopo è nato anche il sito dedicato e periodicamente è possibile visitare il Castello con una guida. Si spera che il sogno di quest’uomo geniale non si perda nel tempo, ma rimanga anche nei sogni di chi in futuro avrà l’opportunità di visitarlo. Perché, si sa, i sogni non muoiono mai.
Raffaella Terribile

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visita completa al castello
www.youtube.com/watch?v=OTgNMCjq7Gw

2 Comments

  1. l’ho sempre visto attraverso le immagini fotografiche ora, questa splendida presentazione, ha fatto nascere in me il desiderio di andarci, di attraversarlo per scoprire quelle raffinate e complesse trame che nutrono i sogni e , attraverso i segni, ci portano in luoghi lontanissimi, in geografie che hanno a che vedere con l’amore da condividere. Grazie. f.f.

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