alexandra eldridge
Torno a Milena Nicolini, già più volte da me presentata qui tra le carte, come occasione per incontrare una parola poetica vissuta, praticata tra le tempie, in meditazione e riflessione autobiografica, matura e libera da redini e retoriche letterarie. Torno alla sua personalità integra, dentro cui politica, spiritualità, poesia e teatro, rigore e passione, anche nel portare l’opera degli altri, diventano testimonianza.
Credo che questa sia la sua opera poetica più complessa, ruotata a compasso tra tre nuclei fondamentali: l’insondabilità dell’io, la necessità animale, ancora più che umana, del tu con cui intrecciare una reciprocità calda e sensata e, infine, il corpo a corpo con la morte. Sono tre passi costanti, ritmati, segnati in terra come orme di una tragica, inesausta, ballerina di valzer. Ma l’impronta del suo piede è leggera, danzante: pronuncia il passo senza romanticismo sentimentale. L’io esce dal privato e diventa nella sua espressione poetica anonimo, voce di tutti.
Tutti, nessuno escluso, siamo in questo passo di valzer, un due tre, dentro un bombardamento di fulmini e lampi esistenziali, dentro cui a malapena ci rialziamo leccandoci la folgorazione.
La complessità dell’opera sta nell’essere scritta a tappeto, concependo un rovescio e un dritto. Sappiano che il rovescio del tappeto, in realtà, è la vera superficie su cui leggere e valutare la qualità del filo e del colore e della lavorazione. Si innesta, inoltre, come affluente vitale, la scrittura della precedente opera di Nicolini L’Oscuro: estratti che guizzano per intensificare la dialettica poetica, per ritmare il valzer e dare corposa coerenza all’intero tessuto artistico.
Poesia e teatro per Nicolini non sono due volti ma le due guance del suo stesso volto. Per questo si presentano a noi in una stessa opera, offerte al viaggio del lettore.
La monade che canta, e nel cui canto ci sono tutti i canti, che monade è?
anna maria farabbi
alexandra eldridge
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il tempo è solo nostro, un modo
per farci esistere dentro l’io
se finisce, anche i suoi miraggi
la bolla
improvvisamente
dentro una stanza un cortile una strada
tra l’ovatta rilassata del rumorio consueto
un sobbalzo per
la mandorla di un vuoto
che sorprende inaspettata
che fa scivolare sui gusci fuori
soliti rumori solite misure
che invece dentro ha niente come
un tuono
come quando tra un giorno e l’altro
si sospende il tempo e il mondo
allo zero zero zero
della sveglia sul comodino
3 gennaio 2015
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anche se non riesco a darti nome e
non chiamo quindi non chiedo a te,
sei uovo nel mio dentro che preparo
a partorire mentre
ti sto nel tuorlo a nascita continua
anche se è a un padre la parola
la domanda, tu sei – e non sie più Lui
con la barba e l’indice amoroso:
stai di fianco al babbo muta garante
nell’abbraccio doppio che mi connette
parte che non è meno del tutto
parte cche manca solo all’unione
fino a che la passione è desiderio
è speranza la condivisione
creatura a te
di te materna
maternauta
21 novembre 2014
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Milena Nicolini , Uno più uno, se facesse duale – Rossopietra, 2016
L’ha ribloggato su cristian sabau.