A proposito di Tolmino Baldassari: un poeta da ricordare- PROPOSTA DI RILETTURA

giorgio scalco

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Ricordando – Milena Nicolini

La prima volta che l’ho visto, mi ha colpito la sua figura forte, che quasi non si addiceva ad un poeta ‘d’ombra di luna’ come lui : alto, robusto, un corpo solido di terra; ma è vero che, allo stesso tempo, lo si avvertiva leggero e gentile. Anche quelle sue grandi mani, che avevano conosciuto i lavori più faticosi e deformanti, si muovevano in gesti lievi, contenuti, di delicatezza. Così anche la sua voce, che pure s’era spesa nelle assemblee, nelle lotte, aveva inflessioni di mezzaluce, sottili punte di testa e bassi quieti. Lui era proprio questo: la forza contadina e coraggiosa di una terra antica come la Romagna, con tutta la sua cultura ancestrale di credenze, miti, consuetudini; con tutto il suo amore un po’ anarchico e brigantesco e rivoluzionario per  la libertà; con tutta la sua sanguigna cedevolezza alle grandi passioni. Ma era anche la totale adesione alla  cultura che apre ed unisce tutto il mondo: aveva un profondo rispetto per quanto l’uomo, in ogni campo, in ogni tempo e luogo, aveva prodotto di artistico, scientifico, filosofico; aveva passato la vita a leggere e conoscere i grandi segni della cultura umana: la sua ricca e varia biblioteca lo testimonia tuttora. Io l’ho capito soprattutto da come ricordava le circostanze e parlava delle emozioni dei primi libri letti: erano eventi basilari e a lui cari  come certe affettuosità della mamma o certe esperienze condivise col babbo (non diceva mai: ‘mio padre’o ‘mia madre’, ma ‘il babbo’, ‘la mamma’); e poi ti mostrava le file ordinate della sua biblioteca, soffermandosi su quello lì o quell’altro là, come fossero  dei figli e le loro vicende. Quando ha cominciato a non stare bene, negli ultimi tempi, si è preoccupato della loro sorte, proprio come un bravo padre, destinandoli dove potessero essere ancora sfogliati, studiati, utili. Tolmino, con tutto l’amore che aveva da dare, non aveva figli. Ma aveva una moglie, Giuliana, che adorava ancora alla fine come il primo giorno e di cui raccontava volentieri un particolare della giovinezza, quando il professore emerito, che l’aveva in cura per una grave patologia cardiaca, aveva tentato di scoraggiare il giovane Tolmino a prendere in moglie una che non avrebbe superato l’anno a venire. ‘E invece, vedi?, siamo ancora qua!’: lo diceva con una soddisfazione che gli faceva brillare gli occhi e c’era anche, di sicuro, l’orgoglio di avere sfidato e vinto la morte. Proprio da romagnolo.

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